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Le difficoltà spingono Washington a moderare le pretese verso Mosca?

Il video-incontro tra Joe Biden e Vladimir Putin del 7 dicembre scorso non ha portato a risultati concreti, scrive Christelle Néant su Donbass Insider; e, però, non si può non rilevare il rifiuto di Washington ad assecondare le richieste ucraine per ulteriori invii di armi e soldati americani.

Se il sito ucraino Gordon.ua dava per scontato che in questa settimana sarebbe giunto a Kiev l’ultimo stock di forniture militari USA per 60 milioni di dollari (su un totale di 200 milioni), come annunciato in agosto, ecco che Pravda.ru riporta notizie da NBC News, secondo cui gli USA avrebbero deciso di “rallentare” l’invio delle forniture, nonostante tutto sia pronto per l’invio.

Stando alla NBC, Washington intenderebbe dare ai diplomatici l’opportunità di allentare le tensioni con Mosca, oltreché riservarsi uno strumento di pressione in caso di “aggressione russa”.

Tutto questo non distoglie Kiev dalle provocazioni contro il Donbass – ancora un pio di giorni fa, due artificieri della DNR sono rimasti uccisi mentre tentavano di disinnescare ordigni lanciati da un drone ucraino su una fermata di bus del villaggio di Trudovskie – come dimostra anche l’episodio della nave di comando ucraina “Donbass” nella zona dello stretto di Kerč, lo scorso 9 dicembre.

Kiev ha comunque necessità di sviare l’attenzione degli ucraini dai problemi sociali (Covid), economici e politici, con un rating di Vladimir Zelenskij ormai quasi rasoterra.

In ogni caso, tra “assicurazioni” dei media nostrani, che riferiscono sulle decisioni del G7 a Liverpool come se “l’aggressione russa” all’Ucraina fosse ormai solo una questione di ore, e “ammonimenti” di Bruxelles a Mosca, ecco che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sollecita la Russia a una “de-escalation” ai confini con l’Ucraina, ammonendo sulle conseguenze in caso di “operazioni contro i vicini”.

La UE, dice la von der Leyen, si esprime «per buone relazioni con la Russia, ma questo sarà possibile solo se Mosca non minaccerà i propri vicini».

Mosca risponde che le dichiarazioni occidentali sulla “aggressione russa” non sono che un pretesto per schierare ulteriori strumenti bellici NATO ai confini russi. Nel video-incontro del 7 dicembre, in risposta alle accuse yankee di intenzioni bellicose nei confronti dell’ucraina, Putin ha affermato che è invece la NATO a fare pericolosi tentativi di acquisire territorio ucraino e dislocare il proprio potenziale militare ai confini russi.

Nel girotondo di dichiarazioni, Kiev sembra rimanere a bocca asciutta, dopo le parole di Biden secondo cui gli USA non hanno intenzione di ricorrere alla forza contro la Russia, nella eventualità di aggressione all’Ucraina; in ogni caso, non intendono inviare soldati yankee. Biden ha comunque detto che gli USA rafforzeranno la propria presenza nei paesi NATO.

Gli fanno eco alcuni lettori di The Washington Post, che battono sul tasto, comune più o meno a tutti, de «Solo un completo idiota potrebbe minacciare la Russia con azioni di guerra se questa attaccasse l’Ucraina. Tale eventualità non sussiste. Tutti sanno che l’America non invierà in alcun modo i propri soldati a combattere con i russi».

Nella stessa Ucraina, rispondendo alle domande degli spettatori sul canale di opposizione “Golos Pravdy”, il politologo ucraino Dmitrij Džanghirov dice che in Ucraina «nessuno crede all’aggressione. È vero, molti pongono la domanda sull’aggressione; ma la pongono perché una volta di più qualcuno dichiari che questa non ci sarà, perché tutti capiscono che, davvero, non ci sarà».

E alla domanda sul perché i deputati ucraini siano andati in ferie, ora, e non al fronte, Džanghirov risponde che «in effetti, anche tra loro, nessuno ci crede. Non c’è stata nemmeno una riunione del Consiglio di sicurezza dedicata all’aggressione. Sui canali di intelligence, ci sono state riunioni; ma sul piano militare, non ce ne sono state. Le uniche discussioni si sono avute su ulteriori stanziamenti per “il muro” contro la Bielorussia… I militari dicono di disporre di informazioni secondo cui non si attende nulla di critico».

Ulteriori colpi per Kiev anche sul fronte dell’adesione (formale; quella di fatto è acquisita da tempo) alla NATO. Stando alla Associated Press, il Dipartimento di Stato ha detto chiaramente alle autorità golpiste ucraine che difficilmente potranno aderire all’Alleanza entro i prossimi dieci anni.

Dopo le precedenti dichiarazioni yankee sul rifiuto a riconoscere qualsiasi “linea rossa” sulla questione ucraina, sul fatto che Mosca non ha il diritto di dire all’alleanza chi accettare o meno nei suoi ranghi, su «sanzioni economiche senza precedenti, fino all’esclusione dal SWIFT», ora Washington annuncia ufficialmente di non aver intenzione di usare truppe USA per difendere l’Ucraina.

Dunque, incredulità a Kiev, dove il sostegno diretto occidentale in caso di conflitto con la Russia è considerato un assioma (esplicitato anche nella nuova strategia militare adottata a marzo).

Incredibile: ma, ancora la Associated Press, scrive che Washington avrebbe intenzione di costringere Kiev a rispettare gli accordi di Minsk, in particolare sullo status speciale per il Donbass e i negoziati diretti con DNR e LNR.

Sconforto a Kiev, infine, alle parole di Biden del 10 dicembre, su ipotesi di incontri tra rappresentanti USA e dei principali alleati NATO con una delegazione russa, per discutere di rivendicazioni e preoccupazioni reciproche.

Durante il colloquio del 7 dicembre, infatti, Putin aveva chiesto «garanzie di sicurezza affidabili e a lungo termine», che escludano ulteriori spostamenti verso est della NATO e il dispiegamento di sistemi d’arma che minacciano la Russia nelle immediate vicinanze del proprio territorio.

Panico non solo a Kiev, ma anche nei Paesi baltici: a proposito dell’eventuale incontro, a Tallin si è parlato di «una spiacevole sorpresa», invitando altri paesi del fianco orientale NATO a compiere sforzi diplomatici per far deragliare il vertice.

A Vilnius, con le lacrime agli occhi, si constata che «Quando difende la propria sovranità, l’Ucraina può contare solo su se stessa»: certo, con lanciarazzi “Javelin” yankee e droni “Bayraktar TB2” turchi.

Dunque, una mezza doccia fredda: appena il giorno precedente, il 9 dicembre, Biden si era incontrato coi leader dei “Nove di Bucarest” (Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania e Slovacchia) per discutere dello «sviluppo destabilizzante della potenza militare russa lungo il confine con l’Ucraina e della necessità di una posizione univoca della NATO».

In questa situazione, il Ministro degli esteri ucraino Dmitrij Kuleba si vede costretto a dichiarare la disponibilità di Kiev per concessioni reciproche con Mosca.

E alla Duma russa le sue parole sono viste come l’ammissione che «l’Ucraina si sente effettivamente abbandonata dall’Occidente… nessuno ha ufficialmente intenzione di sostenere Kiev e dunque le autorità ucraine sono disposte al compromesso», anche se è difficile capire quali compromessi, dal momento che Kiev continua a parlare di “restituzione della Crimea”, si rifiuta di avere rapporti commerciali con la Russia, definendola “aggressore”, ecc.

Il quadro non sarebbe completo senza la situazione bielorussa. Aleksandr Lukašenko ha dichiarato in questi giorni che l’intenzione di USA e NATO è quella, a spese della Bielorussia, di chiudere completamente la cintura di accerchiamento della Russia, dal Baltico al mar Nero, per creare un blocco di confine a est.

Era questo l’obiettivo anche delle manifestazioni successive alle elezioni presidenziali dello scorso anno e alla “proclamazione”, da parte occidentale, di Svetlana Tikhanovskaja a “presidente” della Bielorussia, affinché «seguisse la strada ucraina», ha detto Lukašenko.

Ora, lasciamo che i media nostrani giurino eterna fedeltà a Washington e fede cieca nelle dichiarazioni ufficiali della Casa Bianca. Non è il nostro caso.

E però, messo insieme tutto questo girotondo di parole da oltreoceano, si può forse fare un pensierino alle difficoltà attuali – sia interne, sia nei confronti degli “alleati” europei – dell’amministrazione americana e alla sua necessità di allentare un po’ l’attenzione dal fronte europeo, per concentrarla su quello del Pacifico.

Non vuol certo dire giurare sulla “buona fede” di Washington.

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