Nel recente vertice Nato di Madrid, i capi di stato e di governo dell’Alleanza hanno concesso a Erdoĝan tutto ciò che voleva in cambio del parere favorevole ad un ulteriore allargamento della NATO a Svezia e Finlandia.
Certo sono stati sacrificati i rifugiati politici curdi (e turchi), ma c’è anche dell’altro. Gli Usa e la Ue i curdi e li avevano già venduti ai turchi nelle zone di confine tra Turchia, Siria e Iraq dove Ankara ha scatenato una brutale operazione militare nel silenzio assordante di tutto l’Occidente strepitante per le sorti dell’Ucraina, sulla feroce repressione contro i militanti di sinistra in Turchia figuriamoci.
Ma adesso la preoccupazione maggiore, anche dentro i membri della Nato nel fianco sud, è che si sia regalato alla Turchia il Mediterraneo occidentale con tutto quello che c’è dentro, soprattutto i giacimenti di gas in mare.
Con il probabile spostamento dell’asse strategico della Nato verso il Baltico, la Turchia avrà mano libera nel Mediterraneo occidentale oltre che in quello orientale. Gli interessi di paesi come la Grecia e l’Italia ne saranno fortemente danneggiati.
Secondo il sito specializzato Difesaonline, la Marina turca ha provveduto a riconfigurare la nuova unità d’assalto anfibia Anadolu in drone-carrier, imbarcando i TB3 Bayraktar di prossima entrata in servizio (equipaggiati tra l’altro con missili aria-aria Akdogan).
Inoltre, nei prossimi 10 anni, Ankara costruirà 15 nuove unità, tra corvette, fregate e cacciatorpediniere, oltre a 6 sottomarini Type 214, tali battelli potrebbero essere armati con il missile da crociera Gezgin, prodotti localmente e propulsi da motori Ivchenko-Progress Al-35, provenienti dall’Ucraina.
La Turchia potrà quindi disporre degli assetti navali necessari per porre in essere la dottrina del Mavi Vatan, ovvero la “Patria Blu” che proietterà la Turchia da potenza continentale a marittima. A ideare questa dottrina espansionista di Ankara sul Mar Mediterraneo è stato un ammiraglio turco – Cem Gurdeniz – e negli anni più recenti il concetto di Mavi Matan ha cominciato ad essere amplificato dai mass media turchi ed europei come un perno della politica espansionista di Erdogan.
L’obiettivo è quello controllare il mare per controllare le risorse energetiche (i giacimenti di gas marino) e imporre la propria influenza. Le risorse ottenute nella “Patria Blu”, sarebbero destinate a sostenere i piani egemonici e di leadership della Turchia rivelatasi una crescente potenza regionale in Medio Oriente e Asia centrale.
Se nelle Zone Economiche Esclusive (ZEE) di Grecia e Cipro nel Mar Mediterraneo le tensioni e i contrasti sono già cominciati da tempo, qualche serio problema si porrà anche per la ZEE dell’Italia, già fortemente limitata dalle ambizioni nel mare da parte dell’Algeria ma anche da parte della instabile Libia che ha congiunto la sua ZEE a quella della Turchia.
Ad essere preoccupato di questo era soprattutto l’Egitto che si vedeva tagliato fuori a Nord, ma il recente viaggio di Erdogan al Cairo sembra aver riappacificato i due paesi diventati rivali dopo il colpo di stato di Al Sisi contro il governo dei Fratelli Musulmani in Egitto. Ma anche l’Egitto ormai è entrato in campo nella geopolitica del gas e le sue risorse sono proprio nella ZEE nel Mar Mediterraneo.
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