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Francia: “È con la lotta che possiamo ottenere qualcosa”. La mobilitazione non si ferma

Il movimento contro il progetto della riforma pensionistica è sceso in piazza per l’ottava giornata di mobilitazione generale e sciopero “inter-professionale”.

È la terza iniziativa unitaria promossa in dieci giorni dall’inter-sindacale, che raggruppa le otto organizzazioni dei lavoratori, che dal giorno stesso dell’annuncio di tale progetto da parte del capo dell’esecutivo, Elisabeth Borne, hanno lanciato la mobilitazione.

Secondo il ministero dell’Interno ieri sono scese in strada 480.000 persone, sono invece un milione e settecentomila per la CGT. Numerosi sono i settori in sciopero “permanente” che fanno sentire il loro impatto. Oltre ai trasporti (treni, metro e aereoporti), al settore chimico (depositi e raffinerie), energia (gas ed elettricità), e porti, gli “operatori ecologici” a Parigi e non solo si sono fermati.

Nella Capitale, dove il ministro degli Interni vorrebbe procedere alla “requisizione”, sono più 6000 le tonnellate di rifiuti non raccolti nelle strade, 3 impianti di trattamento sono “occupati” dai lavoratori, ed un quarto è fuori uso.

Contro l’atto di forza governativo si sono mobilitati i 7000 lavoratori del settore dell’area metropolitana parigina che hanno già sventato il tentativo di utilizzare una ditta privata per liberare in parte le strade dai rifiuti. Questo settore, soprattutto in alcune funzioni, vede per chi vi opera una aspettativa di vita tra i 12 ed i 17 anni inferiore rispetto alla media, due anni in più di lavoro, alzando l’età pensionabile comunque già inferiore a quella standard di 62 anni – da 55 a 57 e da 57 a 59 a seconda delle mansioni – vorrà dire, per molti, non godersela affatto.

Già oggi, a livello generale, un lavoratore su tre in media, accede alla pensione con una patologia. In questi giorni si sono moltiplicate le azioni “coup de poign” in tutto l’Esagono, con blocchi del traffico, tagli mirati delle forniture elettriche, “invasioni” di centri commerciali ed il lancio di spazzatura in direzione della sede parigina di Renaissance, l’organizzazione politica di Macron erede di LREM.

Sono una trentina le università bloccate. Un movimento “in crescendo” dove oltre gli alti e bassi dell’adesione giornaliera agli scioperi, quello che rimane è la durata nel tempo e il non “ritorno alla normalità”.

Il governo è ad un bivio tra il far votare alle camere la proposta della Commissione Parlamentare Mista (CMP) riunitasi questo mercoledì e che ha trovato un accordo  – 10 a favore, 4 contrari – rischiando di “andare sotto” all’Assemblea Nazionale oppure ricorrere per l’undicesima volta dal suo insediamento all’articolo 49.3 della Costituzione per far passare il progetto. Una ipotesi che, per quanto è trapelato dal Consiglio dei Ministri, sembra essere stata scartata. L’Esecutivo infatti non dispone di una maggioranza in Parlamento e si appoggia in questo caso ai gollisti di LR, una sessantina di deputati che non hanno un orientamento univoco su tale progetto, sebbene siano tendenzialmente favorevoli alla riforma.

Entrambe le ipotesi comportano dei rischi, il voto – per quanto peregrina possa essere l’ipotesi di una bocciatura – espone il governo e Macron ad un rischio di “caduta verticale” su un punto qualificante del suo programma, il che aprirebbe le porte alle sue possibili dimissioni per impossibilità di governare.

Dal lato dei LR è chiaro che la loro funzione sarebbe né più né meno che quella di diventare la “ruota di scorta del governo” senza entrare formalmente nella maggioranza. L’ipotesi del non voto alzerebbe ulteriormente la temperatura sociale, come ha detto Oliver Mateu, aspirante futuro segretario alla CGT ed attuale Segretario del dipartimento marsigliese dell’organizzazione sindacale. “Se venisse usato tale articolo non ci sarebbero più regole”.

Per giovedì, l’inter-sindacale e tutte le organizzazioni che sostengono la protesta danno appuntamento alle nove di mattina di fronte all’Assemblea Nazionale per una giornata di protesta che si annuncia campale.

Se la riforma dovesse passare, non sarebbe né la fine della mobilitazione né sarebbe esaurita la battaglia politica, perché è in campo l’ipotesi di una “consultazione popolare” – proposta dalla CFDT, per via referendaria- attraverso una sorta di referendum di iniziativa popolare (RIP) che avrebbe il sostegno attivo di un buon numero di deputati.

Ma per ora la parola resta ai manifestanti, ed alle mobilitazioni. Come ha detto uno scioperante a Parigi:”è con la lotta che possiamo ottenere qualcosa”.

 

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