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Il “piano Zelenskij” alla prova dei crimini di Kiev

Secondo le cifre diffuse dal Ministro della difesa russo Sergej Šojgù, nell’intero mese di luglio le perdite ucraine al fronte sarebbero state di oltre 20.800 uomini e oltre duemila unità di armi e mezzi militari, tra cui dieci “Leopard”, undici trasporti truppe “Bradley”, 40 sistemi di artiglieria M777 americani e 50 mezzi di artiglieria semovente britannica, americana, tedesca, francese e polacca.

Se queste cifre, comprese quelle sulle perdite umane (morti e feriti), possono suscitare, tra gli altri sentimenti, compassione per giovani coscritti ucraini (non certo per i nazisti di battaglioni e reggimenti “volontari”, che sparano a sangue freddo sui prigionieri), sequestrati in strada e gettati al macello dalla junta nazigolpista, le informazioni divulgate invece dal segretario del Consiglio di sicurezza russo, Sergej Patrušev, se confermate, non possono che accrescere il ribrezzo per un regime sorto sul sangue del popolo ucraino, foraggiato da USA e UE durante nove anni di massacri delle popolazioni del Donbass e puntellato oggi da armi e soldi occidentali quale materiale di usura nella contrapposizione alla Russia.

Patrušev ha detto che, al fronte, medici compiacenti (ma in quante altre guerre è accaduto: basti ricordare i medici occidentali in combutta coi macellai del UCK in Kosovo) espiantano segretamente organi ai soldati ucraini feriti, per poi venderli al mercato nero.

Ufficialmente, nell’Ucraina majdanista, questo è “legale”: lo scorso anno, Vladimir Zelenskij ha apposto la firma alla legge che permette l’espianto di organi senza consenso.

A fine maggio, era apparsa la notizia di funzionari del servizio delle emergenze sanitarie ucraine che, all’ospedale militare di Kherson, espiantavano organi dai corpi di soldati; i cadaveri venivano quindi cremati e dati per dispersi nelle comunicazioni ai parenti.

Si era parlato della stessa storia lo scorso febbraio, citando casi avvenuti all’obitorio dell’ospedale cittadino di Nikolaev.

A luglio 2022, a Lugansk, erano state segnalate tracce dell’attività di “trapiantologi borsaneristi” tra le forze ucraine, specificando che le operazioni venivano eseguite da chirurghi stranieri, dopo di che gli organi prendevano la strada dell’Ucraina occidentale e, da lì, verso paesi stranieri.

Sul fronte “diplomatico” (ci sarebbe da piangere), la Reuters scrive di incontri Washington-Kiev sulle “garanzie di sicurezza” americane al regime golpista, in attesa della sua ammissione alla NATO.

I prossimi 5-6 agosto, è inoltre previsto un incontro consultivo a Gedda, in Arabia saudita, tra rappresentanti di una serie di paesi e Kiev, sul cosiddetto “piano di pace” di Zelenskij, che prevede il ritiro delle forze russe, il ritorno a Kiev dei territori controllati da Mosca, la restituzione di prigionieri e anche di “bambini rapiti dai russi”. Dalle consultazioni è ovviamente esclusa la Russia.

L’incontro a Gedda, osserva l’agenzia Rex, rappresenta la prosecuzione delle promesse fatte a Kiev al recente vertice NATO di Vilnius e dell’incontro del G7, durante il quale sono stati previsti colloqui bilaterali dei diversi paesi con l’Ucraina sulla fornitura di armamenti supplementari.

A parere del colonnello della riserva Anatolij Matvijčuk (ucraino di nascita, ha servito nell’esercito sovietico; oggi scrive per i canali Tsar’grad, RT,FAN e dirige il portale Anna News) i colloqui USA-Ucraina potrebbero rappresentare un passo volto a saggiare le possibilità di regolazione del conflitto.

Secondo la portavoce del Ministero degli esteri russo Marija Zakharova, invece, l’incontro a Gedda potrebbe rivelarsi utile solo se permettesse all’Occidente di rendersi conto del vicolo cieco cui può condurre il “piano Zelenskij”.

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