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Armi italiane all’Ucraina ma anche ad Israele. L’accordo del 2005 va revocato

Nelle parole d’ordine della manifestazione del 4 novembre a Roma, non c’è solo la richiesta di non rinnovare il decreto per l’invio delle armi nella guerra in Ucraina in scadenza il prossimo 31 dicembre.

La piattaforma torna infatti a chiedere anche la revoca dell’accordo di cooperazione militare tra Italia e Israele in vigore da diciotto anni. Una richiesta già avanzata da tempo in molte mobilitazioni solidali con la Palestina ma che non ha mai trovato la dovuta attenzione ed attuazione tra le forze presenti in Parlamento in tutti questi anni. Anzi, il mettere in discussione la complicità militare con Israele ha spesso scatenato reazioni furibonde.

L’accordo che regola la cooperazione militare tra Italia e Israele è stato infatti ratificato dal Parlamento italiano il 17 maggio 2005. C’era il governo Berlusconi e il ministro della Difesa era Martino. Il memorandum d’intesa viene rinnovato automaticamente ogni cinque anni, a meno che non si decida di revocarlo.

Il Presente MoU, (memorandum d’intesa, ndr) che resterà in vigore per cinque anni, sarà prorogato automaticamente per periodi aggiuntivi di cinque anni in assenza di una notifica scritta dell’intenzione di denunciarlo inviata da una Parte all’altra. In tal caso cesserà di essere in vigore sei mesi dopo la data di ricezione di tale notifica” è scritto testualmente nell’accordo.

L’ultimo rinnovo è stato tre anni fa e la nuova verifica sarà a maggio 2025. Ci sono insomma i tempi e le urgenze per mettere fine a questo accordo che rende l’Italia complice della macchina militare e genocida israeliana.

Nella parte pubblica dell’accordo militare Italia-Israele del 2005 (esisterebbe infatti un memorandum segreto mai sottoposto alla discussione e al voto dei parlamentari) si legge che la cooperazione fra i due Paesi riguarda “l’industria della difesa, l’importazione, l’esportazione e il transito di materiali militari, le operazioni umanitarie, l’organizzazione delle Forze armate e la gestione, la formazione e l’addestramento del personale, i servizi medici militari”.

Italia e Israele si adopereranno al massimo per contribuire, ove richiesto, a negoziare licenze, royalties ed informazioni tecniche, scambiate con le rispettive industrie”. E ancora: “Le Parti faciliteranno inoltre la concessione delle licenze di esportazione necessarie per la presentazione delle offerte o proposte richieste per dare esecuzione al presente memorandum”.

Tra il 2015 e il 2020 l’Italia ha fornito armi a Israele per 90 milioni di euro

Tra questi ci sono 17,5 milioni di euro di autorizzazioni rilasciate nel 2019 nella categoria militare ML2 che comprende “bocche da fuoco, obici, cannoni, mortai, armi anticarro, lanciaproiettili e lanciafiamme militari”.

Si tratta di armamenti prodotti da una delle aziende del gruppo a controllo statale Leonardo (ex Finmeccanica), in pole position nell’export di sistemi militari allo Stato di Israele. Tra le altre aziende italiane che forniscono materiali militari al ministero della Difesa di Israele, figurano anche Ase Aerospace, CABI Cattaneo, Fimac, Forgital, Leat, Mecaer, MES, OMA Officine, Sicamb, Teckne.

L’Italia dal canto suo ha acquistato sistemi d’arma israeliani per circa 150 milioni di euro.

Benjamin Netanyahu, ha sottolineato in ripetute occasioni “l’eccellente livello di cooperazione tecnico militare ed industriale” tra Italia e Israele auspicandone “l’ulteriore rafforzamento”.

Di fronte ai crimini di guerra israeliani in Palestina è tempo che questo accordo di cooperazione militare venga revocato, esattamente come il decreto che scade a dicembre e che ha consentito le forniture di armamenti italiani alla guerra in Ucraina.

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