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Il vertice dei BRICS in Sudafrica

Dal 22 al 24 agosto, il Sud Africa ospiterà il 15° summit dei BRICS. Sarà il primo incontro in presenza dallo scoppio della pandemia da COVID-19 tra le delegazioni dei 5 paesi che lo compongono: Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa.

Il presidente russo Vladimir Putin, su cui pende un ‘mandato d’arresto’ spiccato dalla Corte Criminale Internazionale per i crimini di guerra che avrebbe commesso in Ucraina, non parteciperà di persona al summit, ma lo seguirà solo in modalità virtuale.

La Russia sarà perciò rappresentata a Johannesburg dal ministro degli esteri, Sergei Lavrov.

I 5 paesi dei BRICS, da soli, totalizzano circa il 40% della popolazione mondiale ed approssimativamente 1/4 del PIL globale.

Sono state però invitate al summit 69 tra nazioni e regioni, mentre sono già 40 i paesi che, formalmente o meno. hanno espresso la volontà di entrare a far parte di questa struttura di cooperazione – per ora prevalentemente economica – del “Sud Globale”.

Ad inizio d’agosto erano una ventina i paesi che avevano chiesto di aderire formalmente, tra cui Arabia Saudita, Iran, Emirati Arabi Uniti, Argentina, Indonesia, Egitto ed Etiopia.

Si tratta, rispetto ai paesi sopra citati, di importanti attori regionali, segno dell’importanza che questo ambito di cooperazione gioca per cercare un allargamento della governance globale ed un contro-bilanciamento del dominio dei Paesi occidentali.

La riforma dell’attuale architettura finanziaria perseguita dai BRICS finora si è scontrata contro la rendita di posizione dell’Occidente, in un contesto in cui ciò che era il mercato mondiale si va frammentando. ma la valuta statunitense e la sua cornice commerciale riescono ancora a mantenere una forte rendita di posizione negli scambi.

Come ha affermato in una recente intervista a Telesur Carlos Maria Correa, direttore del South Center, auspicando un allargamento che gli darebbe una maggiore dimensione economica, «se altri paesi possono essere incorporati, la dimensione politica dei BRICS sarebbe significativamente aumentata».

Un’ipotesi che è vista come il fumo negli occhi dai paesi sviluppati dell’area euro-atlantica.

Recentemente, riporta l’agenzia Associated Press,  di fronte ad una platea di giornalisti internazionali nella capitale Brasilia, il presidente Lula ha affermato «in questo incontro possiamo già decidere consensualmente quali nuovi paesi possano unirsi ai BRICS».

Il neo-presidente, riferendosi ai paesi che volessero unirsi, ha aggiunto: «se soddisfano le regole che stabiliamo, ne accetteremo l’adesione».

Una chiara smentita dei rumors che parlavano di preoccupazione per l’ingresso di altri membri, che avrebbe ridotto l’influenza di quelli attuali.

E proprio standard e procedure per includere nuovi membri saranno al centro del dibattito, insieme al rapporto dei BRICS con l’Africa e al ruolo della New Development Bank, cioè quella che viene comunemente chiamata “Banca dei BRICS”, creata nel 2015.

Come riporta l’agenzia stampa Reuters: «Ci si aspetta che il gruppo discuta come accelerare la raccolta ed il prestito nelle valute locali dentro la New Develpoment Bank (…) L’uso di monete locali aiuterà ad alleviare il rischio dell’impatto delle fluttuazioni delle valute straniere, ha affermato il ,inistro delle finanze sudafricano Enoch Godongwana».

Stando ad un diplomatico sudafricano interpellato dall’agenzia, la discussione per ora non dovrebbe vertere su una moneta comune dei BRICS.

Un tema che è stato caldeggiato in passato dal Brasile del neo-presidente Lula – che vorrebbe espandere il più possibile il ruolo della NDB – nonché dalla Russia, ma a cui si oppone per ora l’India di Modi.

Durante la conferenza stampa a Brasilia, Lula ha affermato laconicamente: «Perché il Brasile necessita del dollaro per commerciare con la Cina o il Brasile? Possiamo commerciare nelle nostre valute».

Un passo che scalfirebbe ulteriormente l’egemonia del dollaro.

L’importante appuntamento verrà preceduto oggi dalla visita di Stato del leader cinese Xi Jinping in Sudafrica, su invito del presidente Cyril Ramaphosa.

Si tratta della seconda visita di Stato che il leader cinese effettua nel 2023 dopo quella del marzo di quest’anno in Russia. E la prima nel Paese africano dal 2018. Una visita cui i media cinesi in lingua inglese hanno dato molto spazio.

I due condivideranno la presidenza del China-Africa Leaders Dialogue.

La Repubblica Popolare Cinese ha indirizzato 1,82 miliardi di dollari di investimenti diretti in Africa nei primi sei mesi di quest’anno, cioè un 4,4% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Sono circa 3.000 le aziende cinesi presenti in Africa.

Da più di un decennio la Cina è il più importante partner commerciale del Sudafrica, con un interscambio commerciale tra i due paesi in costante aumento.

Il Sud Africa partecipa fra l’altro alla Belt and Road Iniziative (BRI).

Come riporta il sito di informazione cinese in lingua inglese Global Times, gli investimenti cinesi diretti in Sudafrica hanno superato i 10 miliardi e spaziano in vari campi, dalla finanza all’energia, mentre il Sudafrica è il paese africano che investe maggiormente in Cina.

Il rapporto tra i due paesi potrebbe diventare il pivot dell’allargamento delle relazioni economiche tra Pechino e gli Stati Africani.

É doveroso ricordare il ruolo sempre più importante che anche la Russia sta giocando in Africa.

L’obiettivo del summit dei BRICS è di giungere ad una comune presa di posizione attraverso la pratica consensuale che ne caratterizza l’operato su una serie di argomenti che sono stati discussi nei lavori preparatori del summit per implementarne il peso a livello internazionale e far fare un ulteriore passo in avanti al mondo multipolare.

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4 Commenti


  • Antonio

    sono fermamente convinto della riuscita e dell’allargamento di questa nuova realtà geopolitica e non escludo che in futuro possa diventare anche un blocco economico contrapposto al declinante occidente tanto da mettere in discussione non solo l’egemonia del dollaro e le regole dell’economia mondiale ma anche un blocco militare che metterà seriamente in discussione l’ordine internazionale l’autonomia strategica dell’Europa che avrebbe dovuto includere anche la Russia se fosse esistita poteva giocare un ruolo di equilibrio ma dopo la guerra per procura fortemente voluta è ricercata dagli USA tutti conosciamo bene le vicende accadute nel donbass prima e dopo il 2014 fino ad arrivare al 2022 anno dell’invasione che ha segnato la svolta e La fine della costruzione di una Europa libera e sovrana che includendo anche la Russia doveva essere ponte tra l’oriente e l’occidente con grande potenziale economico e politico tutto ciò urtava profondamente l’America il resto è cronaca attuale povere Europa e poveri noi


  • Luciano navarro

    Concordo!


  • Gioan gino

    ma dove vivi?in carotilandia?


    • Redazione Roma

      ?????

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