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Il Sudafrica va al voto. L’Anc dovrà coalizzarsi per governare?

Mercoledì 29 maggio si svolgeranno le elezioni politiche in Sud Africa. Saranno le settime condotte con il suffragio universale dal 1994.

Per la prima volta dalla fine dell’apartheid, l’African National Congress (ANC), potrebbe perdere la maggioranza assoluta e dover formare una coalizione con altri partiti per governare il paese nei prossimi 5 anni. Se così fosse si confermerebbe la tendenza vista nelle elezioni locali del 2021 dove perse la maggioranza assoluta in alcune aree metropolitane chiave ed alcuni municipi, raggiungendo in totale circa il 45,5%, con un calo dei consensi di circa l’8%.

Sono chiamati alle urne 28 milioni di aventi diritto in nove province, in cui verranno eletti anche i parlamenti locali.

Cyril Ramaphosa, attuale leader dell’ANC succeduto a Zuma dopo averlo sconfitto nell’elezioni interne alla formazione, è l’attuale presidente e aspira ad essere rinominato tale, considerando che nel sistema sudafricano non avviene l’elezione diretta del presidente ma è il partito uscito vincitore che lo esprime.

Ramaphosa, è un ex sindacalista che ha poi percorso la strada dell’uomo d’affari di successo dopo avere lasciato la politica nel 1996 e tornarvi molto tempo dopo.

Tutti i sondaggi con una relativa banda di oscillazione danno il suo partito ben sotto il 50% ma sopra il 40%, a differenza del 57,5% delle elezioni del 2019, quando Ramaphosa fu nominato per far voltare pagina rispetto alla presidenza di Zuma.

Per capire l’emorragia di consensi bisogna ricordare che circa vent’anni fa l’ANC guidato da Nelson Mandela, ottenne quasi il 70% dei voti.

Il Pool tracker dell’Economist pone l’ANC tra il 41 ed il 45% delle preferenze di voto.

E proprio Zuma, che non potrà candidarsi, ha fondato una formazione che riprende provocatoriamente il nome di Umkonto we Siwze dal nome del “braccio armato” dell’Anc nella lotta contro l’apartheid, e che potrebbe impensierire l’ANC nel KwaZulu-Natal (KZN), dove l’ex leader dell’ANC mantiene un discreto consenso.

L’opposizione storica all’ANC è quella della borghesia bianca della Democratic Alliance (DA) di John Steenhuisen, che ha coalizzato nel 2023 una decina di partiti nella Multi-Party Charter, che attualmente detengono 144 rappresentanti parlamentari su 400.

La DA che ha promesso di “salvare il Sud Africa” dall’ANC, rimane il secondo partito, e le previsioni di voto lo danno attorno al 18%.

La DC è l’espressione politica della minoranza bianca e l’alleato “naturale” del blocco occidentale.

Per comprendere cosa vorrebbe dire concretamente “salvare il Sud Africa” dall’ANC bisogna ricordare che recentemente si è espressa contro le quote di lavoratori Neri introdotte l’altro anno da Ramaphosa per cercare di riequilibrare il pesante divario nel mercato del lavoro.

Tra i Neri, la disoccupazione è superiore ad 1/3 della popolazione in età attiva (raggiunge il 60% tra i giovani), e solo il 9,2% tra i Bianchi. Se nel corso degli anni il gap del tasso di scolarizzazione secondaria si è notevolmente ridotto, rimane elevato per quello che concerne l’università, per cui alla minoranza bianca sono offerti i lavori migliori.

Un’altra recente battaglia della DA è stata quella contro la recente promulgazione di una legge che istituisce una copertura sanitaria universale – un testo la cui “preparazione” è durata 12 anni – e che ritiene troppo dispendiosa per il budget statale.

La creazione del National Health Insurence, copre 62 milioni di persone, e dà accesso alle cure a cifre abbordabili fissate dallo Stato, garantendo il diritto alla salute anche a chi non può permettersi di rivolgersi alle cure onerose del settore privato, di cui possono beneficiare circa il 12% della popolazione.

Zuma si è dovuto dimettere nel 2018 dopo uno scandalo per corruzione a cui è stato dato il nome di “state capture”, un vero e proprio sistema in cui ha sfruttato la propria posizione di potere data dai suoi due mandati presidenziali per sé e per la propria cerchia, a danno della popolazione.

Zuma, e la Umkhonto we Sizwe, ovvero “la lancia della nazione”, sembra essere guidato da un forte senso di vendetta nei confronti dell’ANC ed una una retorica da “uomo del popolo”.

Le previsioni di voto, lo danno come terza formazione, con circa il 14% di consensi. Un consenso piuttosto ragguardevole, se si tiene conto che sembrava definitivamente fuori ai giochi politici, e che la sua formazione è stata creata appena un anno fa.

Tra i nomi che potrebbero emergere vi è la figlia 41enne – la metà degli anni di Zuma – Duduzile Zuma-Sambudla.

L’altro attore politico di rilievo è l’Economic Freedom Party (EFP) di Julius Malema, ex leader dell’organizzazione giovanile della ANC.

L’organizzazione di cui Malema è fondatore è una formazione che si ispira apertamente al marxismo e al panafricanismo, ed ha il suo focus principale sui diritti della componente Nera Sud Africana.

Malena, 43 enne, ha iniziato a fare politica fino dalla giovane età ed è diventato leader della Youth League della ANC nel 2008, per essere poi espulso nel 2012 dopo avere rotto con Zuma, ed altri membri del partito, fondando l’anno successivo proprio il EFP.

Si è recentemente caratterizzato per la campagna popolare di sostegno alla causa palestinese.

Nel 2019 l’EFP era divenuto il terzo partito, dopo l’ANC e la DA, ma ora la sua posizione sembra essere insidiata proprio da quella di Zuma, con le previsioni di voto che lo danno oltre l’11%.

L’EFP raccoglie i voti tra quella parte della popolazione vera che ha visto i limiti della gestione del potere da parte della ANC e soprattutto del mancato completamento del equilibrio sociale con la fine dell’apartheid dove un Bianco ha un reddito mediamente superiore di cinque volte quello di un Nero, dove solo 16,6 milioni di ettari di terra su 77,6 sono stati “trasferiti” a degli agricoltori Neri.

L’altro attore di un qualche spessore, è l’Inkatha Freedom Party (IFP) di Velenkosini Hlabisa, attorno al 3% nelle previsioni di voto.

La formazione propugna una maggiore autonomia per i leader tradizionali, non ha una vera e propria proiezione nazionale, ed è principalmente attivo nel Kwazulu dove riceve la maggior parte del suo supporto dall’etnia Zulu. Era il quarto partito, con poco più del 3%, e con 14 parlamentari eletti.

É parte della MPC, di cui è il secondo partito dopo la DA.

Un ruolo di primo piano, l’ha avuto e l’avrà, la Corte Costituzionale alla cui presidenza siede Raymond Zondo, che ha presieduto la Commissione d’Inchiesta che ha indagato sugli addebiti di corruzione sotto l’ex presidente Zuma, più tardi conosciuta come Zondo Commission.

Come abbiamo più volte ricordato nel nostro giornale, il Partito Comunista del Sud Africa (SACP) ed il sindacato (COSATU) hanno rinnovato la propria storica alleanza con l’ANC che sostengono attivamente e per cui danno indicazione di voto https://contropiano.org/news/internazionale-news/2024/04/30/elezioni-in-sud-africa-la-posizione-del-partito-comunista-sacp-0171920 .

Quindi, se l’ANC non raggiungesse la maggioranza assoluta lo scenario della coalizione sarebbe l’unico che si potrebbe prefigurare.

Ed è chiaro che per l’ANC avvicinarsi o meno alla maggioranza, non è un dato secondario nel gioco di alleanze che dovrebbe intessere, considerando che una minore necessità di voti per avere più di 200 deputati che ne costituiscono la maggioranza, darebbe meno potere contrattuale alle formazioni che entrerebbero in coalizione.

Il problema è: a chi si rivolgerà l’ANC e quindi quale interessi privilegerà? All’opposizione conservatrice della MCP o alla sinistra radicale dell’EFP?

Nel primo caso si assisterebbe ad una notevole “battuta d’arresto” delle aspirzioni programmatiche contenute nella “Freedom Chart”, in parte realizzate ed in parte no, per il Sud Africa post-apartheid, nel secondo una loro possibile realizzazione, cosa che è vista come fumo negli occhi sia dalla borghesia bianca che dai suoi alleati occidentali, specie se si andassero a toccare degli interessi strategici di cui tra l’altro l’EFP chiede la nazionalizzazione senza compensazione, come il settore minerario o le banche.

La seconda ipotesi porterebbe ad un maggior sganciamento dal futuro che le élite occidentali avevano ipotecato per il Sud Africa, il quale ha ormai assunto un ruolo di primo piano sia nei BRICS PLUS che nella sua denuncia politico-legale contro il genocidio palestinese https://contropiano.org/altro/2024/01/15/lazione-del-sudafrica-e-una-sconfitta-delloccidente-0168422 .

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