Nella settimana passata, i primi ministri sia di Vanuatu sia delle Isole Salomone si sono recati in Cina. Per quanto la notizia possa essere passata in sordina, almeno sui principali media generalisti, l’importanza di queste visite non è assolutamente da sottovalutare.
I due arcipelaghi che formano i due paesi non sono molto lontani dalla Nuova Caledonia, dove la ribellione al colonialismo francese continua da settimane. E soprattutto, si trovano in un settore fondamentale del Pacifico, con un’importante funzione strategica.
Le Isole Salomone erano già state al centro di una diatriba politica quando, nel 2022, Pechino firmò col paese un accordo di sicurezza e polizia. Questo venne visto come una vera e propria sfida alle due alleanze militari guidate dagli Stati Uniti nell’area, l’Aukus e il Quad.
La realtà, al solito, è più complessa, con il piccolo stato insulare che semplicemente cerca alleanze dove conviene, sapendo che un mondo multipolare offre molte più opportunità. Ma l’elezione a primo ministro, lo scorso maggio, di Jeremiah Manele, considerato di orientamento filo-cinese, ha rafforzato questa visione.
A dimostrazione che questa lettura è tarata dalla propaganda occidentale, il primo viaggio di Manele all’estero è stato a Canberra. Nuova Zelanda e Australia hanno appena concluso la costruzione di una pista lunga un chilometro all’aeroporto di Seghe, e Manele ha ottenuto anche degli accordi in materia di sicurezza e sviluppo economico, presto da definire.
Ad ogni modo, non mancano i punti di intesa col Dragone. Il 12 luglio Manele e Xi Jinping si sono incontrati, e hanno concordato di approfondire la cooperazione negli ambiti dello sviluppo rurale, della sanità, delle infrastrutture, dello sviluppo sostenibile e della lotta al cambiamento climatico.
Il presidente cinese ha inoltre sottolineato che le relazioni amichevoli tra la Cina e i paesi insulari del Pacifico, comprese le Isole Salomone, si inseriscono nel quadro della “Cooperazione Sud-Sud“. Manele ha ribadito che la Cina è un esempio per i paesi in via di sviluppo.
Anche Charlot Salwai, il primo ministro di Vanuatu, ha incontrato Xi Jinping lo stesso 12 luglio. Come per le Isole Salomone, anche questo paese è stato coinvolto nei programmi della Belt and Road Initiative, e Pechino è pronta ad altri investimenti in vari settori per lo sviluppo delle isole del Pacifico.
Il governo di Vanuatu, da parte sua, ha ribadito di aderire fermamente al principio di una sola Cina e di sostenere fermamente la posizione della Cina su questioni relative a Xinjiang, Hong Kong, Xizang, diritti umani e Mar Cinese Meridionale.
Soprattutto, Salwai ha chiesto alla Bank of China di aprire una propria succursale a Port Vila, capitale del paese. Questa potrebbe essere usata per finalizzare i pagamenti in yuan, andando a rappresentare un altro tassello del contrasto all’egemonia del dollaro.
Questa richiesta arriva dopo pochi giorni che funzionari statunitensi e australiani si sono incontrati al Pacific Banking Forum di Brisbane. Tra i temi trattati, c’è stata anche la necessità di migliorare l’accesso finanziario nella regione, per cui le grandi banche non mostrano attualmente grande interesse.
Ora sia Manele sia Salwai si stanno dirigendo a un incontro dei paesi insulari del Pacifico che si svolgerà in Giappone. Si può notare ancora una volta che le geometrie delle relazioni non sono così nette come ci si aspetterebbe da una ‘nuova Guerra Fredda‘ contro il mondo multipolare.
Ma Washington sta lavorando in questa direzione.
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