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L’incursione a Kursk è un salto di qualità nel conflitto ucraino

Il Presidente russo Vladimir Putin ha definito mercoledì la presunta incursione dell’Ucraina una “provocazione su larga scala” dopo che le forze ucraine hanno lanciato – senza rivendicarlo esplicitamente – un “attacco massiccio” nella regione russa di Kursk.

Questo avrebbe provocato almeno cinque morti tra i civili e più di 30 feriti, ma il bilancio è naturalmente provvisorio e permane lo ‘stato d’emergenza’ nella regione.

Differenti siti di informazione occidentale – tra cui Bloomberg – avallano l’ipotesi di una scarsa considerazione di una tale minaccia da parte del Cremlino, che sta subendo una manovra che sembra avere un doppio fine.

Da una parte, gli ucraini vogliono tentare di rompere l’accerchiamento che vede la Russia procedere in varie conquiste nella regione di Kharkiv, dall’altra vogliono dimostrare al mondo occidentale – al costo di altissime perdite di uomini e mezzi – inedite capacità offensive, tra cui quella di proiettarsi nel territorio della Federazione.

Non sappiamo se tale manovra si risolverà in un boomerang per Kiev, ma è chiaro che cambia in parte i connotati del conflitto, specie per quanto riguarda l’esplicito appoggio della UE a tale tipo operazioni militari.

L’agenzia russa TASS riporta che la risposta russa all’incursione ucraina, secondo i dati forniti venerdì del Ministero della Difesa, avrebbe portato tra le file ucraine alla perdita di 945 soldati, 102 mezzi corazzati, tra cui 12 tank, ed una dozzina di carrier, con l’esercito della Federazione che avrebbe respinto i tentativi di condurre dei raid in profondità nel proprio territorio.

È la prima volta che dalla Seconda Guerra Mondiale il territorio della Russia, e prima dell’Unione Sovietica, viene violato da una invasione di un esercito.

Questo avviene in un territorio dal forte valore simbolico come Kursk, teatro di una battaglia centrale nella Grande Guerra Patriottica contro l’invasione nazi-fascista, in una regione situata a circa 550 km a sud ovest da Mosca.

L’Unione Europea, attraverso il portavoce per gli Affari Esteri Peter Stano, ha dichiarato che: “Pensiamo che l’Ucraina stia combattendo una legittima guerra difensiva contro un’aggressione illegale e che, nel quadro di questo legittimo diritto all’autodifesa, abbia il diritto di colpire il nemico ovunque lo ritenga necessario: nel suo territorio, ma anche nel territorio del nemico”.

Con queste parole l’Unione Europea fa un passo oltre nell’ulteriore coinvolgimento nel conflitto, considerando che ha già stanziato 108 miliardi di euro per Kiev e varato 14 pacchetti di sanzioni a Mosca.

In questo contesto, accanto agli Stati baltici e alla Gran Bretagna, è stata la Francia di Macron che si è assunta il ruolo di testa di ponte per un ruolo maggiore della UE nel conflitto.

Pochi mesi fa aveva paventato persino l’impiego di militari europei direttamente in Ucraina, e successivamente aveva ipotizzato di addestrare direttamente le truppe di Kiev in loco.

Bisogna ricordare che l’Unione Europea ha le maggiori responsabilità nel fallimento – da essa pilotato – nel trovare una soluzione politico-diplomatica alla situazione creatasi in Ucraina dopo il colpo di Stato di Maidan nel 2014.

L’inizio dell’operazione ATO da parte del regime golpista nei territori orientali del Paese, colpevoli di non avere accettato il nuovo corso politico di Kiev, aveva portato alla proclamazione delle Repubbliche Popolari.

Queste hanno poi combattuto contro i battaglioni punitivi neo-nazisti e l’esercito ucraino fino all’intervento – su richiesta delle due Repubbliche Popolari – della Federazione Russa nel febbraio del 2022.

Ora l’UE sembra volersi intestare questo ennesimo salto di qualità in quella che sta diventando una guerra della UE e della NATO contro la Russia, legittimando un’invasione via terra che potrebbe tra l’altro spingere Mosca ad intensificare l’attività militare più in profondità e con maggiore intensità in Ucraina.

Come riporta il quotidiano cinese in lingua inglese Global Times: “gli esperti hanno previsto che l’attacco esacerberà senza dubbio la situazione sul campo di battaglia e spegnerà le speranze, faticosamente conquistate, di colloqui di pace per cui la comunità internazionale ha lavorato duramente per raggiungere”.

Se si vuole leggere tra le righe, si potrebbe supporre che tale iniziativa sia un atto di sabotaggio contro l’attività diplomatica di Pechino nel fare avanzare una soluzione che faccia tacere le armi.

La scelta del momento per questo attacco ha tenuto conto principalmente dell’opportunità presentata dal cambiamento della leadership militare russa e dalla rotazione delle truppe russe in prima linea”, ha dichiarato al Global Times Cui Heng, studioso dell’Istituto nazionale cinese per lo scambio internazionale e la cooperazione giudiziaria della SCO, con sede a Shanghai.

Con le voci occidentali che ora chiedono negoziati con la Russia, l’Ucraina vuole dimostrare le sue capacità di combattimento e la sua determinazione in questo momento per evitare di essere rapidamente abbandonata”, ha detto Cui.

Aggiungiamo noi, in specie se ci sarà un cambio nell’amministrazione statunitense tra democratici e repubblicani con le elezioni presidenziali di novembre, in cui si oppongono la vice di Biden, Kamala Harris, e Donald Trump, abbastanza risoluto nello sganciarsi dal conflitto ucraino.

Il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale degli Stati Uniti, John Kirby, ha dichiarato che la Casa Bianca si metterà in contatto con Kiev “per capire meglio” la situazione a Kursk.

Ha aggiunto, inoltre, che gli Stati Uniti “non hanno cambiato la loro politica di autorizzare l’Ucraina a usare le armi fornite dagli Stati Uniti per colpire minacce imminenti appena oltre il confine”, ha riferito Ukrainska Pravda.

Come afferma giustamente il GT: “Gli Stati Uniti hanno messo in mostra la loro ipocrita doppiezza, poiché da un lato affermano di “limitare” l’uso di armi di fabbricazione americana, dall’altro, in realtà, assecondano Kiev con un sostegno finanziario e militare”.

La Farnesina ha scelto una strategia a metà tra quella del sonnambulo e dello struzzo, con Tajani che dichiara: “l’offensiva in territorio russo è una reazione ucraina all’invasione di Putin. Noi, ovviamente, non siamo in guerra con la Russia. E abbiamo sempre detto che le nostre armi non devono essere utilizzate in territorio russo”.

Ma quali garanzie di questo tipo ci possono essere?

Il giornale statunitense Forbes, questo giovedì, ha dichiarato che tra i militari che sono penetrati in territorio russo ci sarebbero quelli della 80ma brigata d’assalto aereo dell’esercito ucraino, che dispongono dei carri armati tedeschi Marder, e la cosa sembra essere confermata da un video postato da un giornalista del quotidiano tedesco Bild.

Paradossalmente nel gioco delle parti della coalizione governativa, le voci più preoccupate per le posizioni di legittimazione della UE dell’attacco ucraino sono giunte da Salvini della Lega, per cercare di ritagliarsi un profilo diverso.

È chiaro che nessun serio ostacolo ad un ulteriore coinvolgimento del nostro Paese nel conflitto può venire né dalle forze al governo, né tantomeno dalle opposizioni sostanzialmente silenti rispetto a questa nuova escalation.

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