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Oggi Conferenza UE sulla Siria, sostegno promesso ai tagliagole di Damasco

È stata convocata per oggi 17 marzo la nona Conferenza internazionale a sostegno della Siria. Organizzata da e a Bruxelles, quest’anno l’evento è stato anticipato di qualche mese, in virtù del nuovo scenario del paese seguito alla caduta di Assad e all’assunzione del potere da parte del HTS e di Al Jolani.

La motivazione propagandata dagli alti vertici europei è quella di raccogliere il sostegno internazionale per favorire “il buon esito della transizione“, come recita il titolo dell’evento ministeriale che verrà presieduto dall’Alta rappresentante per gli Esteri Kaja Kallas e dalle due Commissarie europee Dubravka Šuica e Hadja Lahbib.

Transizione che è stata raccontata dai media occidentali come la vittoria del popolo siriano sul regime di Assad, ma che con le violenze perpetrate negli scorsi giorni lungo la costa del paese contro le milizie baathiste e i civili di varie etnie e religioni ha mostrato il vero volto delle forze che hanno preso il controllo di Damasco.

L’accordo stretto tra l’HTS e l’Amministrazione Autonoma del Nord-Est ha permesso al governo di Al Jolani di tirare un attimo il fiato rispetto alla riconflagrazione del conflitto, che dimostra come, ad ogni modo, la situazione siriana sia tutt’altro che stabilizzata. La UE vuole subito approfittarne per giocare un ruolo geopolitico centrale sul Mediterraneo.

Alla conferenza di Bruxelles sono state invitate le autorità siriane ad interim, rappresentanti delle Nazioni Unite e degli stati confinanti con la Siria, nonché altri partner regionali. Al centro ci sarà la ricostruzione del paese, la sua ripresa socio-economica e gli aiuti umanitari che devono continuare ad arrivare.

Già lo scorso 24 febbraio era stata decisa la sospensione “graduale e reversibile” delle sanzioni poste su Damasco riguardo ad alcuni settori chiave quali energia, trasporti e transazioni bancarie. Il processo di cancellazione definitiva (per cui ieri ha intercesso la Turchia) di questi provvedimenti è stato formalmente collegato al rispetto di dettami democratici e dei diritti umani e civili.

La realtà, ovviamente, è ben diversa. Di fronte ai crimini commessi recentemente dai nuovi alleati, Kallas ha diramato un comunicato in cui ha condannato con fermezza gli attacchi delle milizie legate al precedente governo, mentre per quanto riguarda il massacro dei civili ha detto che solo “presumibilmente” sono responsabilità di forze legate alle autorità di transizione.

Il giorno dopo, 12 marzo, il Parlamento Europeo ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione che spinge i paesi UE ad aiutare nel processo di transizione e ricostruzione della Siria, anche usando gli assets di Assad congelati sul territorio comunitario. Il solito doppio standard occidentale che qui si presenta in maniera plastica.

Qualche violazione della narrazione democratica che l’ideologia UE vuole propinare può essere accettata se questo permetterà di ottenere una posizione di vantaggio nella competizione globale. Infatti, nella risoluzione si legge chiaro e tondo che l’appoggio o meno al governo di Al Jolani è legato più alle alleanze internazionali che al rispetto dei diritti umani e civili.

La UE “chiede a Damasco di porre fine alle alleanze storiche con Teheran e Mosca“, e lo scrive subito nella risoluzione, per mettere in chiaro quale sia la vera posta in gioco. L’obiettivo di Bruxelles è quello di mettere a segno un duro colpo rispetto al peso che Iran e Russia possono far valere sul Mediterraneo, e di trovare nella ricostruzione siriana un grande affare.

Un alto funzionario della UE ha detto ad Euronews che il sistema di aiuti umanitari si è basato fino ad oggi sulla UE e sugli Stati Uniti. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca, molti di questi sostegni sono stati tagliati o sospesi. Per Bruxelles significa l’opportunità di assumere un ruolo autonomo nell’area, e non vuole farselo scappare.

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