Il processo della deriva bellicista della UE viene da molto lontano. Quando si parla di riarmo, alcune voci si sono alzate contro questa politica come se fosse una novità, ma sono anni che le spese militari aumentano, anche se poi molti dei prodotti acquistati sono poi finiti sul fronte ucraino.
Ad ogni modo, oggi assistiamo a un cambio di passo sul tema della proiezione militare di Bruxelles, e uno degli strumenti individuati per sostenerlo è l’intervento della Banca Europea per gli Investimenti (BEI). Già l’anno scorso, in realtà, c’era stata un’importante modifica del regolamento di questo istituto.
Nel 2024, infatti, era stato ridotto il limite per cui il finanziamento di progetti dual use doveva portare a proventi derivanti per almeno il 50% da usi civili. Questa settimana verrà completamente cancellato, nel senso che la BEI investirà direttamente nel complesso militare-industriale perché “ce lo chiede l’Europa“.
Lo annuncia Gelsomina Vigliotti, vicepresidente della BEI dal 2021, in una intervista apparsa su La Repubblica il 18 marzo. L’economista italiana ha affermato che verrà chiesto al Consiglio di Amministrazione di “rimuovere il concetto di dual use, per investire in apparecchiature di alta tecnologia innovative e sostenere progetti di difesa e sicurezza“.
Alla domanda su quali progetti verranno finanziati, la Vigliotti fa un elenco da mettere i brividi: “basi e caserme militari, […] attrezzature, inclusi elicotteri e droni per la sorveglianza e il controllo delle frontiere, […] progetti legati alla sicurezza biologica e informatica, radar, spazio, sicurezza sottomarina, infrastrutture critiche“… l’intero set dell’economia di guerra.
Se oggi, al Consiglio di Amministrazione, passerà questa riforma – il se lo mettiamo per giustizia, ma la stessa Vigliotti lo dà per scontato -, uno dei primi progetti che verranno messi in cantiere è “la costruzione di una caserma per l’esercito tedesco in Lituania“. “Prima non si poteva fare“, dice l’economista, ma ora si prevede il raddoppio degli investimenti nel settore da qui al prossimo anno, passando da uno a due miliardi (erano 500 milioni lo scorso anno).
Vigliotti specifica che a beneficiarne potranno essere “amministrazioni pubbliche, grandi imprese, ma anche tutte le PMI e le startup che sono nella catena del valore dell’industria della difesa“. A riprova di come si vuole trasformare definitivamente l’intero modello di produzione in direzione del warfare.
La vicepresidente della BEI dice poi qualcosa di significativo: “al momento, il territorio UE non sta subendo attacchi, ma ad esempio i droni sono sicuramente necessari per la difesa delle frontiere“. Qui inserisce il tema per cui il tema della guerra e dello strangolamento che la gabbia unioneuropeista impone ai suoi popoli si riverserà anche sui migranti.
Coloro che cercano in Europa una vita migliore rispetto a quella che è loro riservata nella ‘giungla’ in cui su cui l’Unione Europea vuole proiettare le proprie mire imperialiste – il Mediterraneo allargato in primis -, si troveranno davanti una serie di strumenti e apparati pensati per la guerra: Frontex e i droni, appunto, ne sono un ottimo esempio.
Guerra interna ai lavoratori, guerra esterna al nemico di turno, e guerra a qualunque ‘esterno’ che non rispecchia la visione suprematista plasticamente osservata a Piazza del Popolo lo scorso 15 marzo. Ovviamente ringraziano i colossi di armi e armamenti: basti pensare che un importante attore del mercato dei droni è proprio Leonardo, in sinergia con la turca Baykar.
L’intervista si chiude chiedendo all’economista se “parlare di difesa non è più un tabù“, e lei risponde che ormai “il mondo è cambiato“. È infatti un mondo in cui la UE vuole definitivamente affermarsi come attore imperialista.
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