Chissà se i superpagati opinionisti un tanto al chilo, “prezzemolini” nei talk show o al seguito di qualche ministro più ignorante di loro, avrà dato un’occhiata a questa mini-inchiesta dell’americanissima Cnn.
Vi viene scritto più o men quello che anche da queste parti andiamo dicendo, grazie al contributo inestimabile di scienziati non asserviti che hanno messo le mani sul “dossier nucleare” iraniano. In pratica l’Iran non è affatto vicino a costruire una bomba atomica (ci perdonerete la terminologia non scientifica, come del resto fanno gli opinionisti un tanto al chilo) e tanto meno alla possibilità di “tirarla” su qualche altro paese.
La questione è ovviamente molto nota anche all’intelligence statunitense e israeliana (sono praticamente la stessa “azienda”), tanto che la neo-responsabile del “ramo” Usa, Tulsi Gabbard, ancora a marzo di quest’anno rassicurava tutti – a cominciare da The Donald.
Poi Israele ha deciso che invece il pericolo era “immediato”, Trump ha giocherellato col fuoco e l’iniziativa diplomatica, e l’attacco è partito. Privo anche di quello straccio di “giustificazione” che neanche un complice idiota può accettare: “ci sentivamo minacciati”.
Tutto inventato, tutto falso. L’unico cosa vera è la volontà illimitata dell’imperialismo occidentale a guida sionista-statunitense di azzerare qualsiasi realtà internazionale che non rientri nel proprio schema di conservazione dell’”egemonia”.
Le informazioni servono per prendere decisioni, certo. E in questo caso Israele e Stati Uniti, dopo aver avuto la certezza che Tehran non disponeva di armi nucleari, né le aveva in programma (per almeno qualche anno) hanno deciso che era meglio attaccare adesso. Si sono sentiti “più tranquilli”, altro che “minacciati”.
Ma anche con il vantaggio strategico di avere – Israele – l’atomica, le cose non stanno andando esattamente come previsto e “narrato” dai media sottomessi di casa nostra. E quindi prima di lasciarsi andare ad usarla, meglio “chiamare l’amico americano” e convincerlo in qualche modo a partecipare direttamente all’assalto (indirettamente lo stanno già facendo, visto che Tel Aviv non ha satelliti propri e quindi la “copertura” dei cieli in tempo reali viene fornita dal Pentagono).
Il problema è che lo yankee esitava. Inimicarsi tutto il mondo musulmano può diventare problematico (oltre due miliardi di persone e tanto petrolio), e anche dentro il cerchio magico “Maga” non erano pochi quelli che chiedevano “ma chi ce lo fa fare?”. Insomma riserve, dubbi, paure da superare…
Poi la svolta improvvisa. “Se devo partecipare a una guerra” – sembra si sia detto Trump – “allora è meglio che sembri una mia scelta, invece che un accodarsi a questa testa di cuoio senza un solo pensiero in testa che non sia genocida“.
Così assume il ruolo e le parole di Netanyahu, recitando la parte del “commander in chief“. Lui, che proprio oggi avrebbe dovuto far ricominciare la trattativa con Tehran, straparla di “resa incondizionata” (un concetto molto sintatico del “dialogo”…), “abbiamo il controllo dei cieli” (ma è arrivato almeno terzo, dopo “Bibi” e il ministro della difesa Katz), “sappiamo dov’è Khamenei, si arrenda” (come se un quasi novantenne, per di più religioso, fosse spaventabile con le minacce di morte..). Manca solo il “mi piace l’odore del napalm la mattina” e Apocalipse Now è qui.
Tutti “messaggini” postati su Truth, un social personale che viene seguito solo dai diretti interessati a capire con quale velocità cambia la politica complessiva dell’amministrazione Usa. Non si sa, insomma, se queste parole in libertà corrispondano ad iniziative concrete (la portaerei Nimitz si è avvicinata al Medio Oriente, ma è un ferrovecchio di 50 anni fa che tra qualche mese si avvierà alla “pensione”, pronto ad ospitare scolaresche in gita).
Sembra probabile una partecipazione più evidente allo “scudo anti-missile” di Tel Aviv, che è stato bucato un discreto numero di volte. Ma è probabile anche una partecipazione diretta ai bombardamenti sui siti nucleari (satelliti, intelligence e contraerea erano già a disposizione).
Del resto, se hai nominato un pastore evangelico come ambasciatore USA in Israele, tale Mike Huckabee, capace di scrivere: “Il presidente è stato scelto da Dio proprio per questo momento, come Truman nel 1945” (l’unico che abbia ordinato di usare l’atomica, su Hiroshima e Nagasaki), è evidente che Netanyahu ti sta chiedendo di sganciare una testata nucleare su Tehran. Senza doverlo fare in proprio…
Magari non servirà spararla, ma certo come “pressione” non è da poco…
Una sola cosa è chiara: l’ordine internazionale creato nel secondo dopoguerra è morto e sepolto. Ogni logica “legale” anche nei rapporti tra gli Stati è cancellata. Ogni “trattativa” è ridotta a “fare questo sennò vi ammazzo” (e magari dopo vi ammazzo lo stesso).
Vige solo il diritto del più forte. Che sembra ottimo quando ti senti forte e in forma, ma non dura mai per sempre.
Specie se quell’ordine che tu stesso vai distruggendo è stato il pilastro su cui hai potuto esercitare l’egemonia per 80 anni…
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Israele afferma che l’Iran era vicino a ottenere un’arma nucleare. L’intelligence USA dice che mancavano anni
Katie Bo Lillis – Zachary Cohen, CNN
Quando Israele ha lanciato la serie di attacchi contro l’Iran la scorsa settimana, ha anche emesso una serie di gravi avvertimenti sul programma nucleare iraniano, suggerendo che Teheran si stesse avvicinando rapidamente a un punto di non ritorno nella sua corsa alle armi atomiche e che i raid fossero necessari per prevenire quell’esito.
Tuttavia, le valutazioni dell’intelligence statunitense erano giunte a una conclusione diversa: non solo l’Iran non stava perseguendo attivamente un’arma nucleare, ma era anche distante almeno tre anni dalla capacità di produrne una e consegnarla a un obiettivo a sua scelta, secondo almeno quattro fonti a conoscenza della valutazione.
Un altro alto funzionario americano ha dichiarato alla CNN che l’Iran è “praticamente al limite prima della costruzione (di un’arma nucleare). Se volessero averne una, hanno già tutto il necessario“.
Ora, dopo giorni di attacchi aerei israeliani, i funzionari dell’intelligence USA ritengono che, finora, Israele possa aver rallentato il programma nucleare iraniano solo di qualche mese, secondo una delle fonti, un funzionario americano. Nonostante Israele abbia inflitto danni significativi alla struttura di Natanz, dove si trovano le centrifughe necessarie per arricchire l’uranio, un secondo sito di arricchimento pesantemente fortificato, Fordow, è rimasto praticamente intatto.
Gli esperti di difesa affermano che Israele non ha la capacità di colpire Fordow senza armi specifiche e supporto aereo statunitense.
“Israele può sorvolare quelle strutture nucleari e renderle inoperative, ma se vuoi davvero smantellarle, serve un attacco militare americano o un accordo“, ha detto Brett McGurk, ex alto diplomatico per il Medio Oriente durante le amministrazioni Trump e Biden e analista della CNN.
Ciò solleva un dilemma chiave per l’amministrazione Trump, che sta cercando di evitare di rimanere coinvolta in una guerra costosa e complessa in Medio Oriente.
Sebbene il presidente Donald Trump abbia chiarito di non voler coinvolgere gli USA negli sforzi di Israele per distruggere l’infrastruttura nucleare iraniana, l’amministrazione riconosce che l’unico modo in cui Israele può annientare il programma nucleare iraniano è con l’assistenza militare americana, hanno riferito fonti alla CNN nel fine settimana – in particolare, con bombe USA in grado di colpire strutture sotterranee e i bombardieri B-2 che le trasportano.
È una situazione delicata che ha portato a dibattiti tra i consiglieri più isolazionisti del presidente e alcuni degli alleati repubblicani più falchi di Trump – oltre a qualche esitazione dello stesso presidente.
“Non siamo coinvolti. Potremmo esserlo, ma al momento non lo siamo“, ha detto Trump alla ABC News domenica mattina.
Trump, parlando dal vertice del G7 in Canada lunedì, ha esortato Israele e Iran ad avviare trattative “prima che sia troppo tardi”.
Il Comando Centrale degli Stati Uniti (CENTCOM), responsabile delle operazioni militari americane in Medio Oriente, ha mostrato una maggiore urgenza rispetto alla comunità dell’intelligence civile riguardo alla corsa iraniana al nucleare.
In preparazione all’ultimo attacco israeliano, il CENTCOM aveva sostenuto una tempistica più pessimista, ritenendo che l’Iran potesse ottenere un’arma nucleare utilizzabile più rapidamente se avesse accelerato verso quell’obiettivo, secondo una fonte informata sulle discussioni.
Nelle ultime settimane, alcuni leader militari USA, tra cui il generale Michael Kurilla, capo del CENTCOM, hanno richiesto più risorse per difendere e sostenere Israele mentre continua a scambiare colpi con l’Iran – anche se non per aiutarlo in attacchi offensivi.
“[Kurilla] vorrebbe essere preparato per la peggiore eventualità“, ha detto una fonte a conoscenza della questione, riferendosi alla sua spinta per posizionare risorse USA in Medio Oriente a sostegno di Israele.
Gli Stati Uniti stanno riorganizzando le forze nella regione mentre il conflitto si intensifica, per proteggere i propri militari e, se necessario, difendere Israele.
Lunedì, un funzionario USA ha dichiarato alla CNN che il gruppo di attacco della portaerei USS Nimitz si sta spostando in Medio Oriente “senza ritardi“.
Alcune risorse navali americane in grado di difendersi da missili balistici, già presenti in Medio Oriente, dovrebbero spostarsi nel Mediterraneo orientale “nei prossimi giorni“, ha aggiunto il funzionario. Due navi della Marina USA hanno intercettato missili in difesa di Israele almeno due volte nel fine settimana, ha detto.
Stessa intelligence, conclusioni diverse
I funzionari militari e dell’intelligence USA hanno da tempo affermato che Stati Uniti e Israele spesso divergono su come interpretare le informazioni sul programma nucleare iraniano, nonostante le condividano strettamente.
Il direttore dell’intelligence nazionale sotto Trump, Tulsi Gabbard, ha testimoniato a marzo che la comunità dell’intelligence americana “continua a valutare che l’Iran non stia costruendo un’arma nucleare e che la Guida Suprema Khamenei non abbia autorizzato un programma per armi nucleari, sospeso nel 2003“.
Trump, interrogato su quanto fosse vicino l’Iran a ottenere un’arma nucleare, alla luce della testimonianza di Gabbard di pochi mesi prima, ha detto ai giornalisti sull’Air Force One martedì mattina: “Molto vicino“.
Quando gli è stato fatto notare che Gabbard aveva specificamente testimoniato il contrario, Trump ha risposto: “Non mi interessa cosa ha detto. Penso che fossero molto vicini ad averla“.
Gabbard ha insistito martedì che non c’era discrepanza tra la valutazione di Trump e la sua precedente affermazione che l’Iran non stesse costruendo un’arma nucleare.
“Il presidente Trump ha detto la stessa cosa che ho detto io nella mia valutazione annuale delle minacce a marzo“, ha detto Gabbard ai giornalisti arrivando al Campidoglio martedì per un’audizione davanti alla commissione bilancio del Senato.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, intervistato domenica da Fox News, è stato pressato sul perché l’intelligence israeliana differisse dalla testimonianza di Gabbard al Congresso.
Alla domanda se qualcosa fosse cambiato tra fine marzo e questa settimana e se l’intelligence USA si fosse sbagliata, Netanyahu ha risposto: “Le informazioni che abbiamo ottenuto e condiviso con gli Stati Uniti erano assolutamente chiare: stavano lavorando a un piano segreto per militarizzare l’uranio. Stavano avanzando molto rapidamente“.
L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (AIEA), il principale organismo di controllo internazionale, la scorsa settimana ha dichiarato che l’Iran aveva accumulato abbastanza uranio arricchito a livelli appena inferiori a quelli per uso militare da poter produrre potenzialmente nove bombe atomiche, definendolo “un motivo di seria preoccupazione“.
La sfida per l’Iran non è solo produrre un’arma nucleare rudimentale – cosa che, secondo gli esperti, potrebbe fare in pochi mesi se lo decidesse – ma anche sviluppare un sistema di lancio funzionante, che richiederebbe molto più tempo.
Mentre i funzionari dell’intelligence USA – e l’AIEA – lavorano per valutare i danni inflitti da Israele all’infrastruttura nucleare iraniana, c’è il timore che il blitz possa spingere l’Iran a fare ciò che, secondo i funzionari USA, finora non aveva fatto: perseguire la militarizzazione.
Ma, ha detto una fonte a conoscenza delle ultime informazioni, “l’Iran è sotto choc. Non è sicuro che abbiano ancora la capacità o l’esperienza per farlo“.
La struttura iraniana fortificata per l’arricchimento
Israele non ha ancora danneggiato seriamente quella che forse è la fortezza più impenetrabile del programma nucleare iraniano: Fordow, un impianto di arricchimento sepolto in profondità sotto una montagna.
“Tutto si riduce a una domanda: Fordow, Fordow, Fordow“, ha detto McGurk a Wolf Blitzer della CNN lunedì.
“Quella è una struttura che gli Stati Uniti possono distruggere. Gli israeliani avrebbero molte difficoltà a farlo. Se tutto questo finisce con Fordow intatto, potresti ritrovarti con un problema peggiore“, ha aggiunto McGurk. “Potresti ritrovarti con un Iran più incline a costruire un’arma nucleare, con quell’infrastruttura ancora operativa“.
Trump e la sua amministrazione hanno sostenuto che una soluzione diplomatica potrebbe ancora concretizzarsi. Ma l’Iran ha comunicato a Qatar e Oman che non negozierà mentre è sotto attacco da parte di Israele, ha detto un diplomatico regionale alla CNN, e Israele non ha segnalato una fine imminente dell’operazione.
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Pasquale
Il raggruppamento BRICS con la continua adesione di nuovi stati, proprio l’Iran è uno degli ultimi, comincia davvero a far paura all’egemonia giudaico-americana.