Sullo sciopero convocato della Cgil per il prossimo 6 maggio, Leonardi glissa con eleganza, “Siamo una organizzazione sindacale indipendente e non commentiamo quanto fanno altre organizzazioni. Quando abbiamo convocato lo sciopero è perché siamo consapevoli della pesante situazione economica e sociale e vogliamo mettere in campo tutte le lotte che oggi sono in corso nel paese”. E non solo nel nostro paese. “Abbiamo convocato lo sciopero per l’11 marzo perché è alla vigilia del vertice dell’Unione Europea che introdurrà misure economico-sociale pesantissime contro i lavoratori e i settori popolari”.
Il modello Marchionne esclude dalla rappresentanza sindacale i sindacati che non si piegano agli accordi avanzati dalle controparti. E’ una novità?
“In realtà questo è sempre avvenuto” afferma Leonardi “se andiamo a vedere le piattaforme dei nostri scioperi negli anni scorsi, il nodo della democrazia sindacale è stato sempre presente perché i sindacati di base sono stati sistematicamente discriminati”. Il problema è che c’è stata una complicità profonda anche dei settori della sinistra Cgil che nel 1995 vollero per forza introdurre un referendum per una legge sulla rappresentanza che estromettesse i sindacati conflittuali e impedisse ai sindacati di base di crescere. Marchionne, in una condizione resa diversa dal contesto della competzione globale, ha colto i frutti di quella logica e di quel referendum”.
“Non è possibile immaginare che il conflitto sociale venga espulso dai posti di lavoro. Su questo insieme al Forum Diritti/Lavoro abbiamo avanzato una proposta di legge sulla rappresentanza sindacale democratica che intendiamo discutere con tutti”.
Ma oggi lo sciopero generale riesce effettivamente ad essere l’azione che blocca un paese e costringe la controparte a trattare?
“Ormai ci sono migliaia e migliaia di lavoratori espulsi dal posto di lavoro o sparpagliati in condizioni di frammentazione, ricatto, precarietà. Bloccare il paese è diventato estremamente difficile. Per questo parliamo e puntiamo allo sciopero generalizzato. Su questo abbiamo fatto l’esperienza importantissima dello sciopero generale regionale del 25 novembre insieme ai movimenti sociali sulla casa, l’ambiente, il territorio, il reddito che ha avuto un enorme impatto e ottimi risultati anche in termini di tavoli negoziali”.
Ma perché c’è di nuovo l’oscuramento mediatico sugli scioperi dei sindacati di base?
“Chiunque apra il sito dell’USB vede che c’è una valanga di iniziative di preparazione dello sciopero e nella rassegna stampa ci sono moltissimi articoli dei giornali locali: Il problema è che le grandi catene mediatiche concordano politicamente sul patto sociale e la concertazione. Rendere visibile che esiste una alternativa a questo sarebbe per loro molto controproducente”.
Tutti i dati – dalla Banca d’Italia ad altri centri studi – denunciano il crollo del potere d’acquisto di salari e pensioni e il peggioramento delle condizioni di vita. Voi cosa proponete?
“Pienamente consapevoli di questo non ci stiamo muovendo solo sul piano salariale. Abbiamo in campo una proposta di legge di iniziativa popolare che, proprio partendo dalla questione fiscale ogi del tutto squilibrata a danno del lavoro dipendente, intende difendere i salari e i redditi di lavoro, inclusi gli sgravi fiscali per chi ha tenuto il TFR in azienda invece di consegnarlo ai fondi pensione privati (come sostengono Cgil Cisl Uil). I veri poveri. i cosiddetti incapienti, non possono neanche usufruire oggi degli sgravi fiscali perché hanno un reddito troppo basso.
Quindi su rappresentanza sindacale democratica e sulla questione fiscale e della difesa dei redditi da lavoro siamo andati oltre la dimensione esclusivamente sindacale della nostra azione.
L’USB dà a tutti appuntamento domani alle 9.30 a piazza della Repubblica per una manifestazione nazionale che si concluderà a Piazza Navona.
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