Fatta dalle associazioni imprenditoriali, benedetta dal governo (formalmente “neutro”, ma pronto a mettere un miliardo per incentivare i “salari di produttività”, in pratica la detassazione degli straordinari…), “accettata” dai sindacati più complici d’Europa (Cisl e Uil), sofferta dalla Cgil che pure aveva chiesto una sola cosa in cambio: dar corpo al non glorioso “accordo del 28 giugno 2011” in tema di rappresentanza sindacale certificata. Di fatto, la riammissione della Fiom al tavolo in corso per il rinnovo del contratto.
La firma verrà apposta “in modalità digitale”, che sembra una ficata tecnologica ma signifcia semplicemente che le parti non sentono neppure più la necessità di incontrarsi per siglare l’intesa finale: il testo imposto è quello, “chi vuole firmare” lo farà con una mail.
E’ la fine di ogni finzione di “contrattazione”, anche dal punto di vista procedurale.
Nel merito, si tratta della cancellazione del contratto nazionale di lavoro, consegnando alle imprese di fare quasi soltanto i contratti aziendali (là dove esistono, ovvero dove l’impresa ha dimensioni minime almeno superiori ai 50 dipendenti, ma in genere di più). Livelli salariali, inquadramento professionale, organizzazione del lavoro, mansioni… nulla sarà più deciso a livello nazionale, tutto in sede di impresa. Dove la trappola del “sindacato riconosciuto dal padrone” e non dai lavoratori è più che una possibilità (prepariamoci alla più incredibile proliferazione di sigle che si sia mai vista).
È il punto di arrivo di un lungo percorso di smantellamento dei capisaldi contrattuali e legislativi conquistati dal movimento operaio tra la fine degli anni ’60 e la metà dei ’70. Da oggi in poi fare sindacato sarà un altro mestiere. Per i “complici” l’attività si ridurrà di molto: niente più assemblee, niente più referendum, niente più lavoro per conquistare tessere. Solo chiacchierate con gli imprenditori, stesura di comunicati che dipingono un disastro come un successo (ma esiste una vasta letteratura, ormai, da cui fare il copia-e-incolla); le tessere saranno obbligatorie per l’assunzione (come all’Ilva di Taranto, magari, dove prima ti iscrivi alla Uil e poi, forse, ti prendono in fabbrica), ma per essere licenziati dopo gli altri, non per essere “rappresentati” davanti al padrone.
Cambia naturalmente anche per i sindacati conflittuali. Non è la messa fuori legge, ma quasi. Fare attività sarà dovunque una battaglia e un rischio, anche nel pubblico impiego. Servirà molta più scienza e coscienza di prima, e non si potrà sedere sugli (là dove sono stati conquistati) allori.
Finisce la lotta di classe finta, “concertativa” e del “volemose bene”. Ricomincia quella vera. Nelle peggiori condizioni di sempre, dalla caduta del fascismo in poi.
Qui di seguito vi proponiamo dei riassunti giornalistici visti dal lato delle imprese (Giorgio Pogliotti, su IlSole24Ore) e il testo “da firmare in digitale”.
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Battuta d’arresto per il Governo dalla retromarcia notturna sulla detassazione della produttività: la Commissione Bilancio della Camera nel varare la legge di stabilità (appare scontata martedì la fiducia in Aula) ha ridotto a 950 milioni la dote per il fondo di produttività nel 2013, destinando 250 milioni agli interventi anti-alluvioni degli ultimi giorni.
Il Governo ha dovuto anche incassare lo sblocco del turn over del comparto sicurezza: possibili assunzioni «in deroga» per una spesa di 100 milioni. Tra le altre novità, aumentano le detrazioni Irpef per i figli a carico. Resta ancora aperto il «nodo» dell’Irap: sarà il Senato a decidere come utilizzare le risorse disponibili.
Produttività, primi sì all’accordo
di Giorgio Pogliotti
Al documento sulla produttività arriva l’adesione formale di Cisl e Ugl (che era fuori dal tavolo), mentre la Uil riunirà la segreteria domani per decidere. Quanto alla Cgil, ha scelto di non pronunciarsi sul testo ricevuto venerdì sera, anche se dopo le critiche contenute nella lettera inviata alle imprese dal segretario generale, Susanna Camusso, sembrerebbe propensa a non firmare.
L’accordo fa crescere il peso della contrattazione aziendale, che potrà distribuire quote di aumenti contrattuali individuate dai contratti nazionali in occasione dei rinnovi, legandoli al raggiungimento di obiettivi di incremento della produttività, per beneficiare della tassazione agevolata al 10%. Raffaele Bonanni ieri ha spiegato le ragioni del «sì» della Cisl, sottolineando che il documento con le linee programmatiche per la crescita della produttività è «pienamente in linea e coerente con quanto è stato definito nella lunga e complessa trattativa tra le associazioni imprenditoriali ed i sindacati». Per il leader della Cisl l’accordo, oltre a rappresentare «un’iniezione di fiducia ed un segnale positivo per il Paese», è «sicuramente l’inizio di una nuova stagione di relazioni sindacali» che «porterà benefici complessivi al sistema economico e alle buste paga dei lavoratori attraverso la detassazione del secondo livello di contrattazione, legata agli aumenti di produttività». Le parti sociali, secondo Bonanni, «hanno saputo trovare una sintesi responsabile», l’auspicio è che «venga colta positivamente dalle istituzioni, dalle forze politiche e parlamentari». Il documento, infatti, la prossima settimana sarà consegnato al Governo che si pronuncerà sul contenuto, in vista della promulgazione del Dpcm – da varare entro il 15 gennaio –, che dovrà indicare i criteri per beneficiare delle risorse della legge di stabilità (2,150 miliardi per il triennio 2013-2015) destinate agli accordi di produttività, con l’obiettivo di evitare una distribuzione a pioggia. In attesa del pronunciamento di Uil e Cgil, la partita è ancora aperta. Dopo l’ok della Cisl, il presidente di Rete Imprese Italia, Giorgio Guerrini, annuncia che si chiude entro mercoledì: «c’è una sostanziale adesione da parte della Uil – ha dichiarato –, anche se si fa passare un fine settimana in attesa, ma difficilmente è ipotizzabile un ripensamento della Cgil. La lettera inviata da Camusso sintetizza in maniera molto chiara la loro posizione. Voler approfittare di questa iniziativa per reinserire la cosa che sta più a cuore a Cgil, cioè riportare la Fiom al tavolo del contratto dei metalmeccanici, è impossibile da mantenere». Guerrini considera il documento «una buona piattaforma per la prossima stagione contrattuale», sottolinea le «concessioni al sindacato come in una normale trattativa rispetto al testo iniziale» di Reteimprese, Ania, Abi e Alleanza coop che «era francamente più innovativo». Il riferimento è alle modifiche che hanno cancellato dal documento il superamento degli automatismi contrattuali, eliminando anche la griglia di 5 criteri per gli accordi di produttività: tra questi, il demansionamento, recepito sotto la voce “equivalenza delle mansioni” nel testo finale che affida la materia alla contrattazione da recepire poi dal legislatore. Sulla conclusione unitaria Guerrini dice «mai dire mai» e avverte: chi «si mette distante sovrapponendo altre questioni si assumerà la propria responsabilità».
Più salario aziendale, prestazioni più flessibili
di Giorgio Pogliotti
Una lunga premessa “politica” per chiedere al Governo di rendere strutturale la detassazione del salario di produttività, e di applicarla ai redditi da lavoro dipendente fino a 40mila euro lordi annui (oggi il tetto è di 30mila euro), a vantaggio di tutti quegli impiegati e operai attualmente esclusi dal beneficio.
Con quest’ultima novità il documento per rilanciare la produttività sarà inviato al Governo che nel Ddl Stabilità ha confermato complessivamente 2,150 miliardi di euro per il 2013-2015. La struttura del documento con le linee programmatiche è piuttosto articolata, in 10 pagine si evidenziano 7 temi chiave legati alla produttività del lavoro. Sempre la premessa contiene un’altra richiesta al Governo, affinché venga data «compiuta applicazione» alla legge 247 del 2007, nota anche come il Protocollo del Governo Prodi con le parti sociali, che prevede lo sgravio contributivo per incentivare la contrattazione collettiva di secondo livello fino al limite del 5% della retribuzione contrattuale percepita.
Più nel dettaglio, il primo punto del documento contiene le «considerazioni introduttive» in cui viene ricordato come in Italia ci sia una bassa crescita della produttività che rende le aziende meno competitive. In quest’ottica, si chiede al Governo di attuare «una riforma strutturale» del sistema fiscale, per ridurre la tassazione che grava sul lavoro e sulle imprese. Il “cuore” del documento è rappresentato dal secondo punto, dove vengono richiamati i principi a cui dovranno indirizzarsi le relazioni industriali, e il ruolo di garanzia dei trattamenti economici-normativi comuni per tutti i lavoratori svolto dal Ccnl che – importante novità – potrà rinviare al contratto di secondo livello la distribuzione di quote di salario destinato ad incrementi di produttività. Nel terzo punto si affronta invece il nodo della “rappresentanza”, stabilendo la scadenza del 31 dicembre 2012 per attuare le nuove regole di misurazione fissate dall’accordo del 28 giugno 2011. Il quarto punto riguarda il tema della «partecipazione dei lavoratori nell’impresa», con la richiesta al Governo di avviare un approfondito confronto con le parti sociali prima dell’esercizio della delega. La «formazione» è oggetto del quinto punto; si punta a valorizzare i fondi interprofessionali per favorire la ricollocazione di cassintegrati e lavoratori in mobilità. Mentre al punto 6 si chiede al Governo la definizione di una cornice normativa per favorire la «solidarietà intergenerazionale» tra lavoratori anziani e giovani, garantendo un’adeguata copertura contributiva. L’ultimo punto affida alla contrattazione collettiva alcune materie – come l’equivalenza delle mansioni, la flessibilità degli orari di lavoro, l’introduzione di nuove tecnologie – oggi regolate in maniera prevalente o esclusiva dalla legge, per ridurre le rigidità senza ledere i diritti dei lavoratori. Nel rating assegnato dal «Sole 24 Ore» a queste misure si considera esclusivamente l’impatto sulla crescita della produttività del lavoro.
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