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Il nuovo record della vergogna: disoccupazione giovanile al 37,1%

A novembre 2012 gli occupati sono 22 milioni 873 mila, e risultano in diminuzione dello 0,2% sia rispetto a ottobre (-42 mila) sia su base annua (-37 mila).

Ma questa cifra risulta contenuta solo grazie al ricorso massiccio alla cassa integrazione (oltre un miliarfdo di ore, nel 2012), che consente di far figurare il lavoratore come ancora formalmente occupato.

Anche il numero di disoccupati, pari a 2 milioni 870 mila, registra un lieve calo (-2 mila) rispetto a ottobre. La diminuzione della disoccupazione riguarda la sola componente femminile. Su base annua la disoccupazione cresce invece del 21,4% (+507 mila unità).

Il tasso di disoccupazione si attesta pertanto all’11,1%, invariato rispetto a ottobre e in aumento di 1,8 punti percentuali nei dodici mesi. Anche in questa percentuale ha un grosso ruolo la cassa integrazione, che attenua gli effettti reddituali (e statistici) della perdita del lavoro. ma bisognerà vedere, da quest’anno in poi, gli effetti della “riforma Fornero” degli ammortizzatori sociali, che ha conservato soltanto la casa integrazione ordinaria (in casi di crisi aziendale per motivi eccezionali, come un’allubione o un terremoto), cancellando la straordinaria e quella in deroga; nonché la riduzione del periodo coperto dalla “mobilità”, oraassimilata all’assegno di disoccupazione (Aspi).

Tra i 15-24enni le persone in cerca di lavoro sono 641 mila e rappresentano il 10,6% della popolazione in questa fascia d’età. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero l’incidenza dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 37,1%, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 5,0 punti nel confronto con l’anno precedente. Un 5% in più totalmente da attribuire al duo Fornero-Monti, insomma. Oltre che alle “nostre” imprese in fuga verso paesi ancora più low cost del nostro.

Il numero di persone “inattive” tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,3% rispetto al mese precedente (+39 mila unità). Il tasso di inattività si attesta al 36,1%, in crescita di 0,1 punti percentuali in termini congiunturali e in diminuzione di 1,2 punti su base annua. Anche questo è un dato importante, perché segna un’inversione di tendenza. Fin qui, infatti, gli “inattivi” risultavano quasi sempre in diminuzione, perché il numero degli “anziani” che andava in pensione era sempre più alto di quello dei giovani che entravano nell’età lavorativa. Ora un’altra “riforma Fornero”, quella delle pensioni, ha allungato drasticamente l’età pensionabile; e quindi gli “anziani” non possono più lasciare il lavoro. E i giovani (quel 5% in più di disoccupati grida vendetta…) non possono entrare.

Il rapporto Istat completo:

Le serie storiche: xls201211_serie_storiche.xls

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