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Forum diritti lavoro. Oggi in piazza contro l’accordo incostituzionale

Dichiarato incostituzionale l’art.19 della legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori). Il Forum Diritti Lavoro ritiene superato l’accordo del 31 maggio, serve invece una legge democratica sulla rappresentanza sindacale. Confermata l’assemblea pubblica di oggi, 4 luglio, alle 17.30 in Piazza SS Apostoli.

La pronunzia della Corte Costituzionale che dichiara l’incostituzionalità dell’art. 19 dello Statuto dei Lavoratori rende indifferibile l’approvazione di una legge sulla democrazia nei luoghi di lavoro che stabilisca criteri certi per misurare l’effettiva rappresentatività delle diverse organizzazioni sindacali, che attribuisca la concreta agibilità e la titolarità della contrattazione alle sigle rappresentative e che non subordini il godimento dei diritti sindacali alla sottoscrizione dei contratti collettivi.

La sentenza della Corte rende ormai superato l’accordo tra Confindustria e CGIL, CISL e UIL  del 31 maggio, per il quale la possibilità di esercitare i diritti sindacali era condizionato alla sottoscrizione degli accordi ed alla rinunzia allo sciopero.

Il  Forum Diritti Lavoro – anche alla luce della sentenza della Corte – invita tutti a partecipare alla manifestazione di oggi a Roma, Piazza Santi Apostoli ore 17,30, indetta per ottenere l’approvazione di una legge su rappresentatività e rappresentanza sindacale.

Saranno presenti esponenti del sindacalismo conflittuale sia di base (tra i  molti altri Leonardi di Usb, Bernocchi dei Cobas) che interno alla  CGIL (ad esempio Giorgio Cremaschi e Sergio Bellavita). Hanno altresì  dato la propria adesione all’iniziativa giuristi ed economisti (tra  cui Antonio Di Stasi, Alberto Lucarelli, Ugo Mattei, Guido Viale, Maria Grazia Campari ecc.), ed hanno annunciato la propria presenza alcuni  parlamentari del Movimento 5 Stelle.

 * Forum Diritti Lavoro               

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CORTE COSTITUZIONALE SU ARTICOLO 19 Legge 300/70

USB: UNA SENTENZA IMPORTANTE CHE OBBLIGA AD UNA LEGGE DEMOCRATICA

La sentenza della Corte Costituzionale sulla costituzionalità dell’Articolo 19 dello Statuto dei lavoratori come modificato dal Referendum del 1995 rende inservibile l’accordo sulla rappresentanza del 31 maggio scorso e rende improcrastinabile la riassunzione da parte del Parlamento delle proprie prerogative legislative anche sulle materie che riguardano la democrazia nei luoghi di lavoro.

La sentenza, pur importante perché dichiara illegittima la previsione che assegna ai soli firmatari di contratti la possibilità di costituire proprie Rappresentanze Sindacali  Aziendali, non definisce i criteri per l individuazione delle organizzazioni da ammettere ai tavoli negoziali, continuando così ad attribuire al padronato la facoltà di scegliersi i propri interlocutori.

La USB sottolinea che proprio grazie all’approvazione del referendum parziale sul l’articolo 19 voluto e sostenuto dalla sinistra sindacale dell’epoca, di cui la FIOM rappresentava la spina dorsale, tutto il sindacalismo di base e’ stato espulso dai tavoli negoziali e ha subito un ostracismo totale per anni nel più totale silenzio anche di chi oggi, avendo subito un trattamento analogo da parte della Fiat, parla di ritorno della Costituzione nei luoghi di lavoro. L’assenza della Carta Costituzionale nei precedenti 18 anni non ha mai prodotto il minimo fremito da parte di chi, come la FIOM, oggi la invoca mentre si girava dall’altra parte quando a subirne l’assenza erano le organizzazioni sindacali conflittuali e di base.

La USB, auspicando che le motivazioni estese dalla sentenza della Corte prevedano anche la necessità di una legge che finalmente regoli la rappresentanza e la rappresentatività nei luoghi di lavoro, continua la sua battaglia contro l’accordo di privatizzazione della rappresentanza raggiunto il 31 maggio tra CGIL, CISL, UIL e Confindustra e per ottenere una legge democratica e pluralista che restituisca alle lavoratrici e ai lavoratori i diritti democratici nei luoghi di lavoro.

Oggi 4 luglio alle ore 17,30

Piazza SS. Apostoli

ASSEMBLEA PUBBLICA CONTRO L’ACCORDO DELLA VERGOGNA                                               

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