Migliaia di ungheresi hanno manifestato domenica 16 dicembre a Budapest contro una nuova legge sul lavoro e contro il governo del primo ministro nazionalista, Viktor Orban, che considerano sempre più autoritario. L’evento, soprannominato “Buon Natale, Signor Primo Ministro” dagli organizzatori, è stata la quarta mobilitazione in una settimana contro il governo Orban. È stato organizzato dall’opposizione di sinistra, gruppi di studenti e cittadini.
Un eveto senza precedenti da quando il signor Orban è tornato al potere nel 2010; tutti i partiti di opposizione, dai Verdi all’estrema destra, inclusi i Socialisti ei Liberali, hanno marciato sotto la stessa bandiera.
I manifestanti, circa 15.000 secondo le stime della stampa, hanno sventolato bandiere ungheresi e bandiere dell’Unione europea. Hanno marciato nel freddo glaciale della Piazza dei Grandi Eroi verso il Parlamento, sventolando striscioni con la scritta “Non rubare” o “Tribunali indipendenti”.
I raduni si sono svolti anche nelle province, tra cui Szeged, il cui sindaco socialista ha chiesto alle compagnie del paese di boicottare la legge sul lavoro.
“Il malcontento sta crescendo”, ha detto Andi, 26 anni, uno studente di sociologia a Budapest. “Hanno approvato questa settimana due leggi che (…) non serviranno gli interessi del popolo ungherese.”
La nuova legge sul lavoro consente ai datori di lavoro di richiedere fino a 400 ore di straordinario obbligatorio all’anno. I critici lo hanno descritto come una “legge degli schiavi”. Il governo ha anche approvato una legge che istituisce nuovi tribunali amministrativi con giurisdizione su questioni delicate come la legge elettorale, le manifestazioni e la corruzione.
Oltre alla legge sul lavoro, i manifestanti hanno anche chiesto l’abrogazione di un’altra legge approvata mercoledì, che crea giurisdizioni specifiche per questioni delicate come appalti pubblici o controversie elettorali, alimentando così il timore di minare l’indipendenza di giustizia.
I manifestanti hanno anche chiesto l’indipendenza e l’obiettività dei media pubblici, così come l’adesione dell’Ungheria alla Procura europea, rifiutata da Budapest.
Fonte: Le Monde
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