Stiamo seguendo con attenzione e preoccupazione quanto avviene negli stabilimenti Stellantis a livello nazionale e internazionale. Una fusione quella tra PSA e FCA salutata positivamente da Governi e sindacati legati alla CES, come CGIL, CISL e UIL.
In realtà, come era prevedibile, Stellantis ha avviato una pesante ristrutturazione di dimensioni internazionali, con una progressione e un’intensità diversificata a seconda degli stabilimenti dei 14 marchi inghiottiti dal neonato gruppo automobilistico.
Dai diversi paesi, infatti arrivano conferme sul taglio dei costi, di chiusure e de-localizzazioni, accorpamenti di produzioni, di logistica e centri di ricerca, ma la prima voce riguarda l’attacco al lavoro operaio con i licenziamenti del personale in primis interinali e ditte esterne.
In occasione della sua visita in Italia il CEO Carlos Tavares aveva dichiarato che i costi di produzione nei siti italiani sono più alti di quelli altri paesi, ignorando che i salari in Italia sono fermi da 20 anni e che il grosso dei dipendenti FCA sono in Cassa Integrazione.
Tuttavia, Tavares con quella affermazione ha volutamente ignorato le differenze economiche, fiscali e contrattuali presenti nei diversi paesi, l’obiettivo è dare legittimità alla competizione tra i lavoratori dei siti a livello nazionale e continentale.
Una conferma in questo senso arriva da un comunicato di lotta della CGT di Vesoul, in Francia, in cui si denuncia la decisione di Stellantis – PSA di licenziare lavoratori interinali per sostituirli con personale interno proveniente dai siti francesi di Mulhouse, Sochaux, a cui si aggiungono circa 200 lavoratori provenienti da Melfi e Cassino.
Giustamente i compagni della CGT di Vesoul parlano di Nomadismo salariale per denunciare che dall’Italia si spostano oggi in Francia, domani chissà dove, lavoratori in CIG.
Era già successo con gli operai di Gliwice, Polonia, chiamati ad assemblare furgoni alla Sevel di Atessa, in sostituzione di molti lavoratori somministrati e in appalto.
È illuminante sapere che lo stabilimento di Atessa per il 2021, prima della crisi dei semiconduttori aveva come obiettivo la produzione di 300.000 veicoli, ossia 100.000 furgoni in più rispetto al 2016, con 380 lavoratori a tempo indeterminato in meno e con oltre 400 lavoratori flessibili già licenziati a cui si aggiungono altri 400 che a breve rischiano di non essere confermati.
Siamo di fronte ad una politica padronale spregiudicata che sistematicamente attacca il lavoro operaio utilizzando il dumping salariale e la flessibilità su scala interna e sovrannazionale.
Il settore auto e il gruppo Stellantis si stanno attrezzando per una ristrutturazione i cui costi saranno scaricati sulla classe lavoratrice con i licenziamenti e quindi sui ceti popolari, che finanzieranno con le proprie tasse l’innovazione tecnologica legata alla propulsione elettrica e al contenimento dei costi delle materie prime.
L’USB, mentre denuncia la politica di Stellantis resa possibile da Governi complici e da sindacati subalterni come quelli legati alla CES, ritiene importante lavorare al rafforzamento e alla difesa degli operai in Stellantis tanto in Italia che nel resto dei paesi.
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