Tutti i dati, a partire dal rapporto dell’Ocse passando per quello dell’Ilo, confermano che nessun paese in Occidente ha registrato la riduzione del potere d’acquisto dei salari come è avvenuto in Italia negli ultimi trent’anni. Ora l’impennata dell’inflazione ha ulteriormente peggiorato la sofferenza per chi vive di lavoro o di pensione.
Le ricette messe in campo dal governo Meloni sono destinate ad aggravare la situazione: dall’accorpamento delle aliquote fiscali agli sgravi per le aziende, dalla cancellazione del reddito di cittadinanza fino alla scelta di non introdurre una legge sul salario minimo. Non un euro viene messo per affrontare l’emergenza abitativa o sostenere i milioni di pensionati costretti a vivere con meno di mille euro al mese.
Da tempo sono ripartiti i meccanismi dell’emigrazione, sia interna da Sud verso Nord, sia verso le zone più ricche d’Europa. Tra le cause di fondo c’è il fatto che la retribuzione in Italia per milioni di lavoratori non è più sufficiente a garantire una vita libera e dignitosa. Ora la prossima realizzazione dell’autonomia differenziata e le sue conseguenze contribuiranno ad esasperare il fenomeno.
A questa situazione in via di continuo aggravamento, si somma la riduzione della qualità e della quantità dei servizi pubblici, colpiti da una fortissima carenza di personale e costantemente svantaggiati da politiche che favoriscono ed alimentano nuove e più ampie privatizzazioni.
“I tanti rinnovi contrattuali che sono alle porte potrebbero essere destinati a riequilibrare le perdite subite in questi anni ma gli accordi tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil impediscono di introdurre forti recuperi salariali” – sostiene Usb in una nota – “Anzi, piccoli aumenti vengono scambiati con allungamenti della giornata lavorativa e intensificazione dello sfruttamento”.
La cantilena che ci viene continuamente riproposta è che sostenendo le imprese si creano lavoro e ricchezza e invece la realtà ci dice che gli aiuti alle aziende si sono tradotte in un generale impoverimento.
È ora di mettere in campo idee, proposte e iniziative di lotta per invertire la rotta. Con questo obiettivo l’Unione Sindacale di Base ha organizzato per venerdì 31 marzo il convegno “Il salario che non c’è”, nell’Auditorium della Biblioteca Nazionale Centrale a Roma, al quale partecipano tra gli altri il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte.
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EuroDeliri
Chiedo scusa: ma al convegno non è prevista nessun’altra significativa presenza oltre a quelle di Tridico (…vabbe’, è un “tecnico”, ci può stare) e di Giuseppe Conte (che, così per dire, mi risulta che appoggiasse il governo Draghi)?
Un rappresentante politico un po’ più rappresentativo di classe?
Immagino di sì (spero), ma… citarlo?
Vincenzo Ciavarrella
che posso dire, i pìu fragili, i lavoratori precarie pensavano che la sinistra, il PD si fosse prodicata alla tutela del lavoro e del salario minimo che fosse dignitoso. cosi non e stato, gia con Renzi i lavoratori hanno subito uno dei piu grande truffa e tradimento. negli ultimi 10/15 anni il PD ha governato l’Italia ma non ha legiferato nessuna legge per il salario minimo. ora anche cisl e uil confindustria e meloni dico no al salario minimo.
EuroDeliri
Mi rispondo da solo, previo idoneo approfondimento.
All’ “evento” parteciperanno anche Vasapollo e Cremaschi.
Bene, dico.
Ora, non pretendo che mi si risponda, per carità. Quello che mi risulta enigmatico, quasi inquietante, è che chi ha scritto il pezzo non abbia puntualizzato questi nomi. Che non sono banali dal punto di vista di chi legge CP.
Vabbe’, pazienza…