che mostrano i segni di insofferenza più acuti e più gravi (i loro voti sono gli unici davvero indispensabili).
E quindi ancora una giornata incerta per le Borse europee, dopo la pessima chiusura di ieri. Continuano le vendite sia sui titoli azionari, che su quelli dei titoli di stato; segno che i nuovi governi informazione in Italia (Monti) e Grecia (Papademos) non sembrano al momento ancora molto solidi.
Piazza Affari cede circa due punti percentuali. In ribasso anche i listini di Parigi e Londra mentre Francoforte èvicina alla parità. Lo spread tra titoli di stato italiani e Bund tedeschi è balzato stamane a quota 515. il rendimento dei BTp a 10 anni è del 6,93%, vicino alla soglia critica del 7 per cento. La Bce ha dimezzato gli acquisti di Btp, e anche questo è visto come un “segnale” ai riluttanti partiti italiani.
A Milano forti vendite su Finmeccanica, che ha annunciato forti prdite operative e dismissioni per un miliardo. Il titolo è stato sospeso dalle contrattazioni, con un ribasso teorico del 14%. Malissimo anche Unicredit dopo le grandi perdite annuncate ieri.
A conferma, la Borsa è tornata positiva dopo la fine delle consultazioni di monti e la (quasi) certezza che il Pdl lo voterà. Da tener presente che il crollo di ieri e stamattina è stato giustifciato – secondo l’autorevole Financial Times – con la frase di Berlusconi detta ai suoi: “Possimamo sfiduciarlo quando vogliamo”. Un capolavoro di suicidio in diretta….
Ma non sale solo lo spread italiano. Ad essere sotto pressione è tutta l’Eurozona. Salgono gli spread di quasi tutti i Paesi rispetto ai titoli tedeschi. In particolare il differenziale tra il decennale francese e il bund tocca il nuovo massimo storico a 171 punti. Record anche per lo spread del Belgio che sfiora quota 290 punti.
Intanto, nel tentativo di porre un freno alla speculazione, il Parlamento europeo ha preso due decisioni di rilievo. Nell’Unione europea saranno limitate le vendite allo scoperto e saranno vietati i Cds ‘nudi’ (acquistati senza detenere i titoli dello stato per i quali ci si assicura contro il rischio di fallimento).
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Interessante e informativa la lettura che ne dà Il Sole 24 Ore
Bce inerte in nome del dogma teutonico
di Walter Riolfi
Si sono tentate due spiegazioni alla inaspettata brutta reazione dei mercati , ieri. La prima è che, facendo risalire gli spread Btp/Bund e scendere la Borsa, gli investitori abbiano voluto mandare un messaggio alla classe politica italiana.
Non diversamente dalla pressione esercitata nelle ultime due settimane su Berlusconi, i mercati avrebbero fatto capire ad alcuni partiti che l’appoggio al nascituro Governo Monti doveva essere pieno e senza condizioni. La seconda spiegazione è che sia stato il governatore della Bundesbank Jens Weidmann a gelare l’incipiente entusiasmo dei mercati. Perché, verso le 10.20 della mattinata, mentre le borse stavano rimbalzando e scendevano i rendimenti dei titoli di Stato, il banchiere tedesco è uscito con una lapidaria affermazione: «La politica monetaria non può e non deve risolvere i problemi degli Stati e delle banche».
La prima spiegazione è poco convincente, visto che sono scese tutte le borse e gli spread dei titoli di stato francesi, spagnoli, belgi e austriaci sono saliti anche più di quelli italiani. La seconda è assai più persuasiva, poiché Weidmann, conformandosi al mandato della Bce, ha concluso che tutti i guai finanziari dei Paesi a rischio e delle loro banche sono una questione interna ai singoli Paesi. Addio intervento della banca centrale e addio anche al soccorso del fondo Efsf. Come se non bastasse, anche Moody’s ci ha messo del suo per troncare le residue speranze dei mercati: i 3 miliardi di bond decennali emessi dal Efsf, fa notare l’agenzia, hanno visto una domanda ben più scarsa di quella del giugno scorso e rendimenti di 177 punti più alti rispetto al Bund tedesco. Cinque mesi fa il differenziale era stato di appena 51 punti.
Di conseguenza anche Moody’s, quasi allineandosi alla rigida ortodossia tedesca, commenta che è in dubbio «la capacità del fondo Efsf di finanziarsi a basso costo» e che risulta compromesso lo sforzo di «utilizzare il fondo come strumento per stabilizzare i debiti sovrani». La conclusione che ne hanno tratto i mercati è che ogni Stato s’arrangi come può. A sgombrare ogni dubbio residuo arrivano anche le dichiarazioni del ministro delle Finanze tedesco: «Le banche centrali non possono finanziare gli Stati», ha detto Wolfgang Schäuble, aggiungendo che in questa convinzione la Germania è «piuttosto sola». E piuttosto unica al mondo è pure l’ostinazione della Bce a difendere la zona euro da un’inflazione che pare destinata a scendere sotto il 2% a causa di un’economia quanto meno stagnante.
Di certo la Bce è rimasta l’unica banca a non voler stampar moneta, dopo che la troppo disinvolta politica monetaria della Fed ha costretto Giappone, Svizzera e Inghilterra a imitarla. Di certo la Bce è rimasta l’unica banca a sostenere di fatto la propria valuta, indebolendo la competitività di gran parte dei Paesi membri, già schiacciati da una crisi finanziaria senza precedenti e da un forte rallentamento economico.
E forse è l’unica banca centrale al mondo che, davanti ai seri sforzi di cambiamento politico mostrati dalla Grecia e soprattutto dall’Italia di Mario Monti, finisce per agire contro l’interesse degli Stati membri in nome del dogma teutonico.
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