Non bastassero i dati Istat (-1,9% il Pil nel 2013), arrivano anche quelli di istituti settoriali. Per esempio il Cerved, gruppo milanese che registra le attività e “la vita” delle imprese, ha rilasciato oggi un report che registra il record di fallimenti aziendali nei primi nove mesi di quest’anno. Va da sé che non si tratta di un record di cui andare orgogliosi…
Quasi diecimila aziende hanno chiuso i cancelli (o abbassato le saracinesche) tra gennaio e settembre. 9.902 imprese sparite nel gorgo della crisi, il 12% in più rispetto agli stessi nove mesi del 2012. Anche in questo caso, come nei precedenti, è stato necessario “rivedere al rialzo” le stime. Insomma: ci sono più fallimenti di quanto ci si aspettasse. Naturalmente diventa complicato pensare a una “ripresa” a partire da gennaio. Gli investimenti pubblici non ci sono, le imprese chiudono, chi diavolo mai potrà avviare un processo “virtuoso”?
Anche se fosse vero che l’anno prossimo si interromperà la striscia di segni meno (trimestre dopo trimestre), ci troveremmo comunque in una situazione devastata: con il 10% (ed oltre) di ricchezza prodotta nell’arco di un anno rispetto al 2008. L'”inversione di rotta” che sembra logico attendersi dopo 10 trimestri (due anni e mezzo) di recessione piena potrebbe insomma essere quel famoso “rimbalzo del gatto morto” che costituisce il terrore di ogni governo. Tranne che di quello Letta, abituato com’è a mentire su ogni aspetto della vita economica del paese.
Non c’è infatti una sola “forma societaria” che passi indenne sotto la tagliola della crisi. Le “società di persone” hanno chiuso in percentuale superiore (l’11%) riseptto al 2012. Idem per quelle “di capitale” (spa, srl, ecc).
Idem per quanto riguarda la disaggregazione settoriale. vanno malissimo i servizi (+14%), crollano nella media il manifatturiero (+11%) e le costruzioni (+9,7%). E anche l’articolazione territoriale dà ben poche “zone franche”: la Lombardia guida la classifica (2.250, +13%), andando comunque meglio di Emilia Romagna e Veneto (+19%). Malissimo anche il Lazio (+15%), mentre si salvano Umbria (-18%) e Liguria (-11%).
Se c’è una luce in fondo al tunnel, è quella dei falò…
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