Follow the money, consigliano sempre quelli che voglio capire chi vince e chi perde dentro gli eventi. Accade anche con le elezioni, naturalmente. E basta guardare a come “i mercati finanziari” – chiamando le cose col loro nome: gli investitori di professione, o i grandi speculatori – hanno reagito in gennario alla vittoria di Syriza e come hanno reagito oggi.
A gennaio, quando il programma esplicito di Tsipras % co. era mettere fine all’austerità imposta dalla Troika, ci fu un un moderato ribasso iniziale, seguito da un’altrettanto moderata ripresa seguita alle prime dichiarazioni ufficiali del giovane neo-premier greco, considerate abbastanza concilianti con le istituzioni europee, anche se ovviamente “infuocate” nella parte diretta al proprio elettorato. L’unica borsa a passarsela davvero male fu quella di Atene, con una caduta del 3,2%, ma non era neanche questa una novità.
L’euro ribassò per un attimo il suo valore rispetto al dollaro, in previsione di qualche difficoltà per far fronte alla necessità di soccorrere ancora Atene o di dover affrontare la prospettiva di una riduzione del debito. Per i titoli di stato italiani ci fu persino un’ulteriore riduzione dello spread con i Bund tedeschi, perché si evidenziava meglio la differenza tra il carrozzone italiano e la barchetta ellenica.
Il peggio, a quei tempi, “i mercati” lo avevano già dato, con aperte minacce nei giorni precedenti e tracolli continui della piazza ateniese. Ma in fondo la vittoria della sinistra era stata ampiamente data per scontata, inevitabile, in qualche modo già metabolizzata nelle contrattazioni. Restava solo da vedere come avrebbe agito il governo alla prova pratica delle trattative con l’Unione Europea, Bce e Fmi. E nelle settimane successive non mancarono momenti durissimi, con le piazze finanziarie ad ondeggiare pericolosamente in corrispondenza degli scontri più accesi tra la delegazione greca e gli altri componenti dell’Eurogruppo (ricordiamolo sempre: organismo non previsto da nessun trattato, quindi tecnicamente illegale).
Oggi, invece, “i mercati” sono addirittura in ripresa dopo un venerdì nero, in cui tutte le borse del pianeta erano precipitate sull’onda di problemi ben più grandi della disastrata Grecia (crisi cinese, mancato rialzo dei tassi di interesse da parte della Fed, tensioni Usa-Russia, ecc).
Rispetto a gennaio, insomma, c’è molta più tranquillità. Atene non viene più vista come un focolaio di possibile destabilizzazione dell’area euro. Il voltafaccia dopo il referendum vinto clamorosamente dal “no” ha reso Tsipras una “speranza” dei mercati, consapevoli che il quadro politico interno greco è privo di alternative migliori (i conservatori e gli “europeisti” non hanno incrementato le proprie posizioni), ma soprattutto che non c’è più da temere “imbizzarimenti” da parte del governo Syriza-Anel. Il terzo “memorandum” è stato insomma di fatto accettato da un popolo rassegnato e disilluso, quindi non ci saranno per il momento altre occasioni di tensione con “i mercati”.
Anzi, la “stabilità” del governo è come sempre l’unica variabile a cui guardano davvero gli investitori. Per loro, come spiegava IlSole24Ore due giorni fa, una vittoria di Tsipras era addirittura lo scenario migliore che si potesse verificare. Se lo dice il quotidiano di Confindustria…
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