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Italia e Cina, ma fuori dai riflettori

Quel che non trovate tra ieri e oggi nei media italiani (impegnatissimi nell’indicare Pechino come responsabile del mancato accordo sul clima) l’ho letto alle 7 di mattina su China Daily: “Il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi ha incontrato domenica qui il consigliere di Stato cinese e ministro degli Esteri cinese Wang Yi.”

Wang ha affermato che le relazioni Cina-Italia hanno mantenuto un buon ritmo di sviluppo. Entrambi i paesi sono antiche civiltà e possono guardare allo sviluppo dell’altro con un atteggiamento inclusivo e accettare pacificamente le reciproche differenze.

Ha affermato che “la Cina è pronta a importare più prodotti di alta qualità dall’Italia e spera che l’Italia fornirà un ambiente commerciale aperto, equo e non discriminatorio per le aziende cinesi.

La tecnologia avanzata dell’Italia, combinata con il mega mercato cinese, fornirà un impulso duraturo per una cooperazione reciprocamente vantaggiosa tra i due paesi, ha aggiunto“.

Wang Yi in pratica dice che la Cina, se lasciata in pace, è pronta ad importare molti più prodotti italiani e quanto all’accenno alla teconlogia, rimpiazzerebbe la Germania.

La Cina, come si vede, onora il Memorandum del 2019 e fa capire che l’Italia, se non ha un atteggiamento imperialistico – come solito in Occidente – nei confronti della Cina, a cui si vuole insegnare come condurre i propri affari, ne può beneficiare grandemente.

Si noti l’accenno alle antiche civiltà reciproche e alla disponibilità cinese nei confronti del nostro Paese, cosa che non si riscontra in nessuna Cancelleria dell?Ovest, trattata come un paria (a parte Draghi, che non è considerato più “una cicala italiana”, ma una “personalità europea”).

Un colosso economico, ormai prima potenza mondiale e primo importatore al mondo che dice al Premier italiano: “compreremo molte più merci italiane, più di quanto stiamo già facendo, e si sa che quest’anno si è già in record storico.”

Potrebbero, se solo volessero, e se lasciati in pace, risollevare metà dell’apparato industriale italiano, dato “il vasto mercato cinese”, come afferma Wang Yi.

Non riporto le dichiarazioni, accomodanti, di Draghi, secondo me di circostanza. I cinesi non parlano mai, ma quando parlano, oltretutto con fonte ufficiali sui siti cinesi, di cui tutta la popolazione usufruisce, sono parole di pietra.

Due anni fa scrissi che la dirigenza cinese aveva inoltrato ai “commissari del popolo” l’ordine di farsi un giro nelle aziende, pubbliche e private, per invogliarle a comprare merci italiane.

Le statistiche di questi anni stanno dimostrando che questa scelta si è affermata. Ora Wang Yi afferma che possono fare molto di più, permettendo agli operatori economici italiani, ma anche agli stessi lavoratori, che si vedrebbero garantito lavoro, di erodere quote di mercato agli europei.

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