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Airbnb nel mirino del fisco. Imposte non versate per 779 milioni

La Guardia di Finanza ha chiesto al colosso degli “affitti brevi” Airbnb, il conto per le imposte non riscosse. Si tratta di una indagine su 779 milioni di euro che la piattaforma non ha trattenuto agli host e che non ha versato nelle casse dell’erario e che adesso, secondo la GdF è il momento di versare.

Adesso occorrerà verificare se Airbnb verserà le imposte o si rivarrà sugli host a cui doveva essere applicata l’imposta.

Già a maggio, la Guardia di Finanza di Milano aveva raccomandato all’Agenzia delle Entrate di avviare un accertamento fiscale formale nei confronti della filiale di Airbnb in Irlanda in relazione alla Legge del 2017 e agli obblighi di ritenuta fiscale associati agli host non professionali per un importo di 779 milioni di euro, che sarà la base delle negoziazioni tra l’Agenzia e la società.

Nonostante Airbnb – che ha un obbligo di ritenuta al 21% – mantenga la posizione secondo cui non rientra nell’ambito di applicazione dell’obbligo di ritenuta, sia la società che l’Agenzia delle Entrate stanno collaborando per risolvere la questione.

Parallelamente, la Procura sta conducendo un’indagine sulla traccia del “modello Milano”, impegnato a contrastare l’evasione fiscale da parte dei colossi del web. Nel 2017 è stato introdotto (art. 4, dl 50/2017) il regime fiscale per le locazioni brevi (inferiori a 30 giorni), al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. A partire dal 1/06/2017, le piattaforme hanno quindi l’obbligo di operare come sostituti d’imposta, riscuotendo la cedolare secca attraverso una ritenuta alla fonte del 21% e comunicando i dati correlati all’autorità fiscale. Airbnb aveva presentato ricorso al Tar del Lazio con l’obiettivo di annullare la decisione del direttore dell’Agenzia delle Entrate ma le richieste avanzate dalla piattaforma sono state respinte. In risposta, la società ha presentato ricorso al Consiglio di Stato, il quale ha chiesto di interpretare gli obblighi imposti dal diritto nazionale agli intermediari di locazioni brevi alla luce del diritto dell’Unione.

Il giornale economico Italia Oggi, sottolinea però che secondo la sentenza emanata dalla Corte di Giustizia della Ue, l’obbligo posto su Airbnb di riscuotere un’imposta sostitutiva al 21% non costituisce una violazione della libera prestazione dei servizi stabilita dall’art. 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Durante il procedimento, la Gdf ha avviato l’analisi delle imposte non trattenute sui locatori non professionali. La Corte ha escluso che l’obbligo di agire come sostituto d’imposta “vieti, ostacoli o renda meno attraente l’esercizio della libera prestazione dei servizi” in quanto è imposto a tutti. Al contrario l’obbligo di nominare un rappresentante fiscale, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Airbnb non ha nessun rappresentante fiscale in Italia. Adesso a seguito della sentenza della Corte Europea dovrà pronunciarsi il Consiglio di Stato.

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2 Commenti


  • CARLO

    A me risulta che la cedolare secca del 21% sia pagata dagli Host nella dichiarazione dei redditi


  • Michele

    in realtà adesso è così. in ogni caso una cedolare secca del 21% è molto alta, sia che sia trattenuta dal portale alla fonte sia che sia pagata dal contribuente. Questo perché non permette di dedurre i costi (utenze quota parte, pulizie, materiali di consumo, eventuale persona terza che effettua il check-in e checkout, manutenzione etc). Poi ci si stupisce che molti tendano a dimenticarsi di inserire gli introiti nei Redditi Diversi.

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