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Monti mente come prima, ma non seduce più

Ora ci si mettono anche gli istituti di ricerca, a fargli le pulci. E i sondaggi in picchiata – nonostante Ballarò, Pagnoncelli e Repubblica – mostrano che il gap tra l’autopropaganda governativa e il sentiment popolare si va allargando.

Questa analisi che riportiamo lo spiega molto bene. Il problema, per quanto paradossale possa sembrare, non sono nemmeno “i sacrifici” sanguinosi che ha imposto alle fasce povere della popolazione, ma l’assoluta “inequità” di queste misure. Per un governo che si era presentato sbandierando il vessillo del “crudele ma giusto” si tratta di uno smacco irrecuperabile. Se salta il “giusto”, infatti, resta solo la crudeltà. Tanto più insopportabile quanto più si rivela inefficace rispetto agli obiettivi dichiarati: risanare i conti e rilanciare l’economia.

Come Contropiano ha scritto quasi immediatamente, questo governo persegue la contrazione della qualità e delle aspettative di vita, colpendo lavoro dipendente, pensioni, ammortizzatori sociali e in genere la spesa pubblica dedicata al welfare. Il caso degli “esodati” è soltanto il più noto, ma a livello del senso comune (della “coscienza di massa diffusa”) questo ha reso empiricamente evidente la nostra analisi. Traducendola in un “abbandono” di un numero crescente di persone agli eventi più duri.

Se ne sono accorti anche i partiti che lo sostengono. Con più velocità e spregiudicatezza la destra berlusconiana, come sempre; mentre il Pd scodinzola un po’ più nervosamente di prima, ma senza abbaiare troppo.

Il gioco si fa teso e tetro. Monti, come si augurava ieri un vertice di tromboni leghisti inaspettatamente più allegro delle attese, può finire a bagno molto prima della scadenza della legislatura? Difficie dirlo. I poteri che l’hanno installato a palazzo Chigi non sopporterebbero “ammutinamenti” da parte di una politica sotto ogni soglia di presentabilità. La reazione “dei mercati” – pilotata o meno – sarebbe molto, ma molto, violenta.

In questo clima, col malessere sociale in espansione, è necessario sviluppare rapidamente le capacità di moblitazione antagonista, prima che le varie e disinvolte destre prendano l’iniziativa in modo meno stupido di quanto non abbiano fatto finora.

 

Dopo il calo di consensi, ora Monti rischia il default

Analisi Digis: da “responsabile” a “irresponsabile” La parabola del premier nel giudizio degli italiani

di Nicola Cesare

Gli indicatori che in questi giorni segnalano diffusamente un netto calo di consensi per Mario Monti, rappresentano solo le avvisaglie di quello che appare un sentiment più profondo e tutt’ora in evoluzione. Un fenomeno che sembra destinato – se non cambierà lo scenario – a deflagrare entro pochi mesi, con un vero e proprio crollo verticale della fiducia nei confronti del Premier.

Quel “Patto con gli italiani” a rischio. La causa sembra essere la rottura di quel “contratto fiduciario” che era stato sottoscritto dagli italiani e dal Presidente del Consiglio all’inizio del suo mandato. Un contratto che basava la proprie radici sul profilo di “responsabilità” che la figura di Monti ispirava nel Paese, dopo la chiamata a Palazzo Chigi, in una fase turbolenta. Un’ immagine emersa subito – a contrasto – dalla differenza stridente con la fase politica precedente.A questo nuovo Governo, gli italiani avevano concesso un elevato livello di fiducia che, superficialmente, sembrava aver superato indenne anche la dura manovra economica di dicembre. Ma, più in profondità, proprio a partire da quel momento, avevano iniziato a rilevarsi nei sondaggi, i primi segnali di insoddisfazione nell’opinione pubblica. E non si riferivano ai sacrifici richiesti in generale dalla manovra economica, che rientravano invece nella consapevole disponibilità di quel “contratto fiduciario”, rappresentandone “il conferimento” da parte dei cittadini.

Il Governo stretto tra lobby e patrimoni intoccabili.Il problema riguardava invece la percezione di una azione di Governo poco equilibrata e, in qualche modo, incoerente con i messaggi diffusi al momento dell’insediamento. Dunque non il quanto, ma il chi. In questo senso, fra gli altri, due elementi contribuirono a generare questa impressione: la sostanziale retromarcia del Governo, sotto la spinta delle lobby contro le liberalizzazioni e, sul versante fiscale, l’indisponibilità all’adozione di provvedimenti fiscali più aggressivi verso i grandi patrimoni. Due scelte evocative, poco gradite ai cittadini, che sembravano indicare quasi una direttrice non dichiarata nell’operato del Governo, indebolendo le aspettative di segno opposto.

Gli italiani “abbandonati”.Ma l’elemento che forse aiuta a capire meglio, quale sia la natura del mutamento in corso nell’opinione pubblica italiana, è probabilmente la recente vicenda dei cosiddetti esodati. L’immagine di un Governo di esperti, tecnici della materia, che avrebbe “abbandonato” (forse scientemente, forse per un errore – inescusabile in entrambe i casi) alcune fasce di cittadini, in un limbo senza apparenti vie d’uscita, continua a destare enorme impressione. E “abbandono” è forse la parola chiave, per spiegare al meglio lo stato d’animo di buona parte dei cittadini di fronte alle durezze imposte dalla crisi e dalla sensazione diffusa di mancanza di assistenza da parte dello Stato.

Un costo sociale troppo elevato.Per la prima volta, si iniziano ad associare al Governo giudizi assolutamente inaspettati, fino a poco tempo fa, come quello di aver compiuto -proprio nella vicenda degli esodati- “un’azione irresponsabile”. Pesa su questo giudizio, un’imputazione profonda, che chiama in causa il Governo sui drammi sociali e umani di questa crisi. La delusione nasce dal fatto che -seppur a fronte dei sacrifici accettati- gli italiani si aspettavano da Monti almeno la media diligenza verso le categorie più deboli ed esposte. Ad esempio, attraverso tutele, paracadute e fondi speciali per salvare i più colpiti, dall’abisso. Invece, attualmente sussiste l’impressione esattamente contraria, il si salvi chi può, l’abbandono a se stessi, appunto. I suicidi degli imprenditori che non trovano un accesso al credito, il numero impressionante di giovani senza occupazione, le migliaia di persone che stanno perdendo il lavoro, shoccano l’opinione pubblica, perché rappresentano un costo sociale troppo elevato per la cura del sistema Paese. Si diffonde la percezione che il Governo non sembri ritenere questi drammi sociali e umani una priorità. Ecco dunque, che si fa strada questa imputazione di “irresponsabilità” per il Governo, per non aver distribuito i sacrifici in maniera equa prima e per aver esposto ad uno contesto devastante, intere categorie di cittadini senza predisporre una qualche forma di protezione di salvagente, lasciandoli in balia della corrente.

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1 Commento


  • andrea

    La questione della mobilitazione antagonista è centrale ma in un paese dove ci sono da sempre settori della sinistra anche sindacali(vedi Cremaschi) che debbono aspettare l’elefante cgil tutto diventa difficile. La mia sensazione è questa : tutti pensano quanto può durare questa passività sindacale? Tutti aspettano che a questa domanda segua una risposta che non ci sarà. La Camusso è invischiata in un gioco che ha deciso con il PD e l’opposizione interna non gli crea problemi neppure con le ultime percentuali manifestatesi in direzione. Allora la protesta si frammenta non decolla a meno che no si dia un avvio ad una contestazione del vertice sindacale che aprirebbe giochi diversi ma su questo fronte non vedo propspettive se non c’è un spinta autonoma dal basso che stenta a fronte di una fiom e sinistra sindacale che nicchia.

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