In Italia no. Anzi, tutti lì a sbracciarsi per garantire che un governo nominato dalla troika (Bce, Ue, Fmi) per il tramite del presidente della Repubblica, è addirittura “pienamente democratico”.
Non ci si può dunque stupire se al primo problema serio – una serie di proteste anche con danneggiamenti contro Equitalia, un agguato a un dirigente di Finmeccanica – il ministro dell’interno evochi immediatamente l’uso dell’esercito. Come un Pinochet o un Videla, ma qui, non in lontani paesi dalla coesione sociale incerta.
Ecco il riassunto Ansa delle sue dichiarazioni:
È possibile anche «l’uso dell’esercito» per difendere «obiettivi sensibili» come Finmeccanica o Equitalia. Lo annuncia il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri, spiegando che «in queste ore è stata diramata una circolare che invita ad alzare la soglia di attenzione intorno agli obiettivi sensibili di tutto il territorio nazionale» e «giovedì è prevista una riunione del comitato per l’ordine e la sicurezza» nel quale sarà presentato «un pacchetto di proposte». Il governo, dice in interviste a Corriere della Sera e Repubblica dopo l’agguato all’ad di Ansaldo nucleare, Roberto Adinolfi, «pensa di potercela fare, ma non possiamo essere lasciati soli. Possiamo raggiungere il risultato solo con l’appoggio di tutti i partiti» che «devono aiutarci ad abbassare la tensione sociale». L’Italia, aggiunge, «non è la Grecia» e anche se «stiamo vivendo un momento drammatico ne usciremo» e intanto tutti devono «fare uno sforzo per constribuire alla tenuta del Paese».
Il ministro, sottolinenado di avere «molto rispetto per le famiglie che non riescono a pagare i debiti», ci tiene però a «ricordare in maniera forte e chiara che Equitalia rappresenta lo Stato» e quindi gli attacchi «saranno trattati alla stregua di azioni eversive». Fino a giovedì saranno messe a punto «le strategie di difesa di tutti gli obiettivi», uno «sforzo enorme che affronteremo anche insieme con i responsabili sicurezza» di Finmeccanica. E per il quale «abbiamo bisogno di moltissimi uomini».
Per questo si pensa anche all’esercito, perchè «non possiamo sottrarre forze all’attività investigativa e al controllo del territorio rischiando di ‘scoprire’ altri possibili focolai di emergenza». «Il documento di rivendicazione», ribadisce il ministro, è considerato «attendibile» e questo «ci spinge ad alzare la guardia per evitare una escalation che purtroppo è uno degli scenari possibili». In ogni caso, però, «riteniamo che il consenso sia ristretto a un’area numericamente limitata e che la gran parte degli italiani consideri aberrante ciò che è accaduto». E visto che «da quel che possiamo sapere ora» si tratta di «nuove leve, di giovani che hanno un rapporto lontano con gli anni ’70» bisogna «evitare l’errore di leggere quel che succede oggi con gli occhiali di un’epoca che è finita».
Due cose semplici. L’uso dell’esercito è sempre un segnale di perdita di autocontrollo da parte di un potere traballante. Va ricordato che come istituzione l’esercito è un corpo militare destinato a proteggere il paese da attacchi esterni, mentre per le normeli operazioni di ordine pubblico c’è la polizia e parte dei carabinieri. Sempre militari sono, ma con compiti, regole di ingaggio, funzioni e culture molto differenti.
Un esercito, come quello attuale, composto esclusivamente da professionisti della guerra – non più “popolo in armi” pronto all’autodifesa, dunque, ma “specialisti” a disposizione del governo – è costitutivamente esposto al rischio dell’uso privatistico. Se non lo capite guardate il caso dei marò sulla petroliera Lexie, in India. Sei militari “professionisti” dell’esercito della Repubblica “affittati” a 500 euro al giorno a un privato per scortare un carico. Dislocare questo tipo di esercito in funzioni di ordine pubblico è golpista dal punto di vista costituzionale e istituzionale.
In secondo luogo. «Equitalia rappresenta lo Stato» e quindi gli attacchi «saranno trattati alla stregua di azioni eversive». La polizia e la semantica sono sempre state in conflitto, ma il lapsus – in bocca a un ministro di polizia – è davvero clamoroso. “Eversivo” è aggettivo che viene attribuito a quei soggetti o quelle azioni che, nascendo all’interno dello Stato e dei suoi apparati, puntano a cambiarne la natura le istituzioni. Chi si ribella a questo Stato, invece, viene di norma chiamato sovversivo, perché punta a rovesciarne da fuori gli assetti e le obbedienze. Insomma, fascista il primo e rivoluzionari i secondi. Ci sembra insomma che il ministro abbia confessato, inconsciamente, la qualità politica del governo cui appartiene.
Un governo di “tecnici” si sta rivelando un governo molto pericoloso. Perché composto di gente che non ha alcuna frequentazione con la mediazione politica e istituzionale. La “soluzione”, per loro, è sempre un taglio, mai una cucitura tra interessi in conflitto. A-democratico, quindi “tecnicamente” …
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