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Guerra al lavoro! I contenuti della controriforma

 

In azienda dovete tremare
Francesco Piccioni
Quel che c’è nella controriforma del mercato del lavoro è ormai abbastanza noto. E i mal di pancia delle parti sociali vengono plasticamente rappresentati dai partiti che sostengono faticosamente il governo Monti. Il Pdl – con Confindustria e le altre associazioni minori delle imprese – pretende con molta durezza che siano allargate ancora di più le maglie della precarietà contrattuale, eufemisticamente chiamata «flessibilità in entrata». Lamentando – oltre il livello della vergogna – che in fondo sulla «flessibilità in uscita» (la libertà di licenziare, smantellando l’articolo 18)) il governo si è limitato a «una modifica pro forma».

È falso, naturalmente, come hanno ben spiegato Piergiovanni Alleva e molti altri su questo giornale; ma non fa niente. «Mentite, mentite, qualcosa resterà», raccomandava a suo tempo Goebbels. Ora il gioco è più raffinato e coinvolge media meno dozzinali. Perciò il relatore del Pdl alla legge, Giuliano Cazzola, già annuncia «interventi correttivi concordati col governo» sulla detassazione dei premi di produttività, l’eliminazione del vincolo di 36 mesi oltre il quale il contratto a termine deve obbligatoriamente diventare a tempo indeterminato, e varie altre cosette che mirano a rendere il «giovane lavoratore» pura plastilina nelle mani dell’azienda.
Sul «fronte opposto», si fa per dire, il Pd prova sommessamente a ricavare qualche provvedimento per gli «esodati». Ma senza estremismi: «noi non facciamo numeri, individuiamo criteri per un rapida soluzione». Stesso discorso anche «per i giovani», destinatari di una mini-Aspi (indennità di disoccupazione) quasi impossibile da ottenere.
Tra le poche novità, l’indicazione vaga di un minimo contrattuale per i collaboratori a progetto («il corrispettivo non deve essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività e in ogni caso sulla base dei minimi salariali». Ma non è chiaro in qual modo i singoli lavoratori co.co.pro. – notoriamente poco rappresentati sindacalmente – possano far valere questo loro diritto nascente; almeno senza subire ritorsioni da parte del datore di lavoro.
L’«equità» e le «pari opportunità» erano due parole spesso pronunciate dal ministro del lavoro, Elsa Fornero. E in effetti il ddl ora legge prevede che gravidanza, infortunio e malattia non siano più cause di risoluzione del rapporto di lavoro precario. Con una piccola ma importante postilla: il «posto» deve essere conservato, ma di salario – per tutto il periodo della malattia o della maternità – non è «naturalmente» neppure il caso di parlare…
Seppellito l’art. 18 con la sola opposizione dei sindacati «conflittuali» (la Fiom e quelli di base), il punto su cui probabilmente si dovrà reintervenire è quello degli ammortizzatori sociali. Il testo uscito dalla Camera pesa come una mannaia su quanti perderanno il posto di lavoro nei prossimi mesi. Per i licenziati dal 1 gennaio prossimo fino alla fine del 2015, infatti, c’è solo «l’indennità di disoccupazione non agricola» prevista dal «regio decreto» del ’39; con durata tra gli 8 e i 16 mesi a seconda dell’anno in cui avviene il licenziamento e dell’età del lavoratore.
Dal 1 gennaio 2016 scompare definitivamente anche la cassa integrazione straordinaria per le aziende che fallliscono o vanno in liquidazione coatta amministrativa (come il manifesto, insomma). Per quanto riguarda la «transizione» al nuovo regime (fino al 2016), invece, restano le cig «in deroga», ma della durata massima di 12 mesi (prorogabili), su decisione del governo ed «entro i limiti delle disponibilità del Fondo sociale per occupazione e formazione (1 miliardo per ciascuno dei prossimi due anni, poi 700 e 400 milioni). Ogni proroga, comunque, comporterà una riduzione crescente dell’assegno di cig. Degli 850 euro di massimale attuale, insomma, si perderebbe il 10% alla prima proroga, il 30% alla seconda e il 40 alla terza. In pratica, al terzo anno ci si ritrova con circa 500 euro mensili; come la pensione minima, ma per un anno solo. Poi basta.
L’enfasi sulla frequenza obbligatoria di «specifici programmi di reimpiego», infatti, non ci sembra in grado di risolvere alcun problema effettivo. Lavoratori che le imprese considerano «troppo vecchi» (diciamo dai 50 anni in su, senza voler esagerare) per restare in azienda, molto difficilmente potranno essere riassunti altrove solo perché nel frattempo hanno frequentato qualche lezione «di aggiornamento perenne».
La «struttura» che sembra tenere insieme le varie norme contenute nella «controriforma» è, a conti fatti, più ideologica che reale. Persino Confindustria, in una delle poche critiche sensate rivolte al decreto, ha dovuto constatare la completa assenza di «politiche attive» per il reimpiego dei licenziati. E non basta davvero un pistolotto sulla «scommessa per far cambiare mentalità agli italiani» per riempire un vuoto così vistoso. È sufficiente parlare con un francese qualsiasi, per accorgersi della differenza vitale esistente con i nostri «concorrenti europei».

da “il manifesto”

 

Mentre ufficialmente Confindustria definisce “acqua fresca” o “boiata” questa controriforma, e già chiede – tramite il Pdl, Casini e settori del Pd – modifiche in peggio per quanto riguarda le tipologie contrattuali precarie, il suo giornale è costretto comunque a registrare l’immenso cambiamento che questa porcata introduce nei rapporti di lavoro.

Il testo è obbligatoriamente molto lungo; vi consigliamo un ricerca per parole chiave.

L’abc della riforma del mercato del lavoro, dall’addizionale sui diritti d’imbarco ai voucher

di Nicoletta Cottone e Claudio Tucci

 

Cambiano i contratti d’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, con l’apprendistato che punta a diventare il canale principale d’assunzione da parte delle imprese. Dopo lunghi tira e molla si modifica anche quel vero e proprio “totem” dell’articolo 18: nei licenziamenti disciplinari il reintegro in caso di recesso illegittimo dovrà essere deciso dal giudice non più in base alla legge, ma alle “tipizzazioni” contenute nei contratti collettivi e nei codici disciplinari.

Mentre nei licenziamenti per motivi economici, una fittizia malattia del lavoratore nella fase di conciliazione obbligatoria non potrà più inficiare l’atto di recesso. E il reintegro (c.d. tutela reale) in caso di licenziamento economico illegittimo scatta solo nel caso di «manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento».

La riforma targata Elsa Fornero interviene pure sul sistema degli ammortizzatori sociali, istituendo dal 1° gennaio 2013 l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (l’Aspi), che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile ai lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti e i soci di cooperative di lavoro.

Ecco l’abc della riforma del mercato del lavoro che sta per essere varata dalla Camera grazie a un colpo d’acceleratore chiesto dal premier Mario Monti per ottenere il via libera prima del Consiglio europeo del 28 e 29 giugno. Ecco, in 68 voci, il contenuto completo del provvedimento.

Addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri (articolo 2, commi da 47 a 50). Disciplinata la destinazione, la riscossione e il versamento dell’incremento dell’addizionale comunale sui diritti d’imbarco di passeggeri sugli aeromobili, disposto dall’articolo 6-quater del Dl 7/2005, prevedendo che, a decorrere, dal 1° gennaio 2016, gli introiti dell’addizionale siano versati alla gestione degli interventi assistenziali e di sostegno alle gestioni previdenziali dell’Inps.

Aliquote contributive della gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni, estensione del campo di applicazione (articolo 2, comma 68). Estesa l’applicazione, con effetto dal 1º gennaio 2013, delle aliquote contributive pensionistiche di finanziamento e di computo di cui alle tabelle B e C dell’allegato n. 1 del Dl 201/2011, ai lavoratori iscritti alla gestione autonoma coltivatori diretti, mezzadri e coloni dell’Inps che non fossero già interessati dalla richiamata disposizione incrementale, cioè gli imprenditori agricoli professionali. Tali aliquote di finanziamento sono comprensive del contributo addizionale del 2% previsto dall’articolo 12, comma 4, della legge 2 agosto 233/1990, concernente l’obbligo, per gli assicurati alla gestione in oggetto deceduti antecedentemente al 2 maggio 1969, del versamento di tale contributo addizionale ai fini dell’erogazione delle pensioni ai superstiti.

Aliquote contributive della Gestione separata Inps (articolo 2, comma 57). Incremento dell’aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla gestione separata Inps (articolo 2, comma 26, della legge 335/1995) e della corrispondente aliquota per il computo delle prestazioni pensionistiche. In particolare, si prevede un incremento progressivo delle due aliquote, a decorrere dal 2013, fino al conseguimento di aliquote pari, rispettivamente, al 33% (dal 27% attuale) e al 24% (dal 18% attuale) – per i casi in cui il soggetto sia iscritto anche ad altra forma pensionistica obbligatoria o sia già titolare di un trattamento pensionistico – a regime dal 2018.

Ammortizzatori, disposizioni transitorie (articolo 2, commi 44 e 45). Disciplinata la fase transitoria, in attesa dell’entrata a regime dell’Aspi, per i nuovi eventi di disoccupazione involontaria determinatisi a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015. Vengono stabilite le prestazioni (quantificate in mesi) erogate ai soggetti interessati dagli eventi di disoccupazione in relazione alla loro età anagrafica, prevedendo che la durata dei trattamenti aumenti in misura proporzionale all’età dei beneficiari. In relazione ai casi di cessazione dalla precedente occupazione intervenuti fino al 31 dicembre 2012, trovano applicazione le disposizioni in materia di indennità di disoccupazione ordinaria non agricola di cui all’articolo 19 del Rdl 636/1939. La durata massima legale, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2015, viene disciplinata nei seguenti termini: A) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2013: 8 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni; 12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni; B) per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2014: 8 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni; 12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni; 14 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni; per le prestazioni relative agli eventi intercorsi nel 2015: 10 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a cinquanta anni; 12 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquanta anni e inferiore a cinquantacinque anni; 16 mesi per i soggetti con età anagrafica pari o superiore a cinquantacinque anni, nei limiti delle settimane di contribuzione negli ultimi due anni.

Ammortizzatori, gestione della transizione verso il nuovo assetto di ammortizzatori sociali (articolo 2, commi da 64 a 67). Per il periodo transitorio 2013-2016 concessione di ammortizzatori sociali in deroga, in termini analoghi a quelli posti, per gli anni precedenti, da numerose disposizioni transitorie. Per garantire la graduale transizione verso il regime delineato dalla riforma degli ammortizzatori sociali nel provvedimento in esame, per gli anni 2013-2016 il ministro del Lavoro, di concerto con il ministro dell’Economia, possa disporre, sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, in deroga alla normativa vigente, la concessione, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità. I trattamenti sono concessi, anche con riferimento a settori produttivi e ad aree regionali, nei limiti delle risorse finanziarie a tal fine destinate nell’ambito del Fondo sociale per occupazione e formazione, così come incrementato (1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013 e 2014, 700 milioni di euro per il 2015 e 400 milioni di euro per il 2016). Proroga, nell’ambito delle risorse finanziarie destinate alla concessione, in deroga alla normativa vigente, anche senza soluzione di continuità, di trattamenti di integrazione salariale e di mobilità, dei trattamenti concessi ai sensi dell’articolo 33, comma 21, della legge 183/2011. I trattamenti possono essere prorogati sulla base di specifici accordi governativi e per periodi non superiori a dodici mesi, con decreto del ministro del Lavoro, di concerto con il ministro dell’Economia. In ogni caso, la misura dei trattamenti di cui al periodo precedente è ridotta: del 10%nel caso di prima proroga; del 30% nel caso di seconda proroga; del 40% nel caso di proroghe successive. I trattamenti di sostegno del reddito, nel caso di proroghe successive alla seconda, possono essere erogati esclusivamente nel caso di frequenza di specifici programmi di reimpiego, anche miranti alla riqualificazione professionale. Confermata la relazione bimestrale sull’andamento degli impegni delle risorse destinate agli ammortizzatori in deroga da inviare, da parte del ministero del Lavoro, al ministero dell’Economia. Applicazione, al fine di garantire criteri omogenei di accesso a tutte le forme di integrazione del reddito, delle disposizioni di cui all’articolo 8, comma 3, del Dl 86/1988 e di cui all’articolo 16, comma 1, della legge 223/1991, anche ai lavoratori destinatari dei trattamenti di integrazione salariale in deroga e di mobilità in deroga.

Ammortizzatori sociali, soppressione Cigs (articolo 2, commi da 69 a 73). Raffica di abrogazioni e modifiche per il coordinamento con la nuova disciplina sugli ammortizzatori sociali recata dal provvedimento in esame. In particolare, il comma 70 sopprime, a decorrere dal 1° gennaio 2016, la Cigs nei casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, nonché nei casi di aziende sottoposte (ai sensi della disciplina contro le organizzazioni criminali di tipo mafioso) a sequestro o confisca.

Appalti, responsabilità solidale (articolo 4, comma 31). La norma interviene sulla responsabilità solidale tra committente e appaltatore negli appalti di opere o di servizi per quanto attiene ai trattamenti retributivi e previdenziali dei lavoratori. In primo luogo, con riferimento alla responsabilità solidale di committente e appaltatore negli appalti di opere e servizi, si specifica che essa rimane ferma salva diversa previsione delle norme della contrattazione collettiva che possano individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti. In secondo luogo si interviene sui rapporti di responsabilità tra committente e appaltatore in sede di giudizio. Rispetto alla formulazione vigente si prevede che: a) il committente imprenditore o datore di lavoro è sempre convenuto in giudizio unitamente all’appaltatore; b) l’eccezione di preventiva escussioneesercitata da parte del committente può riguardare non solo il patrimonio dell’appaltatore (come attualmente previsto) ma anche quello di eventuali subappaltatori; in ogni caso il committente non è tenuto (come attualmente previsto) a indicare i beni del patrimonio dell’appaltatore sui quali il lavoratore può agevolmente soddisfarsi; c) l’azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente non solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio dell’appaltatore (come attualmente previsto) ma anche dopo l’infruttuosa escussione di quello di eventuali subappaltatori. Resta invece immutata la possibilità per il committente che ha eseguito il pagamento di esercitare l’azione di regresso nei confronti del coobbligato secondo le regole generali.

Apprendimento permanente (articolo 4, commi da 51 a 54 e da 58 a 61). Si definisce l’apprendimento permanente, in linea con le indicazioni dell’Unione europea, come qualsiasi attività di apprendimento intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale. Le relative politiche sono determinate a livello nazionale, con intesa in Conferenza unificata, su proposta dei ministri dell’Istruzione e del Welfare, sentito il Ministro dello sviluppo economico e sentite le parti sociali, a partire dalla individuazione e riconoscimento del patrimonio culturale e professionale comunque accumulato dai cittadini e dai lavoratori nella loro storia personale e professionale, da documentare attraverso la realizzazione di una “dorsale informativa unica”, mediante l’interoperabilità delle banche dati centrali e territoriali esistenti. SI tabilisce che per apprendimento formale si intende quello che viene realizzato tramite il sistema nazionale di istruzione e formazione, le università e le istituzioni di alta formazione e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio, di una qualifica/diploma professionale conseguiti anche in apprendistato o di una certificazione riconosciuta. Si definisce invece apprendimento non formale quello scaturente da una scelta consapevole della persona, avviata fuori dai canali sopra indicati, anche del volontariato, del servizio civile nazionale, del privato sociale e nelle imprese. Infine, l’apprendimento informale è definito come quello che si realizza nell’attività quotidiana, tramite il sistema di relazioni personali e professionali, anche a prescindere da una scelta intenzionale della persona. Le norme in esame delegano il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la definizione delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali ed informali, con riferimento al sistema nazionale di certificazione delle competenze.

Apprendistato (articolo 1, commi da 16 a 19). Viene modificata la disciplina generale dell’apprendistato. Ecco le novità: si richiede che la disciplina prevista dagli accordi interconfederali o dai contratti collettivi nazionali preveda una durata minima del rapporto di apprendistato non inferiore a sei mesi (fatte salve le attività stagionali); in caso di recesso al termine del periodo formativo, durante il periodo di preavviso – che decorre dallo stesso termine – continua a trovare applicazione la disciplina del contratto di apprendistato; in riferimento alle assunzioni a decorrere dal 1° gennaio 2013, si incrementa il numero massimo di apprendisti che possono essere (contemporaneamente) alle dipendenze di un medesimo datore di lavoro (direttamente o mediante ricorso alla somministrazione di lavoro). Mentre la normativa vigente – che continua a operare per le assunzioni effettuate entro il 31 dicembre 2012 – fissa un unico limite massimo, pari al 100% rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro (ossia un rapporto di 1 a 1), la disposizione in esame prevede: che il suddetto limite massimo, pari al 100% rispetto alle maestranze specializzate e qualificate in servizio presso il medesimo datore di lavoro, si applica esclusivamente ai datori di lavoro che occupano fino a 10 dipendenti; che negli altri casi il numero di apprendisti che un medesimo datore di lavoro può assumere non può superare il rapporto di 3 a 2; che è in ogni caso esclusa la possibilità di assumere in somministrazione apprendisti con contratto di somministrazione a tempo determinato. Si prevede che, per i datori di lavoro che occupano almeno 10 dipendenti, l’assunzione di nuovi apprendisti sia subordinata alla prosecuzione del rapporto di lavoro, al termine del periodo di apprendistato, nei 36 mesi precedenti la nuova assunzione, di almeno il 50% degli apprendisti dipendenti dallo stesso datore di lavoro (la percentuale è tuttavia stabilita al 30% nei primi 36 mesi successivi all’entrata in vigore della legge). Dal computo della percentuale sono esclusi i rapporti cessati per recesso durante il periodo di prova, per dimissioni o per licenziamento per giusta causa. Qualora non sia rispettata la predetta percentuale, è consentita l’assunzione di un ulteriore apprendista rispetto a quelli già confermati, o di un apprendista in caso di totale mancata conferma degli apprendisti pregressi. Gli apprendisti assunti in violazione di questi limiti sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato, a partire dalla data di costituzione del rapporto.

Assicurazione sociale per l’Impiego, ambito di applicazione (articolo 2, commi da 1 a 3). Nell’ambito di una revisione complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali viene istituita dal 1° gennaio 2013 l’Assicurazione Sociale per l’Impiego (Aspi), che si concretizza nell’erogazione di un’indennità mensile ai lavoratori dipendenti del settore privato, compresi gli apprendisti ed i soci di cooperative di lavoro. L’Aspi sostituirà, a regime, l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola a requisiti normali e ridotti, nonché l’indennità di disoccupazione speciale edile.

Assicurazione sociale per l’impiego, contenzioso (articolo 2, commi 42 e 43). Applicate all’Aspi le norme sul contenzioso amministrativo, relativo alle prestazioni o alla contribuzione, già vigenti per l’indennità ordinaria di disoccupazione. Viene individuato nel comitato provinciale dell’Inps l’organo chiamato a decidere in via definitiva i ricorsi avverso i provvedimenti dell’Inps concernenti anche le prestazioni dell’Aspi. Il comitato amministratore della gestione prestazioni temporanee ai lavoratori dipendenti può decidere, in merito all’Aspi, in unica istanza sui ricorsi in materia di contributi dovuti alla gestione. Trovano anche applicazione le disposizioni relative al termine per ricorrere al comitato (90 giorni dalla data dell’atto impugnato), trascorso il quale si può adire l’autorità giudiziaria.

Assicurazione sociale per l’impiego, durata (articolo 2, comma 11). Individuata la durata di corresponsione dell’Aspi, in relazione all’età dei lavoratori interessati da nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal 1º gennaio 2016, prevedendo un periodo massimo di fruizione pari a 12 mesi per i lavoratori con età inferiore a 55 anni e di 18 mesi per quelli con età maggiore di 55 anni.

Assicurazione sociale per l’impiego – Importo e contribuzione figurativa (articolo 2, commi da 6 a10). Individuato l’importo e le modalità di calcolo dell’Aspi, rapportandola alla retribuzione globale lorda percepita nell’ultimo biennio, comprensiva degli elementi continuativi e non continuativi e delle mensilità aggiuntive. In ogni caso, l’Aspi è pari al 75% della retribuzione mensile nei casi in cui quest’ultima non superi, nel 2013, l’importo mensile di 1.180 euro. Nel caso in cui la retribuzione mensile sia superiore a tale importo l’indennità è pari al 75% del predetto importo incrementata di una somma pari al 25% del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo. È comunque stabilito un massimale erogabile, che mensilmente risulta essere pari a 1.119,32 euro. Prevista, infine, una riduzione della misura dello strumento in relazione alla sua durata, pari al 15% dopo i primi 6 mesi di fruizione e di un ulteriore 15% dopo il dodicesimo mese di fruizione.

Assicurazione sociale per l’impiego, mini-Aspi (articolo 2, commi da 20 a 24). Introdotto un ulteriore istituto di sostegno del reddito, denominato mini-Aspi, volto ad assicurare, dal 1° gennaio 2013, i lavoratori che non abbiano i requisiti per la fruizione dell’Aspi. La mini-Aspi va a sostituire l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione. In particolare, la mini-Aspi può essere concessa in presenza di almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, e consiste in un’indennità di pari importo dell’Aspi.

Assicurazione sociale per l’impiego, mini-Aspi: casi di decadenza (articolo 2, commi 40 e 41). Individuate le cause di decadenza dalla fruizione dell’Aspi e della mini-Aspi, con obbligo di restituzione dell’indennità eventualmente percepita in assenza dei requisiti. Si decade dalla fruizione dell’Aspi e della mini-Aspi nei seguenti casi: a) perdita dello stato di disoccupazione; b) inizio di un’attività in forma autonoma senza che il lavoratore effettui la comunicazione all’Inps del reddito anno che si presume di avere dall’attività stessa; c) raggiungimento dei requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato; d) acquisizione del diritto all’assegno ordinario di invalidità, sempre che il lavoratore non opti per l’indennità erogata dall’Aspi. La decadenza si realizza dal momento in cui si verifica l’evento che la determina, con obbligo di restituzione dell’indennità che eventualmente si sia continuato a percepire.

Assicurazione sociale per l’impiego, mini-Aspi: contributo di finanziamento (articolo 2, commi da 25 a 39). Definite le modalità di contribuzione per il finanziamento del nuovo sistema di indennità (Aspi e mini-Aspi), in sostituzione delle aliquote oggi a carico dei datori di lavoro per gli strumenti di sostegno del reddito che verranno sostituiti a regime.
In particolare, si dispone l’applicazione di un’aliquota (pari all’1,31%) per i lavoratori a tempo indeterminato, nonché di un contributo addizionale (a carico del datore di lavoro), per ogni rapporto di lavoro subordinato diverso da quello a tempo indeterminato, pari all’1,4% della retribuzione imponibile ai fini previdenziali, fatte salve specifiche eccezioni.
Inoltre, si prevede un ulteriore contributo, analogo al contributo stabilito per l’indennità di mobilità, a carico del datore di lavoro, in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per causa diversa dalle dimissioni, intervenuti a decorrere dal 1º gennaio 2013.

Assicurazione sociale per l’impiego e nuova occupazione (articolo 2, commi da 15 a 19). Disciplinata la sospensione d’ufficio della fruizione dell’Aspi – fino a un massimo di sei mesi – in caso di nuovo rapporto di lavoro subordinato (nel caso in cui il periodo di sospensione sia inferiore a sei mesi, l’Aspi riprende a decorrere dal momento della sospensione), nonché la sua eventuale riduzione in caso di svolgimento di lavoro autonomo, dal quale derivi un reddito inferiore al limite stabilito ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione (la riduzione è pari all’80% del reddito che il lavoratore prevede di percepire dalla nuova attività autonoma). In caso di sospensione i periodi di contribuzione relativi al nuovo rapporto di lavoro possono essere fatti valere ai fini di un nuovo trattamento di sostegno (per l’Aspi e per la mini-Aspi).

Assicurazione sociale per l’impiego, procedura per l’erogazione (articolo 2, commi da 12 a 14). Disciplinata la procedura per l’erogazione dell’Aspi: spetta dall’ottavo giorno successivo alla data di cessazione dell’ultimo rapporto di lavoro, o dal giorno successivo a quello in cui sia stata presentata la relativa domanda, a condizione che permanga la condizione di disoccupazione. La liquidazione dell’indennità avviene, a pena di decadenza, dietro presentazione, da parte dei lavoratori aventi diritto di un’apposita domanda, da inviare all’Inps esclusivamente in via telematica, entro due mesi dalla data di spettanza del trattamento. La fruizione dell’indennità è comunque condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione.

Assicurazione sociale per l’impiego, requisiti per la fruizione (articolo 2, commi 4 e 5). Individuati i requisiti ai fini della fruizione dell’Aspi. Si richiede che il lavoratore si trovi in stato di disoccupazione involontaria e che possa far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione, confermando sostanzialmente gli stessi requisiti attualmente richiesti ai fini della fruizione dell’indennità di disoccupazione ordinaria ai sensi dell’articolo 19 del Rdl 636/1939. È corrisposta ai lavoratori che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione e che: a) siano in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 1, comma 2, lettera c), del Dlgs 181/2000; b) possano far valere almeno due anni di assicurazione e almeno un anno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio del periodo di disoccupazione. Esclusi dalla fruizione dell’Aspi i lavoratori che siano cessati dal rapporto di lavoro per dimissioni o per risoluzione consensuale del rapporto, fatti salvi i casi in cui quest’ultima sia intervenuta nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 604/1966, come modificato dall’articolo 1, comma 40, del provvedimento in esame.

Associazione in partecipazione con apporto di lavoro (articolo 1, commi da 28 a 31). Intervento sulla normativa in materia di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, con l’obiettivo di rafforzarne la disciplina antielusiva. Il contratto di associazione in partecipazione è il contratto in base al quale l’associante attribuisce all’associato una partecipazione agli utili della sua impresa o di uno o più affari verso il corrispettivo di un determinato apporto. Per evitare elusioni o abusi, l’articolo 86, comma 2, del Dlgs 276/2003, prevede che in caso di rapporti di associazione in partecipazione resi senza una effettiva partecipazione e adeguate erogazioni a chi lavora, il lavoratore ha diritto ai trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività, o in mancanza di contratto collettivo, in una corrispondente posizione secondo il contratto di settore analogo, a meno che il datore di lavoro, o committente, o altrimenti utilizzatore non comprovi, con idonee attestazioni o documentazioni, che la prestazione rientra in una delle tipologie di lavoro disciplinate nel presente decreto ovvero in un contratto di lavoro subordinato speciale o con particolare disciplina, o in un contratto nominato di lavoro autonomo, o in altro contratto espressamente previsto nell’ordinamento. Viene previsto che, qualora il conferimento dell’associato consista anche in una prestazione di lavoro, il numero degli associati impegnati in una medesima attività non possa essere superiore a tre, indipendentemente dal numero degli associanti (a meno che gli associati siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo). In caso di violazione di questo divieto, il rapporto di lavoro con tutti gli associati si considera subordinato a tempo indeterminato. Sono fatti salvi, fino alla loro cessazione, i contratti in essere che, alla data di entrata in vigore di questa legge, siano stati certificati ai sensi dell’articolo 75 e seguenti del Dlgs 276/2003. Introdotta una più efficace disciplina antielusiva, disponendo che i rapporti di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, instaurati o attuati senza che vi sia stata un’effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, o senza consegna del rendiconto, si presumono, salva prova contraria, rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Viene precisato che tale presunzione opera nel caso in cui l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’articolo 69-bis, comma 1-bis, lettera a), del Dlgs 276/2003 (modificato dal presente provvedimento).

Certificazione delle competenze (articolo 4, commi da 64 a 68). Si prevede un sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze basato su standard minimi di servizio omogenei su tutto il territorio nazionale, raccolti in repertori codificati a livello nazionale o regionale che fanno riferimento a un repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali.

Cigs, estensione ad alcuni settori (articolo 3, comma 1). La norma stende, a decorrere dal 1° gennaio 2013, l’ambito di applicazione della Cigs, la Cassa integrazione straordinaria, ad alcuni settori già interessati da estensioni del medesimo istituto mediante norme transitorie o modalità particolari, che con tale disposizione vengono quindi tutelati a regime. I settori interessati da questa “estenzione” sono: a) imprese esercenti attività commerciali con più di cinquanta dipendenti; b) agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici, con più di cinquanta dipendenti;
c) imprese di vigilanza con più di quindici dipendenti; d) imprese del trasporto aereo a prescindere dal numero di dipendenti; ed e) imprese del sistema aeroportuale a prescindere dal numero di dipendenti.

Collaborazioni rese da titolari di partita Iva (articolo 1, commi 26 e 27). Viene introdotto l’articolo 69-bis nel Dlgs 276/2003 con l’obiettivo di razionalizzare il ricorso alle collaborazioni rese da titolari di partita Iva. Viene introdotta la presunzione che prestazioni rese da titolari di partita Iva sono da considerarsi rapporti di collaborazione coordinata e continuativa qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti: che la durata della collaborazione sia superiore a 8 mesi nell’arco di un anno solare; che il ricavo dei corrispettivi percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare superi la misura dell’80 per cento dei corrispettivi complessivamente percepiti dal collaboratore nell’arco dello stesso anno solare; che il prestatore abbia la disponibilità di una postazione fissa di lavoro presso il committente. C’è anche una norma di interpretazione autentica dell’articolo 61, comma 3, del Dlgs 276/2003, volta a chiarire che le norme che disciplinano il lavoro a progetto e il lavoro occasionale non si applicano alle sole prestazioni professionali riconducibili alle attività per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, ferma restando la possibilità per i professionisti abilitati di svolgere, sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa, attività diverse da quelle per le quali è necessaria l’iscrizione.

Contrattazione di secondo livello (articolo 4, commi 28 e 29). Si interviene sugli sgravi contributivi per la contrattazione di secondo livello. Il comma 28 prevede in primo luogo la messa a regime dello sgravio contributivo previsto all’articolo unico, commi 67 e 68, della legge 247/2007, rimuovendo il riferimento al carattere sperimentale da esso previsto. Inoltre, viene semplificata la procedura di concessione dello sgravio contributivo, (sopprimendo l’apposito Osservatorio istituito presso il ministero del Welfare e la procedura che richiedeva una procedura annuale di conferma), prevedendo che lo sgravio è concesso avalere sulle risorse, pari a 650 milioni di euro, già presenti nello stato di previsione del ministero del Welfare, relative al Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per incentivare la contrattazione di secondo livello. A fini di coordinamento normativo, poi, la norma dispone l’abrogazione delcomma 14 dell’articolo 33 della legge 183/2011. Il comma 29 poi autorizza per l’anno 2011il ministro del Welfare a utilizzare le risorse iscritte nei capitoli del proprio stato di previsione già impegnate per gli sgravi contributivi.

Contratto di inserimento (articolo 1, commi 14 e 15). Viene soppresso il contratto di inserimento, attraverso l’abrogazione degli articoli 54-59 del Dlgs 276/2003 che si occupano di disciplinare questo tipo di contratto. La disciplina vigente continua tuttavia a trovare applicazione per le assunzioni effettuate fino al 31 dicembre 2012. La relazione illustrativa spiega che la soppressione dell’istituto è legata all’introduzione di un nuovo e organico sistema di incentivi all’occupazione per i lavoratori anziani e le donne nelle aree svantaggiate che scatta a decorrere dal 2013.

Contratto a termine e contratto di somministrazione (articolo 1, commi da 9 a 13). Modifiche alla disciplina del contratto a tempo determinato (il cosidetto contratto a termine) e del contratto di somministrazione. In particolare viene modificato il Dlgs 368/2001, che disciplina il contratto di lavoro a tempo determinato. Ecco come: esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo – riferibili anche all’ordinaria attività del datore di lavoro – ai fini della stipulazione di un primo contratto di lavoro a termine, purché esso sia di durata non superiore a un anno; in tali casi il contratto non può comunque essere oggetto di proroga. È stata inserita una ulteriore ipotesi di esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, operante nei casi, previsti dalla contrattazione collettiva (a livello interconfederale o di categoria o, in via delegata, ai livelli decentrati), in cui l’assunzione avvenga nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo; dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico; dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo; dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente); esclusione del requisito della sussistenza di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo (riferibili anche all’ordinaria attività del datore di lavoro), ai fini della prima missione di un lavoratore nell’ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato; prolungamento dei limiti temporali di prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i quali il contratto a termine si considera a tempo indeterminato (dai 20 giorni attualmente previsti a 30 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; dai 30 giorni attualmente previsti a 50 giorni in caso di contratti di durata superiore), con l’introduzione dell’obbligo per il datore di lavoro di comunicare al Centro per l’impiego territorialmente competente (secondo modalità definite con decreto del ministro della Lavoro da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della legge), entro la scadenza della durata del rapporto prevista dal contratto, che il rapporto continuerà, indicando anche la durata della prosecuzione; ·prolungamento dell’intervallo di tempo oltre il quale la stipula di un nuovo contratto a termine dopo la scadenza del precedente si considera come assunzione a tempo indeterminato (dai 10 giorni attualmente previsti a 60 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; dai 20 giorni attualmente previsti a 90 giorni in caso di contratti di durata superiore). É stato anche previsto che, nell’ambito di particolari processi produttivi (determinati dall’avvio di una nuova attività, dal lancio di un prodotto o di un servizio innovativo o dall’implementazione di un rilevante cambiamento tecnologico o dalla fase supplementare di un significativo progetto di ricerca e sviluppo o dal rinnovo o dalla proroga di una commessa consistente), i contratti collettivi possono prevedere, stabilendone le condizioni, la riduzione di tali intervalli di tempo (fino a 20 giorni in caso di contratti di durata inferiore a 6 mesi; fino a 30 giorni in caso di contratti di durata superiore). In assenza dell’intervento della contrattazione collettiva entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della legge, a stabilire le suddette condizioni provvede (sentite le organizzazioni sindacali più rappresentative sul piano nazionale) il ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ai fini del calcolo del limite complessivo di 36 mesi (superato il quale, anche per effetto di proroghe o rinnovi di contratti a termine per lo svolgimento di mansioni equivalenti, il rapporto a termine si considera comunque a tempo indeterminato) si tiene conto anche dei periodi di missione nell’àmbito di contratti di somministrazione (a tempo determinato o indeterminato) con mansioni equivalenti e svolti tra gli stessi soggetti. Modifica ulteriori alla disciplina della somministrazione di lavoro (articoli 20-28 del Dlgs 276/2003). Fra le novità vengono ampliati i termini per l’impugnazione (anche extragiudiziale) e per il successivo ricorso giudiziale (o per la comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato), nel contenzioso relativo alla nullità del termine apposto al contratto di lavoro. Il primo termine è elevato da 60 a 120 giorni (decorrenti dalla cessazione del contratto), mentre il secondo termine è ridotto da 270 a 180 giorni (decorrenti dalla precedente impugnazione).
I nuovi termini si applicano per le cessazioni di contratti a tempo determinato che si verificano a decorrere dal 1° gennaio 2013. C’è anche una norma di interpretazione autentica dell’articolo 32, comma 5, del collegato lavoro (legge 183/2010), relativamente al risarcimento del danno subìto dal lavoratore nelle ipotesi di conversione del contratto a termine in rapporto a tempo indeterminato.

Controversie in materia di licenziamenti, rito speciale (articolo 1, commi da 47 a 69). Viene introdotto un rito speciale per le controversie relative all’impugnativa dei licenziamenti nelle ipotesi previste dal nuovo articolo 18 della legge 300/1970, nonché alle questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro. Viene stabilito che il licenziamento va impugnato davanti al Tribunale in funzione di giudice del lavoro con ricorso avente i requisiti di cui all’articolo 125 Cpc; con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da quelle da impugnazione del licenziamento o domanda inerente la qualificazione del rapporto di lavoro salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi. Il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione indispensabili richiesti dalle parti o disposti d’ufficio e provvede, con ordinanza immediatamente esecutiva, all’accoglimento o al rigetto della domanda. L’efficacia esecutiva dell’ordinanza non può essere sospesa o revocata fino alla pronuncia della sentenza con cui lo stesso tribunale, adito per l’eventuale opposizione, definisce il relativo giudizio. Contro l’ordinanza di accoglimento o di rigetto può essere proposta opposizione con ricorso contenente i requisiti di cui all’articolo 414 del codice di procedura civile, da depositare innanzi al Tribunale che ha emesso il provvedimento opposto entro 30 giorni dalla notificazione dello stesso, o dalla comunicazione se anteriore. Con il ricorso non possono essere proposte domande diverse da impugnazione del licenziamento o domanda inerente la qualificazione del rapporto di lavoro, salvo che siano fondate sugli identici fatti costitutivi o siano svolte nei confronti di soggetti rispetto ai quali la causa è comune o dai quali si intende essere garantiti. Il giudice fissa con decreto l’udienza di discussione non oltre i successivi 60 giorni, assegnando all’opposto termine per costituirsi fino a 10 giorni prima dell’udienza. Il ricorso, con il decreto di fissazione dell’udienza, deve essere notificato dall’opponente all’opposto, anche tramite Posta elettronica certificata (Pec), almeno 30 giorni prima della data fissata per la sua costituzione. L’opposto deve costituirsi mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva, a norma e con le decadenze di cui all’articolo 416 Cpc. Se l’opposto intende chiamare un terzo in causa deve, a pena di decadenza, farne dichiarazione nella memoria difensiva. Nel caso di chiamata in causa a norma degli articoli 102, secondo comma (per litisconsorzio necessario), 106 e 107 (intervento su istanza di parte o per ordine del giudice) del codice di procedura civile, il giudice fissa una nuova udienza entro i successivi 60 giorni, e dispone che siano notificati al terzo, a opera delle parti, il provvedimento nonché il ricorso introduttivo e l’atto di costituzione dell’opposto, osservati i termini. Il terzo chiamato deve costituirsi almeno 10 giorni prima dell’udienza fissata, depositando la propria memoria in cancelleria. Quando la causa relativa alla domanda riconvenzionale non è fondata su fatti costitutivi identici a quelli posti a base della domanda principale, il giudice ne dispone la separazione. All’udienza, il giudice, sentite le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammissibili e rilevanti richiesti dalle parti nonché disposti d’ufficio, ai sensi dall’articolo 421 del Cpc, e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a 10 giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro 10 giorni dall’udienza di discussione. La sentenza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Contro la sentenza che decide sul ricorso è ammesso reclamo davanti alla Corte d’appello entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore. Nel giudizio d’appello non sono ammessi nuovi mezzi di prova o documenti, salvo che il collegio, anche d’ufficio, li ritenga indispensabili ai fini della decisione o la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile. La Corte d’appello fissa con decreto l’udienza di discussione nei successivi 60 giorni e si applicano i termini previsti dai commi 51, 52 e 53. I termini che qui rilevano sono pertanto: il termine per la costituzione dell’opposto, fino a 10 giorni prima dell’udienza, mediante deposito in cancelleria di memoria difensiva a norma e con le decadenze dell’art. 416 Cpc; il termine di notifica del decreto di fissazione, almeno 30 giorni prima della data fissata per la costituzione. Alla prima udienza, la Corte può sospendere l’efficacia della sentenza reclamata se ricorrono gravi motivi. La Corte d’appello, sentite le parti, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione ammessi e provvede con sentenza all’accoglimento o al rigetto della domanda, dando, ove opportuno, termine alle parti per il deposito di note difensive fino a dieci giorni prima dell’udienza di discussione. La sentenza d’appello, completa di motivazione, deve essere depositata in cancelleria entro 10 giorni dall’udienza di discussione. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza, si applica l’articolo 327 del Cpc (decadenza dal ricorso in Cassazione dopo 6 mesi dalla pubblicazione della sentenza di appello). Il ricorso in Cassazionme contro la sentenza di appello va proposto, a pena di decadenza, entro 60 giorni dalla comunicazione della stessa, o dalla notificazione se anteriore. La sospensione dell’efficacia della sentenza deve essere chiesta alla Corte d’appello, che provvede a norma del comma 60 (sospensione, per gravi motivi, dell’efficacia della sentenza reclamata). È previsto un termine massimo di 6 mesi per la fissazione dell’udienza di discussione da parte della Cassazione; il termine decorre dalla proposizione del ricorso. In mancanza di comunicazione o notificazione della sentenza si applica il disposto del già richiamato articolo 327 del Cpc. Alla trattazione delle controversie sui licenziamenti regolate dai commi da 47 a 64 devono essere riservati particolari giorni nel calendario delle udienze. Norma transitoria: le disposizioni sul nuovo rito si applicano alle controversie instaurate successivamente all’entrata in vigore della legge in esame. Si affida ai capi degli uffici giudiziari la vigilanza sull’osservanza della norma transitoria. Invarianza finanziaria per il bilancio dello Stato derivante dall’applicazione delle novelle introdotte.

Coperture finanziarie (articolo 4, commi da 69 a 71). Contiene la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dal provvedimento e la relativa clausola di salvaguardia finanziaria, prevedendo a tal fine, nel caso in cui si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, che il Ministro dell’economia provveda, a decorrere dall’anno 2013, alla riduzione lineare delle dotazioni finanziarie disponibili, iscritte a legislazione vigente, nell’ambito delle spese rimodulabili di parte corrente delle missioni di spesa di ciascun Ministero.

Democrazia economica (articolo 4, commi da 62 a 63). Viene attribuita una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi in materia di informazione e consultazione dei lavoratori, e di partecipazione dei dipendenti agli utili e al capitale, finalizzati a promuovere il coinvolgimento dei lavoratori nell’impresa.

Dimissioni in bianco, tutela maternità e paternità (articolo 4, commi da 16 a 23). Si modifica la disciplina sulla preventiva convalida delle dimissioni presentate dalla lavoratrice o dal lavoratore in alcune circostanze, con l’obiettivo di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco. In particolare: si estende (da uno) ai primi tre anni di vita del bambino la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie; si estende (da uno) ai primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento la durata del periodo in cui opera l’obbligo di convalida delle dimissioni volontarie (specificando che in caso di adozione internazionale i tre anni decorrono dal momento della comunicazione della proposta di incontro con il minore adottando ovvero della comunicazione dell’invito a recarsi all’estero per ricevere la proposta di abbinamento). Si specifica poi come nei casi sopra indicati, si estenda l’istituto del convalida anche al caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro; e sempre nei casi sopra indicati, viene specificato che la convalida costituisce condizione sospensiva per l’efficacia della cessazione del rapporto di lavoro (la normativa vigente già la pone come condizione, ma senza specificarne la natura sospensiva).

Disoccupazione, procedure semplificate (articolo 4, commi 38 e 39). Si introducono misure disemplificazione in materia di acquisizione dello stato di disoccupazione. Il comma 38 prevede che ai fini della presentazione di una domanda di indennità nell’ambito dell’ASpI, ladichiarazione dell’interessato volta ad attestare l’attività lavorativaprecedentemente svolta e l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa (di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n.181 del 2000) possa essere resa all’Inps, che la trasmette al servizio regionale per l’impiego competente per territorio, mediante apposito sistema informativo. Il comma 39 prevede, a fini di semplificazione degli adempimenti per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, che le Regioni e le Province mettano a disposizione dell’Inps, secondo modalità dallo stesso indicate, le informazioni di propria competenza necessarie per il riconoscimento degli incentivi all’assunzione, comprese le informazioni relative all’iscrizione nelle liste di mobilità e al possesso dello stato di disoccupazione e sua durata.

Disabili, diritto al lavoro (articolo 4, comma 27). Vengono modificati i criteri, previsti all’articolo 4, comma 1 della legge n. 68/1999, per l’applicazione degli obblighi di assunzione delle categorie protette prevedendo che vengano inseriti nella base di computo aziendale tutti i lavoratori con contratto di lavoro subordinato. In secondo luogo, si modifica l’articolo 5, comma 2 della legge n. 68/1999, prevedendo che ai fini dell’esonero dagli obblighi di assunzione si ricomprende nel personale di cantiere del settore edile anche quello direttamente operante nei montaggi industriali o impiantistici e nelle relative opere di manutenzione svolte in cantiere, indipendentemente dall’inquadramento previdenziale dei lavoratori. In terzo luogo, si introduce il comma 8-quinquies all’articolo 5 della legge n. 68/1999, con il quale la disciplina sui procedimenti relativi agli esoneri parziali (dagli obblighi di assunzione), sui criteri e le modalità per la loro concessione e la definizione di norme volte al potenziamento delle attività di controllo, viene rimessa a un regolamento ministeriale finalizzato a evitare abusi nel ricorso all’istituto dell’esonero e a garantire il rispetto delle quote di riserva. Il provvedimento è adottato con decreto del ministro del Welfare, sentita la Conferenza unificata. Infine, si interviene sul comma 1 dell’articolo 6 della legge n. 68/1999, prevedendo che gli uffici competenti dei servizi regionali per l’impiego comunichino, anche in via telematica, con cadenza almeno mensile, alla competente Direzione territoriale del lavoro, il mancato rispetto delle norme sulle assunzioni obbligatorie, e il ricorso agli esoneri, ai fini dell’attivazione degli eventuali accertamenti.

Finalità della legge e sistema di monitoraggio e valutazione (articolo 1, commi da 1 a 6). Vengono individuati gli obiettivi generali del disegno di legge di riforma. Si punta alla realizzazione di un mercato del lavoro inclusivo e dinamico, in grado di contribuire alla creazione di occupazione, in quantità e qualità, alla crescita sociale ed economica e alla riduzione permanente del tasso di disoccupazione. Le finalità del provvedimento vengono perseguite attraverso: l’instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, con il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato; la valorizzazione dell’apprendistato; la ridistribuzione in modo più equo delle tutele dell’impiego, da un lato, contrastando l’uso improprio e strumentale degli elementi di flessibilità relativi alle tipologie contrattuali e, dall’altro, adeguando la disciplina del licenziamento. é stata effettuata una revisione degli ammortizzatori sociali e delle politiche attive. Contrasto, poi, di usi degli istituti contrattuali esistenti volti ad eludere obblighi contributivi e fiscali. Si punta anche alla promozione di una maggiore inclusione delle donne nella vita economica e di nuove opportunità di impiego o di tutela del reddito per i lavoratori ultracinquantenni e alla promozione di modalità partecipative di relazioni industriali in conformità agli indirizzi assunti in sede europea. Istituzione – senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica – di un sistema permanente di monitoraggio e valutazione, basato su dati forniti dall’Istituto nazionale di statistica (Istat) e da altri soggetti del Sistema statistico nazionale (Sistan). L’obiettivo è quello di verificare lo stato di attuazione degli interventi e valutarne gli effetti sull’efficienza del mercato del lavoro, sull’occupabilità dei cittadini e sulle modalità di entrata e di uscita nell’impiego. Al sistema di monitoraggio e valutazione,istituito presso il ministero del Lavoro in collaborazione con le altre Istituzioni competenti, concorrono le parti sociali (attraverso le organizzazioni maggiormente rappresentative a livello nazionale dei lavoratori e dei datori di lavoro), nonché l’Inps e l’Istat, chiamati ad organizzare una banche dati informatizzate anonime. Il sistema permanente di monitoraggio e valutazione dovrà produrre rapporti annuali sullo stato di attuazione delle singole misure, da cui potranno essere desunti elementi per successivi interventi di implementazione o correzione delle norme introdotte.

Fondi di solidarietà bilaterali (articolo 3, commi da 4 a 13). Vengono istituiti i fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale (ordinaria o straordinaria), al fine di assicurare ai lavoratori interessati una tutela nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per le cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. In particolare, al fine di assicurare la definizione, entro l’anno 2013, di un sistema inteso ad assicurare adeguate forme di sostegno per i lavoratori dei diversi comparti, si prevede l’obbligo, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di stipulare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, accordi collettivi e contratti collettivi, anche intersettoriali, aventi ad oggetto la costituzione di fondi di solidarietà bilaterali per i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale. Tali fondi hanno lo scopo di assicurare ai lavoratori una tutela, in costanza di rapporto di lavoro, nei casi di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa per cause previste dalla normativa in materia di integrazione salariale ordinaria o straordinaria. Tali fondi devono essere costituiti presso l’Inps, con apposito decreto ministeriale. La norma stabilisce come l’istituzione di detti fondi sia «obbligatoria» per tutti i settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale in relazione alle imprese che occupino mediamente più di 15 dipendenti. Le prestazioni e i relativi obblighi contributivi non si applicano al personale dirigente se non espressamente previsto. I fondi possono perseguire ulteriori finalità in aggiunta a quelle espressamente individuate in precedenza e precisamente possono: a) assicurare ai lavoratori una tutela in caso di cessazione dal rapporto di lavoro, integrativa rispetto all’assicurazione sociale per l’impiego; b) prevedere assegni straordinari per il sostegno al reddito, riconosciuti nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo, a lavoratori che raggiungano i requisiti previsti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato nei successivi cinque anni; e c) contribuire al finanziamento di programmi formativi di riconversione o riqualificazione professionale, anche in concorso con gli appositi fondi nazionali o dell’Unione europea. Per tali finalità, i fondi possono essere istituiti, con le medesime modalità richiamate per l’istituzione obbligatoria, anche in relazione a settori e classi di ampiezza già coperti dalla normativa in materia di integrazioni salariali. Per le imprese nei confronti delle quali trova applicazione la disciplina in materia di mobilità, gli accordi e contratti collettivi con le modalità di cui al comma 1 possono prevedere che il fondo di solidarietà sia finanziato, a decorrere dal 1º gennaio 2017, con un’aliquota contributiva pari allo 0,30% delle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali.

Fondi di solidarietà alternativi (articolo 3, commi da 14 a 18). Questi commi introducono un modello di costituzione dei fondi di solidarietà alternativo a quello dei fondi di solidarietà bilaterali. Più specificamente, si prevede la facoltà, per le organizzazioni sindacali e imprenditoriali, nei settori non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, nei quali siano operanti, alla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, consolidati sistemi di bilateralità e in considerazione delle peculiari esigenze dei predetti settori, quale quello dell’artigianato, di adeguare le fonti istitutive dei rispettivi fondi bilaterali. L’adeguamento deve in ogni caso prevedere misure intese ad assicurare ai lavoratori una tutela reddituale in costanza di rapporto di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, correlate alle caratteristiche delle attività produttive interessate. Viene poi demandato agli accordi e ai contratti collettivi la definizione: a) di un’aliquota complessiva di contribuzione ordinaria di finanziamento non inferiore allo 0,20 per cento; b) delle tipologie di prestazioni in funzione delle disponibilità del fondo di solidarietà bilaterale; c) dell’adeguamento dell’aliquota in funzione dell’andamento della gestione, ovvero la rideterminazione delle prestazioni in relazione alle erogazioni, anche in considerazione degli andamenti del relativo settore in relazione anche a quello più generale dell’economia, e l’esigenza dell’equilibrio finanziario del fondo medesimo; d) della possibilità di far confluire al fondo di solidarietà quota parte del contributo previsto per l’eventuale fondo interprofessionale; ed e) criteri e requisiti per la gestione dei fondi. Le norme prevodono, anche, il riconoscimento, in via sperimentale per il periodo 2013-2015, dell’erogazione dell’ASPI (per un periodo massimo di 90 giorni da computare in un biennio mobile) ai lavoratori sospesi per crisi aziendali o occupazionali che siano in possesso di specifici requisiti, a condizione che ci sia un intervento integrativo da parte dei fondi bilaterali disciplinati dall’articolo medesimo (o dei fondi di solidarietà bilaterali) pari almeno alla misura del 20% dell’indennità stessa. Il trattamento è riconosciuto nel limite delle risorse non superiore a 20 milioni di euro annui per il periodo 2013-2015; al relativo onere si provvede per l’anno 2013 sulla dotazione del Fondo per gli interventi urgenti ed indifferibili, e per il biennio 2014-2015 mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa relativa al Fondo per il finanziamento di interventi a favore dell’incremento in termini quantitativi e qualitativi dell’occupazione giovanile e delle donne.

Fondi di solidarietà, finanziamento e risorse finanziarie (articolo 3 commi da 22 a 30). Le norme individuano, in primis, i criteri di ripartizione dei contributi di finanziamento dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo di solidarietà residuale. In particolare viene prevista la contribuzione a carico del datore di lavoro nella misura di 2/3 e a carico dei lavoratori nella misura di 1/3. Sono poi previsti specifici contributi addizionali a carico del datore di lavoro in caso di erogazione degli assegni ordinari e straordinari di sostegno al reddito da parte dei fondi stessi, da calcolarsi in relazione alla misura delle prestazioni erogate. Le disposizioni in commento dettano pure la disciplina finanziaria dei fondi, prevedendo, in particolare, l’obbligo del pareggio di pareggio; la impossibilità di erogare prestazioni in carenza di disponibilità finanziarie; l’obbligo di presentare bilanci di previsione a 8 anni basati sullo scenario macroeconomico definito dal Ministero dell’economia e delle finanze. Viene inoltre prevista la possibilità di modificare il regolamento del fondo in relazione all’importo delle prestazioni o alla misura dell’aliquota, anche in corso d’anno, con decreto direttoriale interministeriale, sulla base di una proposta del comitato amministratore. È prevista, infine, la possibilità di adeguamento dell’aliquota in caso di necessità di assicurare il pareggio di bilancio ovvero di far fronte a prestazioni già deliberate o da deliberare.

Fondi di solidarietà, gestione e adeguamento (articolo 3, commi da 35 a 43). Alla gestione di ciascun fondo di solidarietà bilaterale provvede un comitato amministratore, nominato con decreto del ministro del Welfare e in carica per quattro anni o per la diversa durata prevista dal decreto istitutivo, con i seguenti compiti: a) predisposizione, sulla base dei criteri stabiliti dal consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps, dei bilanci annuali, preventivo e consuntivo, della gestione, corredati da una propria relazione, e deliberare sui bilanci tecnici relativi alla gestione stessa; b) deliberazioni in ordine alla concessione degli interventi e dei trattamenti e compiere ogni altro atto richiesto per la gestione degli istituti previsti dal regolamento; c) proposte in materia di contributi, interventi e trattamenti; d) vigilanza sull’affluenza dei contributi, sull’ammissione agli interventi e sull’erogazione dei trattamenti, e sull’andamento della gestione; e) decisioni in unica istanza sui ricorsi in ordine alle materie di competenza; ed f) assolvimento di ogni altro compito ad esso demandato da leggi o regolamenti. Le norme in esame regolamentano pure la composizione del comitato amministratore, composto da esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori stipulanti l’accordo o il contratto collettivo, in numero complessivamente non superiore a dieci, e da due funzionari, con qualifica di dirigente, in rappresentanza, rispettivamente, del ministero del Welfare e del Tesoro. I commi 42 e 43 dell’articolo 3 in esame dettano poi norme di adeguamento per i fondi di solidarietà già istituiti.

Fondi di solidarietà, prestazioni erogate (articolo 3, commi da 31 a 34). Le norme indicanoespressamente le prestazioni erogate dai fondi di solidarietà bilaterali. Tali prestazioni consistono, in primo luogo, in un assegno ordinario di importo pari alla integrazione salariale, di durata non superiore a 1/8 delle ore complessivamente lavorabili nell’ambito di un biennio (mobile), in relazione alle causali previste dalla normativa in materia di Cig e Cigs. Sono altresì stabilite ulteriori tipologie di prestazione che possono essere erogate dai fondi, quali prestazioni integrative (per importi o durate) rispetto all’ASPI; assegni straordinari di sostegno al reddito in favore di lavoratori che raggiungono i requisiti per il pensionamento nei successivi cinque anni e che siano interessati da processi di agevolazione all’esodo. Nei casi di erogazione dell’assegno ordinario, i fondi di solidarietà bilaterali ed il fondo di solidarietà residuale hanno poi l’obbligo di versare la contribuzione correlata alla prestazione alla gestione di iscrizione del lavoratore interessato. Tale obbligo invece non grava sui fondi bilaterali alternativi.

Fondo di solidarietà mutui prima casa (articolo 3, commi 48 e 49). Si novellano le disposizioni riguardanti il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto della prima casa. A tal fine è ampliata la casistica nella quale opera la sospensione del pagamento delle rate; sono precisate, articolandole, le condizioni alle quali non opera detta sospensione; sono modificate le spese delle quali si farà carico il Fondo di solidarietà, che – in luogo dei costi delle procedure bancarie e notarili correlati alla sospensione – sosterrà gli oneri finanziari pari agli interessi maturati sul debito residuo durante il periodo di sospensione, calcolato secondo specifiche modalità; è inoltre codificato in norma primaria l’insieme di condizioni per l’accesso ai benefici di legge. Più in dettaglio, la sospensione non può essere richiesta per i mutui che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche: a) presentino un ritardo nei pagamenti superiore a 90 giorni consecutivi al momento della presentazione della domanda da parte del mutuatario, ovvero per i quali sia intervenuta la decadenza dal beneficio del termine o la risoluzione del contratto stesso, anche tramite notifica dell’atto di precetto o sia stata avviata da terzi una procedura esecutiva sull’immobile ipotecato; b) che fruiscono di agevolazioni pubbliche; c) per i quali sia stata stipulata un’assicurazione a copertura del rischio che si verifichino gli eventi straordinari purchè tale assicurazione garantisca il rimborso almeno degli importi delle rate oggetto della sospensione e sia efficace nel periodo di sospensione stesso. Mentre l’ammissione al beneficio è subordinata esclusivamente all’accadimento di almeno uno dei seguenti eventi, intervenuti successivamente alla stipula del contratto di mutuo e verificatesi nei 3 anni antecedenti alla richiesta di ammissione al beneficio: a) cessazione del rapporto di lavoro subordinato, ad eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di risoluzione per limiti di età con diritto a pensione di vecchiaia o di anzianità, di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo soggettivo, di dimissioni del lavoratore non per giusta causa; b) cessazione dei rapporti di lavoro di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato (ai sensi dell’articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile) a eccezione delle ipotesi di risoluzione consensuale, di recesso datoriale per giusta causa, di recesso del lavoratore non per giusta causa; e c) morte o riconoscimento di handicap grave: minorazione, singola o plurima, che abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità, ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, o di invalidità civile non inferiore all’80 per cento.

Fondo di solidarietà residuale (articolo 3, commi da 19 a 21). Si prevede l’istituzione di un fondo di solidarietà residuale, con apposito decreto non regolamentare interministeriale, per i settori in cui non siano stati attivati, entro il 31 marzo 2013, i fondi di solidarietà bilaterali. Si prevede l’obbligo, per i settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali comunque superiori ai 15 dipendenti, non coperti dalla normativa in materia di integrazione salariale, di istituire un fondo di solidarietà residuale, nel caso in cui in tali settori, tipologie di datori di lavoro e classi dimensionali non siano stipulati, entro il 31 marzo 2013, accordi collettivi volti all’attivazione di fondi di solidarietà bilaterali. Tale fondo è istituito, con decreto non regolamentare del ministro del Welfare, di concerto con il Tesoro, e ad esso contribuiscono i datori di lavoro dei settori identificati. Il fondo di solidarietà residuale, finanziato con i contributi dei datori di lavoro e dei lavoratori dei settori coperti, secondo le aliquote definite con gli stessi decreti di istituzione dei fondi di solidarietà bilaterali e del fondo residuale stesso, deve comunque garantire le stesse prestazioni dei fondi di solidarietà bilaterali per una durata non superiore a un ottavo delle ore complessivamente lavorabili da computare in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria.

Genitorialità, misure di sostegno (articolo 4, commi da 24 a 26). Si prevedono due misure sperimentali, in materia di maternità e paternità, per gli anni 2013-2015, con l’obiettivo di dare sostegno alla genitorialità, promuovendo «una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro». Una prima misura sperimentale consistente nell’obbligo per il padre lavoratore dipendente, entro i cinque mesi dalla nascita del figlio, di astenersi dal lavoro per un periodo di un giorno. Entro il medesimo periodo, il padre lavoratore dipendente può astenersi per ulteriori due giorni, anche continuativi, previo accordo con la madre e in sua sostituzione in relazione al periodo di astensione obbligatoria spettante a quest’ultima. Per questi giorni di astensione viene riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’nps pari al 100 per cento della retribuzione per il periodo di due giorni goduto in sostituzione della madre; e un’indennità pari al 100 per cento della retribuzione per il giorno di astensione obbligatorio sopra indicato. Il padre lavoratore deve dare preventiva comunicazione in forma scritta al datore di lavoro dei giorni prescelti per astenersi dal lavoro con un preavviso di almeno quindici giorni. La seconda misura sperimentale consistente invece nella corresponsione di voucher alla madre lavoratrice per l’acquisto di servizi di baby-sitting per fare fronte agli oneri della rete pubblica dei servizi per l’infanzia o dei servizi privati accreditati, di cui usufruire al termine del periodo di congedo di maternità e per gli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale. Si prevede, poi, che la definizione dei criteri di accesso e le modalità di utilizzo delle misure sperimentali sopra descritte, e del numero e dell’importo dei voucher, tenendo conto anche dell’Isee (della situazione economica equivalente) del nucleo familiare di appartenenza, sia rimessa adun decreto ministeriale del ministero del Welfare di concerto col Tesoro da adottare entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge in esame.

Immigrati, contrasto al lavoro irregolare (articolo 4, comma 30). Si modifica la disciplina relativa al prolungamento del soggiorno dello straniero extracomunitario nell’ipotesi di perdita del posto di lavoro, elevando a un anno il periodo minimo di iscrizione nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso e prevedendo che il permesso per attesa occupazione sia valido per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita. La novella specifica poi che, decorso il periodo di validità del suddetto permesso, trovano applicazione i requisiti reddituali stabiliti per lo straniero che intenda richiedere il ricongiungimento dei familiari.

Imprese ferroviarie, regole sui trattamenti di lavoro (articolo 4, comma 32). Nell’ambito della regolazione dei trattamenti di lavoro nelle imprese ferroviarie si prevede che tali trattamenti possano essere definiti non solo dalla contrattazione collettiva nazionale (come attualmente previsto), ma anche, in via delegata, dalla contrattazione decentrata.

Incentivi alle assunzioni, principi generali (articolo 4, commi da 12 a 15). Si punta a definire meglio l’applicazione di tutti gli istituti di incentivo all’occupazione, definendo, al contempo, determinate fattispecie di esclusione del riconoscimento degli incentivi stessi. Si precisa, inoltre, che ai fini della determinazione del diritto agli incentivi e della loro durata, si cumulano i periodi in cui il lavoratore abbia prestato l’attività, in favore dello stesso soggetto, a titolo di lavoro subordinato o somministrato. Inoltre, viene modificata la norma che esclude il riconoscimento di specifici incentivi (sgravi contributivi in caso di assunzione, con contratto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, di lavoratori che da almeno 24 mesi siano o disoccupati o sospesi dal lavoro e beneficiari di Cigs) nel caso in cui l’assunzione sia effettuata in sostituzione di lavoratori dipendenti licenziati per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale o sospesi. In questa prospettiva sono definiti i seguenti principi. Gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente, stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva. Gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui il lavoratore avente diritto all’assunzione viene utilizzato mediante contratto di somministrazione. Gli incentivi poi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine. Sempre gli incentivi sono esclusi anche nel caso in cui, prima dell’utilizzo di un lavoratore mediante contratto di somministrazione, l’utilizzatore non abbia preventivamente offerto la riassunzione al lavoratore titolare di un diritto di precedenza per essere stato precedentemente licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine. Gli incentivi non spettano se il datore di lavoro o l’utilizzatore con contratto di somministrazione abbiano in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvi i casi in cui l’assunzione, la trasformazione o la somministrazione siano finalizzate all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi oppure sia effettuata presso una diversa unità produttiva. Si stabilisce poi che gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che siano stati licenziati, nei sei mesi precedenti, da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con quelli del datore di lavoro che assume ovvero risulti con quest’ultimo in rapporto di collegamento o controllo; in caso di somministrazione tale condizione si applica anche all’utilizzatore.

Incentivi per l’occupazione di donne e anziani in aree svantaggiate (articolo 4, commi da 8 a 11). Si introduce, a decorrere dal 2013, una nuova tipologia di incentivi all’occupazione consistenti nella riduzione, nella misura del 50%, dei contributi di previdenza ed assistenza sociale a carico del datore di lavoro a favore di determinate categorie di lavoratori. La riduzione è modulata, per quanto riguarda la durata, all’età dei lavoratori, al loro status lavorativo e alla tipologia contrattuale applicata. Il beneficio contributivo di dodici mesi è riconosciuto anche per i lavoratori utilizzati in regime di somministrazione a tempo determinato. Come osserva la relazione illustrativa allegata al provvedimento originario, all’introduzione di tale tipologia è connessa, ai sensi del precedente articolo 1, commi 14-15, la contestuale soppressione dell’istituto del contratto di inserimento. Più nel dettaglio, si riconosce un’agevolazione contributiva, consistente nella riduzione del 50% dei contributi a carico del datore di lavoro, e di durata pari a dodici mesi, per le assunzioni effettuate, a decorrere dal 1º gennaio 2013, con contratto di lavoro dipendente, a tempo determinato anche in somministrazione, come specificato nel corso dell’esame al Senato in relazione a lavoratori di età non inferiore a cinquanta anni, disoccupati da oltre dodici mesi. In tali casi, se il contratto viene trasformato a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi si prolunga fino al diciottesimo mese dalla data di assunzione con il contratto a tempo determinato, anche in somministrazione, mentre se l’assunzione viene effettuata con contratto di lavoro a tempo indeterminato, la riduzione dei contributi spetta per un periodo di diciotto mesi dalla data di assunzione.

Indennità di mobilità, disposizioni transitorie (articolo 2, comma 46). Ridefiniti, con un progressivo ridimensionamento, per i lavoratori collocati in mobilità a decorrere dal 1º gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2016, il periodo massimo di diritto della relativa indennità di mobilità, fino al pieno assorbimento nell’ambito dell’Aspi, dal 1° gennaio 2017.

Lavoratori anziani (articolo 4, commi da 1 a 7). Si prevede, in caso di eccedenza del personale, la possibilità che con appositi accordi, stipulati tra datori di lavoro che impieghino mediamente più di 15 dipendenti e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello aziendale, venga posto a carico del datore di lavoro l’erogazione di una prestazione, di importo pari alla pensione che spetterebbe a legislazione vigente, in favore dei lavoratori maggiormente anziani, al fine di incentivarne l’esodo. In tale ipotesi, il datore di lavoro è inoltre tenuto a corrispondere all’Inps la contribuzione fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento dei lavoratori interessati. L’accordo può concernere esclusivamente lavoratori in grado di raggiungere i requisiti per il pensionamento entro quattro anni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Lavoro accessorio e modifiche alla disciplina dei voucher (articolo 1, commi 32 e 33). Intervento sulla disciplina del lavoro accessorio (articoli 70 e 72 del Dlgs 276/2003), con l’obiettivo di restringere il campo di operatività dell’istituto. Ridefiniti i limiti di applicazione sulla base del solo criterio dei compensi prevedendo che il loro importo complessivo non può essere superiore a 5mila euro nel corso di un anno solare, con riferimento alla totalità dei committenti; per quanto riguarda le prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti, fermo restando il limite dei compensi fissato in linea generale a 5mila euro annui, si prevede che le attività svolte a favore di ciascun committente non possono comunque superare i 2mila euro annui. Per quanto riguarda le attività agricole, la normativa vigente viene sostanzialmente confermata con alcune limitazioni: si escludono le casalinghe dal novero dei soggetti abilitati (restano confermati, invece, i pensionati e giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, o in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università). È stato specificato che le attività agricole svolte a favore ossia di produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7mila non possono comunque essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli. Soppressa la norma che attualmente consente alle imprese familiari di ricorrere al lavoro accessorio per un importo complessivo, in ciascun anno fiscale, fino a 10mila euro. Soppresse le discipline sperimentali (previste dalla normativa vigente fino al 31 dicembre 2012) che attualmente consentono prestazioni di lavoro accessorio da parte di titolari di contratti di lavoro a tempo parziale e di percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito. Per favorire l’integrazione dei lavoratori stranieri, si prevede che i compensi percepiti nell’ambito del lavoro accessorio rilevino nel calcolo del reddito necessario per il rilascio o rinnovo del permesso di soggiorno. Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 1, del Dlgs 276/2003, si interviene sui buoni (voucher), specificando che: i buoni devono essere orari, numerati progressivamente e datati; in sede di adozione del decreto ministeriale che aggiorna periodicamente il valore nominale dei buoni, si deve tener conto delle «risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali». Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 4, del Dlgs 276/2003, si dispone invece l’adeguamento delle aliquote dei contributi previdenziali rispetto a quelle previste per gli iscritti alla Gestione separata dell’Inos, da rideterminare con decreto del ministro del Lavoro. Viene dettata la disciplina transitoria, prevedendo che resta comunque ferma, fino al 31 maggio 2013, la normativa vigente con riferimento ai buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della legge.

Lavoro a progetto (articolo 1, commi da 23 a 25). Interventi sulla disciplina del lavoro a progetto (articoli 61-69 del Dlgs 276/2003). Ecco quali: si consente che il contratto di lavoro a progetto sia riconducibile unicamente a progetti specifici (e non più anche a «programmi di lavoro o a fasi di questi ultimi», come ora previsto) e si esclude che il progetto possa consistere in una mera riproposizione dell’oggetto sociale del committente o nello svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi (questi ultimi possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale); si prevede tra gli elementi essenziali da indicare in forma scritta debba esservi anche «il risultato finale che si intende conseguire» attraverso il contratto di lavoro a progetto. Una modifica interviene sulla disciplina del corrispettivo, sostituendo l’articolo 63 del Dlgs 276/2003, che nella formulazione vigente, si limita a richiedere che «Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto. Si prevede che il corrispettivo non può essere inferiore ai minimi stabiliti per ciascun settore di attività, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati. In assenza di contrattazione collettiva specifica, il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell’attività oggetto della prestazione, alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto. È stata introdotta la facoltà per il committente di recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, sono considerati rapporti di lavoro subordinato, sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe rispetto a quella svolta dai lavoratori dipendenti (dell’impresa committente), fatte salve la prova contraria a carico del committente, nonché le prestazioni di elevata professionalità (le quali possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale). C’è una norma di interpretazione autentica dell’articolo 69, comma 1, del Dlgs 276/2003, per chiarire che tale disposizione si interpreta nel senso che l’individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. La nuova disciplina si applica ai contratti di collaborazione stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della legge.

Lavoro a tempo parziale (articolo 1, comma 20). Si rafforzano, modificando i commi 7 e 9 dell’articolo 3 del Dlgs 61/2000, gli strumenti di tutela del lavoratore che abbia concordato con il datore di lavoro clausole flessibili o elastiche nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo parziale (part time). In particolare: i contratti collettivi stabiliscono altresì condizioni e modalità che consentano al lavoratore di richiedere l’eliminazione o la modifica delle clausole flessibili ed elastiche; al lavoratore è riconosciuta la facoltà in determinati casi di revocare il consenso prestato all’inserimento di clausole flessibili o elastiche, ossia: convivenza con figli di età non superiore agli anni tredici, di presenza di patologie oncologiche, per i quali sussista una ridotta capacità lavorativa, o di patologie oncologiche riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore, o di convivenza con familiari portatori di handicap; lavoratori studenti (iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali).

Lavoro intermittente o a chiamata (articolo 1, commi 21 e 22). Modifiche alla disciplina del lavoro intermittente (c.d. lavoro a chiamata o job on call), previsto dagli articoli 33-40 del Dlgs 276/2003. In particolare: modifica i limiti di età del lavoratore entro i quali il contratto di lavoro intermittente può sempre essere concluso (a prescindere, cioè, dal fatto che si tratti di ipotesi individuate dalla contrattazione collettiva); in particolare, il limite minimo viene abbassato da 25 anni a 24 anni (ma a condizione che le prestazioni vengano svolte entro il venticinquesimo anno di età), mentre il limite massimo viene innalzato da 45 anni a 55 anni; si introduce l’obbligo di comunicazione preventiva del datore di lavoro, con modalità semplificate, alla Direzione territoriale del lavoro competente, del ricorso a una prestazione lavorativa, di durata superiore a 30 giorni, sulla base di un contratto di lavoro intermittente. In caso di inadempimento di tale obbligo è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria; si sopprime l’articolo 37, che dispone che nel caso di lavoro intermittente per prestazioni da rendersi il fine settimana, nonché nei periodi delle ferie estive o delle vacanze natalizie e pasquali l’indennità di disponibilità (di cui all’articolo 36) è corrisposta al prestatore di lavoro solo in caso di effettiva chiamata da parte del datore di lavoro. La disposizione prevede, poi, che ulteriori periodi predeterminati possono esser previsti dai contratti collettivi stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale. Viene dettata anche una disciplina transitoria, prevedendo che i contratti di lavoro intermittente già sottoscritti alla data di entrata in vigore della legge, che non siano compatibili con le nuove norme, cessano di produrre effetti decorsi dodici mesi da tale data.

Licenziamenti coillettivi (articolo 1, commi da 44 a 46). Viene modificata la procedura sindacale che deve seguire il datore di lavoro che intende intimare licenziamenti collettivi. È previsto che : 1) la comunicazione dell’elenco dei lavoratori collocati in mobilità, che l’impresa deve effettuare nei confronti di determinati soggetti pubblici, avvenga non contestualmente, ma entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi a ciascuno dei lavoratori interessati; 2) che gli eventuali vizi della comunicazione preventiva alle rappresentanze sindacali aziendali e alle rispettive associazioni di categoria (con la quale inizia la procedura di licenziamento collettivo) sono sanabili, adogni effetto di legge, nell’ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della medesima procedura.
Sono state adeguate le conseguenze sanzionatorie dei licenziamenti illegittimi o inefficaci, intimati ai singoli lavoratori all’esito della procedura di licenziamento collettivo, al nuovo testo dell’articolo 18 della legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) introdotto dal provvedimento in esame.
In particolare, si prevede che: a) in caso di recesso intimato senza l’osservanza della forma scritta, si applica il regime sanzionatorio previsto dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 1, della legge 300/1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non inferiore a 5 mensilità); b) in caso di recesso intimato senza il rispetto della procedura sindacale prevista dall’articolo 4, comma 12, della legge 223/1991, si applica la tutela prevista per i licenziamenti economici dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 7, terzo periodo, della legge 300/1970 (ossia indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale); c) in caso di recesso intimato violando i criteri di scelta dei lavoratori da collocare in mobilità (elencati dall’articolo 5 della legge 223/1991), si applica la tutela reale prevista dal nuovo testo dell’articolo 18, comma 4, della legge 300/1970 (ossia la reintegrazione nel posto di lavoro e una indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione, comunque non superiore a 12 mensilità). Infine, si prevede che in tali ipotesi, ai fini dell’impugnazione dei licenziamenti, trovino applicazione le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 604/1966 (prevede che il licenziamento debba essere impugnato con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a manifestare la volontà del lavoratore, entro 60 giorni dalla sua comunicazione per iscritto, e che nei successivi 270 giorni – che scendono a 180 giorni ai sensi del presente provvedimento – debba essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o debba essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione).

Licenziamento illegittimo (articolo 1, commi 42 e 43). Modificata la disciplina relativa alla tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo, prevedendo una riduzione dell’area della tutela reale. Viene sostituta la rubrica dell’articolo 18 della legge 300/1970 (Tutela del lavoratore in caso di licenziamento illegittimo), per adeguarla al nuovo contenuto normativo della disposizione. La nuova disciplina a tutela del lavoratore nel caso di licenziamento illegittimo risulta così articolata: A) Licenziamento nullo – Nel caso di licenziamento nullo (perché discriminatorio o adottato in presenza di una causa di divieto) o intimato in forma orale, viene sostanzialmente confermata la normativa vigente, che prevede la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, indipendentemente dal motivo formalmente addotto e dal numero di dipendenti occupati dal datore di lavoro, nonchè un’indennità commisurata all’ultima retribuzione globale maturata dal momento del licenziamento all’effettiva reintegrazione (e comunque non inferiore a 5 mensilità). Resta fermo, poi, che il lavoratore può optare, in alternativa, per un’indennità pari a 15 mensilità dell’ultima retribuzione globale. B) Licenziamento illegittimo per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo (cosiddetto licenziamento disciplinare) – Nel caso di licenziamento per mancanza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo, rispetto alla disciplina vigente, che prevede in ogni caso l’obbligo di reintegrazione del lavoratore nelle imprese oltre i 15 dipendenti (o oltre i 5 se si tratta di imprenditore agricolo), si introduce una distinzione tra: mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a insussistenza del fatto contestato ovvero a fatto che rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti o dei codici disciplinari – in questi casi continua a valere la reintegrazione nel posto di lavoro (tutela reale) (attualmente prevista dalla normativa vigente nelle imprese sopra i 15 dipendenti) e il giudice riconosce un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto (Per quanto concerne l’indennità, rispetto alla normativa vigente viene quindi fissato un tetto massimo e, allo stesso tempo, soppresso il limite minimo di 5 mensilità). Riguardo all’obbligo, a carico del datore, di versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e l’effettiva reintegrazione, si specifica che dalle somme dovute si scomputino i contributi accreditati in favore del lavoratore in conseguenza di eventuali altre attività lavorative; mancanza di giusta causa o di giustificato motivo connessi a tutte le restanti ipotesi: in questi casi non opera più la reintegrazione nel posto di lavoro e il giudice, dichiarando risolto il rapporto di lavoro, riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale (in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo). C) Licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo (cosiddetto licenziamento per motivi economici) – Nel caso di licenziamento illegittimo per mancanza di giustificato motivo oggettivo, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro e il giudice riconosce un’indennità determinata tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità dell’ultima retribuzione globale. Tuttavia, il giudice, nel caso in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustifico motivo oggettivo, può disporre la reintegrazione nel posto di lavoro e riconoscere un’indennità risarcitoria pari a un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto. D) Licenziamento inefficace – Nel caso di licenziamento inefficace per violazione del requisito di motivazione, della procedura disciplinare o della procedura di conciliazione, non trova più applicazione la reintegrazione nel posto di lavoro e il giudice riconosce al lavoratore un’indennità risarcitoria complessiva determinata tra un minimo di 6 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale (ai fini della determinazione in concreto dell’indennità il giudice deve tenere conto della gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, e motivare in modo specifico al riguardo). Ci sono poi una serie di disposizioni di tipo trasversale, applicabili in tutte le ipotesi di licenziamenti illegittimi. Riguardano: 1) il fatto che nella determinazione dell’indennità spettante al lavoratore il giudice debba dedurre quanto eventualmente percepito dal lavoratore, nel periodo di estromissione, per lo svolgimento di altre attività lavorative e quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione, nonché valutare il comportamento delle parti nell’ambito della procedura di conciliazione; 2) l’introduzione di una fattispecie di revoca del licenziamento (individuale) da parte del datore, in virtù della quale, qualora vi sia una revoca entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo licenziamento, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente la revoca, sena applicazione di sanzioni o indennità.
Il comma 43 integra il Collegato lavoro), dove si prevede che laddove disposizioni di legge in materia di lavoro contengano clausole generali («ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso»), il controllo giudiziale è limitato all’accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente. La modifica è volta a specificare che l’inosservanza di tale limite costituisce motivo di impugnazione del provvedimento giudiziale per violazione di norme di diritto.

Licenziamenti individuali (articolo 1, commi da 37 a 41). Modifiche alla legge 604/1966, in materia di licenziamenti individuali. La comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione dei motivi. Viene ridotto da 270 giorni a 180 giorni il termine entro il quale deve essere depositato il ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o deve essere comunicata alla controparte la richiesta del tentativo di conciliazione o arbitrato. Il nuovo termine si applica ai soli licenziamenti intimati dopo la data di entrata in vigore della legge. Introdotta una procedura di conciliazione davanti alla Commissione provinciale di conciliazione presso la Direzione territoriale del lavoro, che il datore di lavoro, avente i requisiti dimensionali (immutati) previsti dal nuovo articolo 18, comma 8, della legge 300/1970, deve obbligatoriamente esperire prima di intimare il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (ossia il licenziamento determinato da ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa) e si configura, quindi, come condizione di procedibilità. Nel corso della procedura le parti possano farsi assistere da rappresentanti sindacali, avvocati o consulenti del lavoro. Il comportamento complessivo delle parti in tale sede è valutato dal giudice ai fini della determinazione dell’indennità risarcitoria e della condanna alle spese (o della compensazione, anche parziale, delle stesse). Il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare di cui all’articolo 7 della legge 20 maggio 300/1970, oppure all’esito del procedimento di cui all’articolo 7 della legge 604/1966, produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento è stato avviato, salvo l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva- È fatto salvo, in ogni caso, l’effetto sospensivo disposto dalle norme del testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela della maternità e della paternità (Dlgs 151/2001). Gli effetti rimangono sospesi anche in caso di impedimento derivante da infortunio occorso sul lavoro. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato.

Mini-Aspi (articolo 2, commi da 20 a 24). Introdotto un ulteriore istituto di sostegno del reddito, denominato mini-Aspi, volto ad assicurare, dal 1° gennaio 2013, i lavoratori che non abbiano i requisiti per la fruizione dell’Aspi. La mini-Aspi va a sostituire l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, condizionandola alla presenza e permanenza dello stato di disoccupazione. In particolare, la mini-Aspi può essere concessa in presenza di almeno 13 settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi, e consiste in un’indennità di pari importo dell’Aspi.

Misure fiscali (articolo 4, commi da 72 a 76). Si individuano disposizioni volte a reperire maggiori entrate, destinate a confluire nella copertura degli oneri della legge. Più in dettaglio, viene ridotta la percentuale deducibile, ai fini delle imposte dirette, delle spese e degli altri componenti negativi relativi a specifici mezzi di trasporto a motore impiegati nell’esercizio di imprese, arti e professioni; viene rideterminata la modalità di calcolo del reddito dei fabbricati imponibile ai fini Irpef (abbassando dal 15 al 5 per cento la riduzione applicabile ai canoni dei fabbricati locati); è incrementata di due euro, a decorrere dal 1º luglio 2013, l’addizionale comunale sui diritti di imbarco di passeggeri sugli aeromobili;è limita la percentuale di deducibilità del contributo relativo ai premi delle assicurazioni per la responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti.

Offerta di lavoro congrua (articolo 4, commi da 40 a 47). Al fine di incentivare comportamenti virtuosi e di responsabilizzare i lavoratori che beneficiano di prestazioni di sostegno del reddito, l’articolo 4, commi 40-45, modificato durante l’esame al Senato, disciplina alcune ipotesi didecadenza dalle prestazioni di sostegno al reddito in costanza dirapporto di lavoro (ai sensi dell’articolo 3 della presente legge) per i lavoratori che rifiutino di partecipare ad un corso di formazione oriqualificazione ovvero non lo frequentino con regolarità senza un giustificato motivo. Il comma 41 dispone la decadenza dall’indennità di mobilità o di altra indennità o sussidio per i lavoratori che: a) rifiutino di partecipare a iniziative di politiche attive proposte dai centri per l’impiego o non vi partecipino regolarmente senza un giustificato motivo; b) non accettino un’offerta di lavoro con inquadramento in un livello retributivo superiore almeno del 20 per cento rispetto all’importo lordo dell’indennità cui hanno diritto. Ai fini dell’applicazione delle sanzioni prevista ai commi 40 e 41, si fa riferimento a una distanza fra il luogo di svolgimento dell’attività di formazione o lavoro e la residenza del lavoratore non superiore a 50 chilometri o comunque percorribile con mezzi pubblici in 80 minuti. Si precisa poi che nei casi sopra citati, ferma restando la perdita del diritto alla prestazione nelle ipotesi sopra elencate, rimangono salvi i diritti già maturati. I centri per l’impiego comunicano tempestivamente gli eventi sopra descritti all’Inpsche dispone il provvedimento di decadenza (sempre impugnabile). Le norme in commento prevedono poi l’abrogazione di altre disposizioni in contrasto con queste nuove regole.

Rapporti di lavoro alle dipendenze della Pa (articolo 1, commi 7 e 8). Princìpi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Le disposizioni del provvedimento costituiscano principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici (con esclusione del personale in regime di diritto pubblico), in coerenza con quanto disposto all’articolo 2, comma 2, del Dlgs 165/2001. Sul punto il ministro per la Pubblica amministrazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individuerà e definirà, anche mediante iniziative normative, gli àmbiti, le modalità e i tempi di armonizzazione della disciplina relativa ai dipendenti pubblici.

Reti territoriali di servizi (articolo 4, commi da 55 a 57). Si prevede, con intesa in sede di Conferenza Unificata, sentite le parti sociali, la definizione di indirizzi per l’individuazione di criteri generali e priorità per la realizzazione di reti territoriali comprendenti i servizi di istruzione, formazione e lavoro collegati organicamente alle strategie per la crescita economica, l’accesso al lavoro dei giovani, la riforma del welfare, l’invecchiamento attivo e l’esercizio della cittadinanza attiva, anche da parte degli immigrati.

Revoca di prestazioni assistenziali e previdenziali a condannati per gravi reat (articolo 2, commi da 58 a 63). Revoca di prestazioni assistenziali e previdenziali di cui siano titolari soggetti condannati per reati di particolare allarme sociale. In caso di sentenza di condanna per una serie di reati di particolare allarme sociale previsti dal codice penale – associazione con finalità di terrorismo (articolo 270-bis), attentato per finalità terroristiche o di eversione (articolo 280), sequestro di persona a scopo di terrorismo o di eversione (articolo 289-bis), associazione di tipo mafioso (articolo 416-bis) e delitti commessi per agevolare l’attività della stessa o avvalendosi delle condizioni di intimidazione derivanti dall’appartenenza all’associazione; scambio elettorale politico-mafioso (articolo 416-ter), strage (articolo 422) – è previsto che il giudice disponga la sanzione accessoria della revoca di una serie di prestazioni assistenziali di cui il condannato risulti titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione di invalidità civile. Con la sentenza di condanna, il giudice dispone l’ulteriore revoca dei trattamenti previdenziali erogati al condannato qualora una precedente sentenza abbia accertato che questi trattamenti derivino, anche parzialmente, da un rapporto di lavoro fittizio a copertura di attività illecite connesse ai suddetti reati. Della sanzione accessoria applicata è data notizia entro 15 giorni, per l’immediata esecuzione, agli enti titolari dei trattamenti assistenziali e previdenziali in favore del condannato.
Entro 3 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, il ministro della Giustizia (d’intesa con quello del Lavoro) trasmette agli enti titolari dei trattamenti – ai fini della revoca – l’elenco dei condannati in via definitiva per alcuno dei reati sopracitati. Al termine delle indagini preliminari, in sede di richiesta di rinvio a giudizio per l’esercizio dell’azione penale, il pm che nel corso delle indagini abbia acquisito elementi che facciano ritenere irregolarmente percepita una prestazione assistenziale o previdenziale, ne informa la competente amministrazione ai fini dei necessari accertamenti. Se ne ricorrano i presupposti giuridici, i condannati cui siano state revocate le prestazioni assistenziali – a pena eseguita – possono tuttavia beneficiare delle prestazioni previste dalla vigente disciplina. Le risorse derivanti dai provvedimenti di revoca sono versate dagli enti erogatori delle prestazioni all’entrata del bilancio dello Stato per essere poi riassegnate al Fondo dirotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, della richieste estorsive e dell’usura e agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

Riduzione spese enti (articolo 4, commi da 77 a 79). Si dispone per alcuni enti (Inps, Inail e Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato) l’adozione, a decorrere dal 2013, di misure di razionalizzazione organizzativa aggiuntive rispetto a quelle già previste dalla normativa vigente, volte alla riduzione delle spese di funzionamento. Le disposizioni n esame quantificano le riduzioni, rispettivamente, in 18 milioni di euro annui per l’Inail e 72 milioni di euro per l’Inps. Per i Monopoli i risparmi sono quantificati in misura pari a euro 10 milioni a decorrere dall’esercizio 2013.

Servizi per l’impiego (articolo 4, commi da 33 a 37 e da 48 a 50). Si modificano gli articoli 3 e 4 del decreto legislativo n. 181 del 2000, al fine di definire i livelli essenziali delle prestazioni rese dai servizi per l’impiego nei confronti di beneficiari di ammortizzatori sociali o di strumenti di integrazione salariale. In primo luogo si fissano alcuni livelli minimi delle offerte e delle prestazioni che devono essere svolte dai servizi regionali per l’impiego nei confronti dei beneficiari di ammortizzatori sociali per i quali lo stato di disoccupazione o di inoccupazione costituisca requisito. In particolare si prevede: un colloquio di orientamento entro i tre mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione; azioni di orientamento collettive fra i tre e i sei mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione; una formazione della durata complessiva di almeno due settimane tra i sei e i dodici mesi dall’inizio dello stato di disoccupazione; una proposta di adesione ad iniziative di inserimento lavorativo entro il termine del periodo del trattamento di sostegno del reddito. In secondo luogo, per i beneficiari di integrazione salariale o altre prestazioni in costanza di rapporto di lavoro, che comportino la sospensione dall’attività lavorativa per un periodo superiore ai sei mesi, si prevede almeno l’offerta di formazione professionale della durata complessiva di almeno due settimane, adeguata alle competenze professionali del disoccupato. Si prevede poi un sistema di premialità per la ripartizione delle risorse del Fondo sociale europeo, legato alla prestazione di politiche attive e servizi per l’impiego. Si modifica anche la delega già conferita al Governo (e non ancora esercitata) in materia di servizi per l’impiego, differendone il termine ed estendendone l’ambito delle politiche attive.

Settori aereo e ferroviario, fondi speciali per il sostegno al reddito (articolo 3, comma 44). Si prevede l’adeguamento della disciplina dei fondi speciali per il sostegno del reddito e dell’occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale del settore del trasporto aereo e di quello ferroviario a specifiche disposizioni del provvedimento in esame.

Settore portuale, indennità di mancato avviamento (articolo 3, commi 2 e 3). Si prevede l’erogazione a regime, a decorrere dal 2013, di uno specifico strumento di sostegno al reddito introdotto, dall’articolo 19, comma 12, del D.L. 185/2008, e successivamente prorogato più volte, a favore di specifiche categorie di lavoratori del settore portuale, in termini identici a quelli stabiliti da discipline transitorie per gli anni precedenti. L’indennità in questione spetta agli addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato nelle imprese e agenzie portuali e ai avoratori delle società derivate dalla trasformazione delle compagnie portuali. La misura è pari a un ventiseiesimo del trattamento massimo mensile d’integrazione salariale straordinaria previsto dalle vigenti disposizioni, e la relativa contribuzione figurativa e gli assegni per il nucleo familiare: per ogni giornata di mancato avviamento al lavoro; per le giornate di mancato avviamento al lavoro che coincidano, in base al programma, con le giornate definite festive, durante le quali il lavoratore sia risultato disponibile. Tale indennità spetta quindi per un numero di giornate di mancato avviamento al lavoro pari alla differenza tra il numero massimo di 26 giornate mensili erogabili e il numero delle giornate effettivamente lavorate in ogni mese, incrementatodal numero delle giornate di ferie, malattia, infortunio, permesso e indisponibilità. Si prevede poi che ai datori di lavoro e ai dipendenti, potenziali beneficiari dell’intervento in oggetto, vengano estese le misure di contribuzione previste per la Cigs, pari, rispettivamente, allo 0,6% e allo 0,3%.

Tirocini formativi (articolo 1, commi da 34 a 36). Prevista la stipula tra Governo e Regioni, in sede di Conferenza Stato-Regioni, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, di un accordo per la definizione di linee-guida condivise in materia di tirocini formativi e di orientamento, sulla base dei seguenti criteri: a) revisione della disciplina dei tirocini formativi, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo; b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dell’istituto, anche attraverso la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza; d) il riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfettaria, in relazione alla prestazione svolta. La mancata corresponsione dell’indennità comporta l’irrogazione di una sanzione amministrativa il cui ammontare è proporzionato alla gravità dell’illecito commesso, in misura variabile da un minimo di mille a un massimo di 6mila euro. Dall’applicazione del presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Tutele in costanza di rapporto di lavoro, abrogazioni (articolo 3, commi 46 e 47). Con l’arrivo del sistema dei fondi bilaterali e delle modifiche alla Cigs si introducono una serie di norme che abrogano, con diverse decorrenze, le norme finora vigente, ma coinvolte nel riordino previsto della riforma Fornero.

Una tantum per i lavoratori a progetto disoccupati (articolo 2, commi da 51 a 56). A decorrere dal 2013 arriva una specifica indennità una tantum per i collaboratori coordinati e continuativi in regime di monocomittenza, iscritti in via esclusiva alla gestione pensionistica Inps separata e non titolari anche di reddito di lavoro autonomo, in quanto esclusi dall’ambito di applicazione dell’Aspi. L’indennità è pari a una somma del 5% del minimale annuo di reddito, moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l’anno precedente e quelle non coperte da contribuzione. La somma viene liquidata in un’unica soluzione se di importo pari o inferiore a mille euro, o in importi mensili di importo pari o inferiore a mille euro se superiore.

Voucher, modifiche alla discplina (articolo 1, commi 32 e 33). Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 1, del Dlgs 276/2003, si interviene sui buoni (voucher), specificando che: i buoni devono essere orari, numerati progressivamente e datati; in sede di adozione del decreto ministeriale che aggiorna periodicamente il valore nominale dei buoni, si deve tener conto delle «risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali». Attraverso l’integrazione dell’articolo 72, comma 4, del Dlgs 276/2003, si dispone invece l’adeguamento delle aliquote dei contributi previdenziali rispetto a quelle previste per gli iscritti alla Gestione separata dell’Inos, da rideterminare con decreto del ministro del Lavoro. Viene dettata la disciplina transitoria, prevedendo che resta comunque ferma, fino al 31 maggio 2013, la normativa vigente con riferimento ai buoni già richiesti al momento dell’entrata in vigore della legge.

da Il Sole 24 Ore

 

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