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Milano. Casapound occupa ma sbaglia obiettivo

Alla fine, lo stabile di via delle Forze Armate è stato sgomberato intorno alle sette di questa sera. Questa prima “occupazione non conforme” milanese compiuta da Casapound non è durata nemmeno lo spazio di una giornata. A darne notizia, prima ancora della questura, è un comunicato di un rappresentante locale dei fascisti del terzo millennio. “Ci dispiacerebbe – dice Marco Arioli – se dietro lo spirito libertario di Pisapia si nascondesse invece la tendenza a usare due pesi e due misure, a distinguere tra ‘amici’ e ‘nemici’, secondo logiche che ci piacerebbe vedere superate in vista della necessaria partecipazione di tutti alla rinascita politica e culturale della nostra città. Dal canto suo, Casapound non fa un passo indietro. Abbiamo perso Espero, ma non la voglia di contribuire a riqualificare e restituire ai loro residenti aree della città dimenticate da chi è troppo impegnato nella vita di palazzo per farsene carico. A presto”.
Discutibile sintassi a parte, va sottolineato che, in una situazione simile, anche gli “amici” di Pisapia (Macao) sono stati sgomberati e che la questione, più che politica, è metodologica: quel palazzo, praticamente, non appartiene più al Comune, ma a una banca. E’ sempre sgradevole fare la figura di quelli che “noi l’avevamo detto”, però, in effetti, noi l’avevamo detto.

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L’articolo pubblicato alle 17.00 di oggi

Le “occupazioni non conformi” di Casapound arrivano anche a Milano. Una cinquantina di ragazzi dell’associazione di Gianluca Iannone, durante la notte, ha forzato la serratura ed è entrata in un palazzo di via delle Forze Armate, nella periferia sud ovest della città.
L’operazione, denominata “Espero”; dovrebbe servire, secondo loro, a recuperare “un’area pubblica urbana in stato di assoluto abbandono, che a breve sarebbe stata oggetto di un’operazione finanziaria speculativa: un’asta gestita da Bnp Paribas per cedere a privati l’edificio”.
Al di là dei consueti proclami, l’obiettivo reale di Casapound è mettere in difficoltà Pisapia e la sua giunta. Altro che “riprendiamoci la città”, altro che “dalle macerie a una rinascita culturale”, più banalmente ci si prepara alle prossime elezioni.
“Casapound – dice Marco Arioli, responsabile lombardo di Cpi – apre un nuovo spazio in una città guidata da un sindaco che ha sempre affermato di essere sensibile al tema del volontariato, attento alle politiche giovanili, favorevole all’apertura di ulteriori punti di aggregazione e che, su questo, noi ora chiamiamo alla coerenza”. Una volta di più, insomma, Casapound dimostra di non lottare per la conquista di spazi comuni, ma di voler semplicemente lanciare un messaggio alla controparte politica – in questo caso Pisapia –: “Guardate che siamo molto più a sinistra di voi, e ci chiamate pure fascisti”. E’ il complesso d’inferiorità che attanaglia sin dalla nascita Iannone e i suoi: dalle citazioni di Che Guevara al simbolo del Blocco Studentesco che ammicca a quello del movimento delle occupazioni antifasciste degli anni ’80.

Cose altrui, riprese e “ricucinate” perché loro non sono né di destra, né di sinistra, ma “non conformi” e di “estremo centro alto”, qualsiasi cosa voglia dire.
Gli abili strateghi, però, non hanno fatto i conti con i fatti. Ad esempio con il fatto che lo stabile di via delle Forze Armate era stato messo all’asta da Letizia Moratti (che di spazio e soldi all’estrema destra a Milano ne ha garantiti e come) e non dall’attuale giunta. A spiegare l’equivoco ci hanno pensato i ragazzi del centro sociale PianoTerra: “Volete sapere come va? Pare che i neofasci, male informati come sempre, abbiano aperto un immobile che credevano pubblico e si ritrovino invece in uno stabile del pacchetto (fondo I o II) svenduto dalla giunta Moratti attraverso la banca Bnp Paribas. Così, la “giovinezza al podere”, che voleva mettere in difficoltà la giunta di Pisapia – ma non ce n’era mica bisogno… -, si ritrova di fronte a una banca ben poco disposta a rinunciare a piazzare sul mercato lo stabile in nome della pace sociale”.
Una situazione simile l’hanno vissuta pochi mesi fa quelli di Macao, ai tempi dell’occupazione della Torre Galfa, di proprietà del gruppo Ligresti. In quell’occasione, Pisapia intervenne durante un’assemblea, spiegando come lo sgombero non fosse dipeso né da lui, né dal Comune, e nemmeno dalla Provincia o dalla Regione, ma da un privato che si è rivolto alle Forze dell’ordine.
Adesso, Casapound si ritrova con una bella gatta da pelare in mano. Il loro “avamposto di giustizia sociale”, conquistato poche ore fa, già traballa sotto interessi più grandi di loro. L’attacco a Pisapia rischia di trasformarsi in un clamoroso autogol. La dimostrazione non soltanto di una grande confusione politica, ma anche di un’evidente incapacità strategica. Insomma, ma a Casapound chi gli ha insegnato a fare le occupazioni?

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