“Prego i giornalisti di uscire, perché questo incontro è tra il ministro e i ragazzi” è stata la prima frase pronunciata dall’organizzatore. Ma i giornalisti sono rimasti, tutti seduti. Poi l’appello e’ stato ripetuto: “Prego nuovamente i giornalisti di lasciare la sala”. Un cronista, a nome di tutti, si è alzato in piedi e ha detto ‘no’ al ministro. “Non ce ne andiamo, perché noi, come voi, stiamo facendo il nostro lavoro e abbiamo il diritto di farlo”. Dopo trenta secondi di silenzio, Fornero ha preso la parola: “Va bene. Ma se è così sarò costretta a parlare molto più lentamente, perché dovrò pensare ogni parola. Ma saranno gli errori a fare i titoli – ha protestato – perché succede sempre così. Tu parli per 40 minuti e dici cose sensate e positive. Poi ti scappa una parola, e basta quella per fare il titolo, basta quella per determinare dibattiti che durano settimane. E questo è uno stato del mondo, ed è inutile lamentarsene” ha aggiunto alla fine.
Repubblica può essere impietosa. E la stampa, qualche volta, si ricorda di non esser lì per porgere il microfono (le domande qualificano chi le fa, oltre che chi le riceve). Ma una cosa è chiara: questo governo e questo ministro non reggono la critica, lo stressa, la domanda.
Sono “tecnici”? No, sono dei mentitori professionali. E questo si nota anche dal rapporto che stabiliscono con i giornalisti. O “sdraiati” o “nemici”.
Grazie, ministro. Da soli non saremmo mai riusciti a dimostrare quel che abbiamo capito.
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