Bersani, Vendola, Renzi, Tabacci e Puppato. Un dibattito in punta di piedi, senza risse suicide ma anche senza nerbo né sostanza. Bersani vincerà al secondo turno, appoggiato da Vendola e Tabacci. E poi si metterà a sperare che Monti salga al Quirinale, in modo da lasciar libera la poltrona di Palazzo Chigi.
Ma quanto vale, nel 2013, quella poltrona?
Molto meno di oggi e soprattutto di un anno fa. L'”invasione” della Troika ci ha ridimensionato in modo drastico la “sovranità” esercitabile tramite il governo nazionale; e i nuovi patti europei (Fiscal Compact e pareggio in bilancio obbligatorio nella Costituzione) hanno ridotto a un puro esercizio contabile la politica di bilancio, il cuore di ogni Stato moderno. I saldi finali e le misure “strutturali” vengono decise a Bruxelle o altrove, da Bce, Ue e Fmi. Nei parlamenti nazionali ci si occupa di trovare la quadra tra diversi tagli alla spesa (o aumenti delle tasse) e dettagli minori. Registriamo di passaggio che Vendola è limpidamente ormai “l’ala sinistra” del Pd, con grado zero di autonomia politica. Una “scoperta” che potrebbe terremotare quel che resta della base elettorale di Sel.
Per quale “governo” si sono dunque battuti i cinque piddini in prima serata su Sky?
Neppure la carica di premier sembra certa, con la legge elettorale che si va animatamente discutendo. Come ha notato lucidamente Stefano Folli, sul quotidiano di Confindustria, “C’è un altro punto che si preferisce mettere fra parentesi, ma che ha la sua rilevanza. Si dice che le primarie servono a scegliere il candidato alla presidenza del Consiglio, ma si dovrebbe precisare che con la riforma elettorale che si va delineando (l’unica possibile in questo momento) il premier sarà individuato dopo le elezioni in base alle alleanze che verranno stipulate”.
E nel “dopo” ci sono solo due certezze: le politiche strutturali non saranno decise dal nuovo governo (e quindi quel coretto acchiappesco su “rivedremo la riforma Fornero sulle pensioni” è pura fuffa; basterà una scrollatina di spread per far rientrare le velleità), il ruolo di Monti resterà quello di perno centrale di “garanzia” per la borghesia multinazionale europea.
La cosa più truffaldina, insomma, non è il dover ascoltare il solito elenco di promessse elettorali. Ma il fatto che nessuno faccia il minimo cenno all’unica novità vera: la “politica” nazionale è ridotta a pura amministrazione locale di strategie decise altrove. E gli unici che lo dicono – a questo serve anche la nuova legge elettorale – devono essere tenuti fuori dal Parlamento. E lontani dalle telecamere.
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