Menu

Cariche a Roma, stampa sdraiata

Culturale, prima di tutto. Incapaci di pensare in proprio, la maggior parte dei cronisti e dei commentatori usa le stesse parole nello stesso modo senza più nemmeno chiedersi “ma che cazzo sto scrivendo?”.

Una parola per tutte: “guerriglia”. La usa IlSole24Ore come “il manifesto” (ed è molto più grave, in questo caso), La Stampa come Repubblica, e ovviamente il Corsera. Sorge il dubbio che non ne abbiano mai sentito parlare. E quindi proviamo noi a fare i “bravi giornalisti”, consultando il dizionario wikipediano (potrebbero riuscirci anche i “professionisti” della penna, ci sembra).

“La guerriglia (o anche guerrilla, dal termine originale spagnolo[1]) è una forma di conflitto armato in cui uno dei due avversari è troppo debole militarmente, o troppo poco organizzato, per sostenere degli scontri in campo aperto con l’esercito nemico.Data questa limitazione, il modo di combattere si trasforma: l’esercito guerrigliero eviterà ogni occasione di confronto diretto, e si nasconderà disperdendo le proprie forze in unità piccole e molto mobili, che impegneranno obiettivi secondari e poco protetti in continue azioni di disturbo. Lo scopo della guerriglia è quello di logorare le forze nemiche, di abbassarne il morale esponendole a rischi continui, obbligandole a consumare mezzi e risorse inutilmente e vanificando i loro sforzi bellici. Mao Tse Tung, grande esperto di questa forma di guerra, parlava della guerriglia come “l’arte di fiaccare il nemico con mille piccole punture di spillo”.

Ora guardiamo le immagini delle cariche a Ponte Sisto. Due file di ragazzi “armati” (qualche giornalista ha scritto persino questo…) di scudi di gommapiuma a forma di libro, qualcuno con il caso in testa, nemmeno l’ombra di un bastone. Quando vedono che la polizia sta per caricare si stringono tra loro, quelli della seconda fila alzano gli “scudi” orizzontalmente a proteggere se stessi e quelli della prima fila. Sembra l’imitazione di “300”, ma senza la sostanza “bellica”.

Di fronte a loro due file di uomini in divisa piuttosto esagitati, si capisce che da ore sanno che dovranno scatenarsi e non vedono l’ora di farlo. Il punto scelto per attaccare il corteo lo dice meglio di ogni altra cosa. Gli studenti sono stretti tra il muraglione sul Tevere un palazzo lunghissimo, senza via laterali da cui eventualmente rifluire. In ogni caso, in quelle vie che portano al ministero della Giustizia, ci sono altre centinaia di poliziotti schierati. Su quel tratto di Lungotevere non ci sono “obiettivi sensibili”, come sedi di banche, istituzioni italiane o internazionali; nulla di nulla.

I poliziotti attaccano e menano, gli studenti si coprono la testa (è lì che mirano con i manganelli, come si vedrà in centinaia di foto e filmati), reggono qualche secondo e poi arretrano, inciampano, cadono, provano a compattarsi per un po’, infine attrraversano Ponte Garibaldi, alle loro spalle. Lì vengono ancora inseguiti con i blindati lanciati a velocità omicida, o terroristica. Se qualche poliziotto si è “ferito” in questa sequenza deve esser stato per “manganellata amica”, inciampo in qualche motorino rovesciato nella carica, o impiegatizio desiderio di qualche giorno di “malattia per causa di servizio”.

Cosa c’è di “guerrigliero” in queste scene? Anche un giornalista non presente sul posto poteva farsi un’idea precisa grazie all’immenso numero di piattaforme multimediali attive in quelle ore.

Eppure il Corriere della sera, in una didascalia, riesce nel miracolo “linguistico” (quello concettuale gli è precluso):

“In risposta alle immagini dei pestaggi, le forze dell’ordine diffondono video in cui si vede una persona che lancia un sasso e i manifestanti disposti nella formazione da guerriglia della testuggine, con scudi davanti e sopra ”.

L’unica “testuggine guerrigliera” che fin qui avevamo visto era ninja…

Ma è soprattutto la “chiave interpretativa” a essere spaventosamante omologata per tutti. Ridotta all’osso: “gli studenti protestano magari per buone ragioni, però ci tra loro sono i black bloc che puntano al casino”. Fine.
Nessun tentativo di guardare, domandare, domandarsi.
Alcuni esempi, anche parziali, per darvi il quadro.

“Basta poco per rovinare una bella giornata. Basta che qualche decina di ragazzi, invece di incassare il successo politico di una manifestazione con quasi centomila persone decida di rovinare tutto indossando le solite felpe scure e i soliti caschi neri per poi coprirsi il viso con un fazzoletto. Succedeva ieri verso le due del pomeriggio in pieno centro di Roma all’altezza di Ponte Sisto, tra Trastevere e via Giulia. In un attimo la prima fila del gigantesco corteo partito in mattinata dalla Piramide e dall’Università, con studenti medi e universitari, viene scalzata e sostituita da quattro, cinque file di manifestanti con i caschi neri. Impossibile non notare il cambiamento. Quello che accade da quel momento e per le successive due ore non è neanche la cronaca di una guerriglia urbana – come qualcuno si affretterà a definirla – ma solo il resoconto triste di una serie di scontri tra un gruppo minoritario di studenti con polizia e carabinieri. Sassi, bombe carta e bastoni da una parte. Lacrimogeni e manganelli dall’altra.”
Carlo Lania, “il manifesto”

Corrado Zunino, su Repubblica, ha ancora meno dubbi.
Non sono infiltrati. Sono studenti delle scuole superiori, tanti, i volti imberbi. Sono universitari, perlopiù in corso. Sono decisi a fare conflitto, ad alzare il livello dello scontro, a cercare lo scontro con la polizia. Intorno hanno un discreto consenso. Sono una minoranza di peso nelle scuole e negli atenei, una base larga e pronta alla “deriva greca”. […]

“Sul lungotevere romano, di fronte al tribunale dei minori, poco prima del Ponte Sisto sotto al quale scorreva un Tevere fangoso e inferocito, alle due e dieci di ieri pomeriggio sessanta ragazzi hanno staccato i caschi dai moschettoni appesi alla cintura e li hanno calati sulla testa, hanno alzato i passamontagna, tirato fuori dagli zaini petardi e bombe carta e alcuni sono andati a cercare sul selciato dissestato blocchi di pietra. Da lanciare sul reparto celere, fin lì non schierato.”

Insomma, se la sono voluta e gli sta bene; applausi da Sallusti.

Batte molti record Marco Imarisio, più a suo agio come cronista di nera che non come commentatore della protesta sociale. Si vede che le sue fonti sono le stesse (la polizia…), ma il risultato è purtroppo per lui opposto.

“I professionisti del caos fanno da magnete per gli altri, in piazza funziona così. Gli studenti che protestano hanno le loro ragioni, come gli operai che rischiano il posto di lavoro, alla disperata ricerca di una ribalta per far vedere che esistono, per scampare a un eterno destino da invisibili. Ma tra i pericoli di questi tempi difficili c’è anche un senso comune molto in voga che «legittima» l’uso della violenza di pochi nel nome di una rabbia sempre più diffusa nella società, ben diverso dal buon senso che dovrebbe invitare tutti a cercare rimedi, proporre soluzioni senza lasciare indietro nessuno”.

Non contento del compitino, allarga lo sguardo sulla storia del paese, traendone l’ovvia conclusione questurina:

“Eppure qualche disquisizione sull’anagrafe andrebbe fatta, perché anche ieri le guide spirituali dei giovani autonomi erano i soliti cinquantenni, ultimi reduci di una stagione della quale solo loro sognano il revival, quella della «pratica rivoluzionaria che fa esplodere le contraddizioni del sistema»”.

Capiamo che per “conservare le fonti” che ti spifferano qualcosa sulle inchieste in corso, e ti danno un “vantaggio competitivo” su altri colleghi, ogni tanto bisogna dar loro ragione su argomenti diversi. Ma così ci si rovina la reputazione…

E’ lo stesso incidente che capita a Guido Ruotolo, grande frequentatore di procure e questure per inchieste antimafia e anticamorra, e perso come un aborigeno a New York quando deve frequentarli per sentirsi parlar d’altro.

“Sereno, il nuovo questore di Roma Della Rocca ha fatto sapere al Viminale di avere i video di tutti gli scontri. Insomma, questo per dire che non ci sono stati episodi «censurabili», reazioni particolarmente violente da parte delle forze di polizia. E, del resto, fanno notare al Viminale, il bilancio dei feriti della giornata riguarda in gran parte le forze di polizia. Sì, sono stati fermati decine di giovani, ma gli arrestati sono stati solo tre mentre gli altri sono stati solo identificati. Lo stesso ministro dell’Interno, Annamaria Cancellieri, rientrata in serata a Roma da un impegno internazionale ad Algeri, ci ha tenuto a esprimere «solidarietà» ai poliziotti feriti, «condanna» contro ogni forma di violenza, «apprezzamento» per la professionalità dimostrata ancora una volta dalle forze di polizia.”

Tutto va bene, madama la marchesa. La prossima volta faranno meglio, carichi come sono di questi “apprezzamenti”…
Peggio di lui riesce però a fare il suo collega più giovane, Andrea Malaguti:

“Arrivano con le bandiere tricolore davanti alla Sinagoga, perché è lì che li ha spinti la polizia allontanandoli da via di Ripetta. Sono una piccola parte delle migliaia di studenti che si sono presentati a Roma in questa giornata di sciopero generale. Un gruppo, meno di venti persone, si stacca dalla pancia del corteo e distende il braccio teso davanti al Tempio. «Saddam, Saddam, Saddam». Vengono travolti dai fischi, ma loro sghignazzano, mentre un minorenne greco, con una maglietta nera su cui è stampata una svastica, urla sbavando: «Ankara, Atene, adesso Roma viene». È volato nella Capitale assieme a una banda di militanti di Alba Dorata con la scusa di Lazio-Panathinaikos, ma è oggi che voleva esserci. Sì dà un tono da ribelle e sembra uno di quegli enormi sudafricani che dissodano i campi e tormentano i «kaffir». La pancia gli cade come uno straccio bagnato, ha spalle appuntite e un ghigno ripugnante. «Ci riprenderemo l’Europa con la violenza», giura. […]
Botte da orbi, come in un saloon del Far West. Solo che è il Lungotevere anche se oggi la Città Eterna, con la sua luce abbagliante, è la parodia del teatro dell’assurdo. In questo palcoscenico disperato, spettacolare e kafkiano tra il fiume che si gonfia facendo tremare i lucchetti di Ponte Milvio e Sly Stallone vestito di rosa che si mette in posa sul red carpet del Festival del Cinema, quelli che si rotolano sull’asfalto di Ponte Sisto non sono figuranti di Cinecittà, ma liceali e universitari che si sfidano a sangue senza sapere perché sul ring ci sono finiti proprio loro. Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? Pietre, bombe carta, sassi, bottiglie, lacrimogeni.

Nessuno può escludere che in un corteo di centomila ragazzi giovanissimi qualche stronzo di destra possa essersi infilato per un tratto. Ma la scena che Malaguti decrive non l’ha vista nessun altro, nemmeno il mossadiano doc Riccardo Pacifici. Del resto, un delirio che mette insieme scontri, black bloc, Alba dorata greca, Stallone e i Maya meriterebbe il licenziamento in tronco. Si vede che Calabresi non l’aveva letto prima di andare in rotativa…

Diciamola semplice: un paese “normale” meriterebbe una casta giornalistica – non diciamo “all’americana”, capace di essere impertinente anche con il presidente Usa – un po’ meno servile verso chi comanda. Farebbe bene a tutti noi. Ma a ben pensarci anche ai “colleghi” più in vista…

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

2 Commenti


  • morlia

    Il peggio è che tutti i media parlano solo della ennesima giornata di ‘scontri’ dimenticandosi del motivo per cui studenti,disoccupati e precari erano in piazza


  • Rhasya

    Già..il motivo iniziale, sparito!indecente come persone,che dovrebbero ricoprire un ruolo di difesa per la gente,sono i primi a cedere a svariati episodi di violenza,non solo su manifestanti e chi capita a tiro,ma si tratta ,ancor prima,della violenza che e portano dentro,che può scivolare al controllo all ‘occasione. No.
    Non è così che vedo le forze dell’ordine. Loro che si sono arruolati per la pace,per difesa del loro paese , dei giustizia,loro,a tirar fuori la mazza su un ragazzini,chiunque.
    Allora mi chiedo,che fiducia posso avere,io,nei confronti della società e di chi ci governa,permettendo queste assurde sofferenze?Nessuna.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *