Se non fosse tragica e ridicola, la sceneggiata messa in piedi dagli apparati di sicurezza dopo il ‘La’ del Questore di Roma – ‘i fumogeni sono rimbalzati sulle mura del Ministero’ – sarebbe divertente oltreché istruttiva. Eh si, perché vedere attempati funzionari e ministri ‘tecnici’ arrampicarsi sugli specchi con l’agilità di un bisonte con l’artrite in fondo fa sorridere. Così come è apprezzabile lo sforzo di creatività profuso.
L’ultima novità è venuta dagli espertissimi tecnici del Racis dei Carabinieri, che in un comunicato stampa strombazzato da media mainstream e non hanno annunciato che l’incredibile è credibile. “La gittata del lacrimogeno sparato mercoledì scorso nel corso degli scontri di Roma tra forze dell’ordine e manifestanti é dell’ordine di 100-150 metri, coincidente con il posizionamento delle forze di polizia all’altezza di Ponte Garibaldi”.
Peccato che ad essere sparati sugli studenti che scappavano terrorizzati in via Arenula non sia stato ‘il’ lacrimogeno, ma ‘i lacrimogeni’. Niente paura, la ‘scientifica’ dei Carabinieri ha pensato a tutto. “Il video – afferma il Racis – riproduce un impatto su cornice superiore della quarta finestra (a partire dallo spigolo sinistro), sita al quarto piano del ministero, di un solo artifizio lacrimogeno poi fratturatosi in tre parti”. E poi ancora – per rispondere a chi faceva notare che non si vedono le scie ascendenti degli eventuali lacrimogeni sparati dalla strada e presuntamente rimbalzati sul cornicione della finestra al quarto piano del Ministero – ”E’ di tutta evidenza che la traiettoria ondeggiante può essere prodotta solo in fase di ricaduta e non in fase ascendente”.
Peccato anche nel frattempo sia stato diffuso un secondo video anche più chiaro del primo.
Peccato pure che all’interno del cortile sia stata ritrovata una spoletta di un lacrimogeno “modello Folarm 4mm scomponibile” (anche quella arrivata chi sa come, in volo, da 100-150 metri di distanza?).
E peccato ancora che, coperti dall’anonimato, alcuni funzionari della Polizia Penitenziaria in servizio al Ministero di Grazia e Giustizia abbiano rivelato che verso le due del pomeriggio di mercoledì, mentre non erano ancora partite le violentissime cariche all’altezza di Ponte Sisto, cinque agenti di Polizia guidati da un funzionario avrebbero chiesto di salire sul terrazzo all’ultimo piano del ministero per “filmare i manifestanti più facinorosi”.
Si tratta comunque di una mezza ammissione, perché i funzionari e gli impiegati del quarto piano – da dove sono partiti i lacrimogeni – avrebbero affermato di non aver visto poliziotti aggirarsi per quegli uffici, e tantomeno affacciarsi alle finestre con i lanciagranate in mano. Ma chi ha dato il permesso di entrare nel dicastero ai poliziotti? La procedura prevede che l’ingresso di ogni estraneo debba essere autorizzata dal funzionario della Penitenziaria che gestisce la sicurezza del ministero, il generale Bruno Pelliccia, e dal capo di gabinetto del ministro, Filippo Grisolia. Che però negano di aver autorizzato mai nessuno quel giorno.
Sull’altro fronte, mentre alcuni sindacati di Polizia non hanno gradito l’avvio di indagini interne sull’operato degli agenti violenti in servizio a Roma e hanno chiesto le dimissioni della Ministra Cancellieri, la Procura della capitale ha identificato e iscritto nel registro degli indagati un agente per l’aggressione ai danni di un manifestante sul Lungotevere. Il poliziotto – in servizio al commissariato Viminale – sarebbe stato identificato grazie a un filmato in cui lo si vede colpire con il manganello sul viso uno dei manifestanti già scaraventato violentemente a terra. Il fascicolo è stato affidato al pubblico ministero Luca Tescaroli.
Ora, per par condicio, c’è da aspettarsi che in base all’analisi di filmati e foto vengano denunciati 10 o 20 manifestanti?
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