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Le primarie sono secondarie

Domani votano, in un bel caos di regole e di aventi diritto. Difficile pensare, da fuori il Pd, che il risultato abbia un qualche scopo pratico. E’ infatti più che chiaro che chiunque “vinca” domani non sarà un candidato presidente del consiglio. Il governo resterà saldamente nelle mani della Troika (Bce, Ue, Fmi), con Monti premier o Monti al Quirinale incaricato, più ancora di quanto non stia facendo Napolitano, di tenere la barra nella direzione voluta a Bruxelles.
Il vero e forse unico significato di questa chiamata al voto informale sta dunque nella “chiamata” stessa. La classe politica di centrosinistra si è resa conto in questi mesi – tra mobilitazioni crescenti e contestazioni dirette anche contro i leader “progressisti” – di star perdendo il contatto con il paese reale. La demolizione sistematica dei “corpi intermedi” (partiti, sindacati, associazioni, ecc) e la scomparsa della spesa pubblica “sociale” sta producendo il più scontato dei risultati: si è aperta una faglia tettonica tra “rappresentanza politica di mestiere” e settori sociali assolutamente maggioritari nel paese.
L'”antipolitica” è la reazione ovvia a questa separazione ed esprime l’esigenza di un’altra e ben più radicale “politica”.
In assenza di prospettive credibili di “programmi alternativi” a quelli decisi dalla Troika, il Pd è ricorso quindi a una forma di mobilitazione sostitutiva: “scegliete il futuro premier”, a prescindere da quello che dovrà fare (ammesso e non concesso, come detto, che poi possa davvero entrare a palazzo Chigi).
I ruoli dei diversi “candidati” sono abbastanza precisi. Vendola deve coprire lo spazio a sinistra, evitando di far tornare il suo potenziale elettorale verso Rifondazione o altri soggetti ora extraparlamentari. Renzi e Tabacci devono rappresentare il “centro” e trovare consensi a destra, tra i “moderati”. Bersani capitalizza tutto il bacino dell’ex Pci, come si vede anche dallo sforzo poderoso che sta facendo la Cgil per garantirgli la “vittoria” domani.
Il tentativo è quello di dare gambe e consenso sociale ai governi futuri, che dovranno mantenere la rotta tracciata da Monti cercando di non perdere per strada il controllo sociale. Compito arduo, diciamo la verità. E non basterà una fila ai gazebo per far dimenticare il portafoglio svuotato.

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