Passato il primo turno delle primarie del Pd, anzi di coalizione, già cominciano gli smottamenti “a sinistra”. In una intervista publicata oggi su Il manifesto (che si è sbrigato a fare una edizione speciale per le primarie, evento rarissimo nella storia del giornale), il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, ha immediatamente rovesciato le aspettative di chi vedeva nelle liste “arancioni” un interlocutore per una aggregazione politica-elettorale di sinistra alternativa all’agenda della troika, del governo Monti di oggi e del possibile governo Monti bis domani.
“Io vedo un’evoluzione delle posizioni all’interno di questo che è stato chiamato il quarto polo. Adesso anche l’Italia dei valori e una parte della Federazione si stanno spendendo per l’unità con il centrosinistra” dice De Magistris nell’intervista. Incalzato sul fatto che diversi esponenti della proposta delle liste arancioni avessero in testa una collocazione diversa, De Magistris replica così: “Guardiamo la realtà: c’è un movimento di protesta molto forte, quello di Grillo, e contemporaneamente c’è una situazione di crisi oggettiva dei partiti anti Monti. Parlo dell’Idv e della Federazione della sinistra, soggetti ai quali mi sento vicino ma che oggi sono deboli. Se quest’analisi è giusta, allora io credo che vadano tenute insieme la capacità di critica alle politiche del governo Monti, e quindi anche al Pd che le ha sostenute, con una proposta forte di governo con il centrosinistra ma nella direzione del cambiamento”. Il redattore de Il manifesto mette i piedi nel piatto e chiede a De Magistris come si regolerà con i compagni di strada di Alba che invece sostengono l’idea di non coalizzarsi con i partiti: “Bisogna prendere tutte le distanze dalle politiche in corso, ma non serve entrare in conflitto con il centrosinistra a meno di non volersi condannare all’irrilevanza, alla testimonianza pura” afferma De Magistris. “Io sarò a Roma sabato e la lista arancione che presenteremo il 12 dicembre resterà fuori dalla coalizione, ma tenderà una mano nell’ottica di un’alleanza. Se la lista arancione correrà da sola allora dovrà scegliere un candidato premier forte, e sì, il livello è quello di Ingroia. Con lui sono in contatto e potrebbe essere lui. Ma se correremo nella coalizione il candidato premier sarà il vincitore al ballottaggio delle primarie. In qual caso avremo un candidato simbolo, magari come capolista in tutte le circoscrizioni” chiosa Gigino De Magistris. Vedi l’intervista a De Magistris.
Insomma il sindaco di Napoli e leader delle liste arancioni ha in mente uno sganciamento clamoroso da ogni ipotesi di lista alternativa e un ritorno al collateralismo con il centro-sinistra, una coalizione che, già nella carta d’intenti delle primarie, ha dichiarato e sottoscritto che non metterà affatto in discussione i trattati europei sui quali si fondano i diktat della troika Bce,Ue,Fmi e che ipotecheranno pesantemente l’azione del futuro governo.
Giorgio Cremaschi, rivolgendosi a chi si è fatto catturare dalla fascinazione delle primarie, denuncia: “Il documento che viene sottoscritto dai candidati alle primarie è vincolante per i loro futuri comportamenti. Ebbene in quel testo è seccamente affermata la volontà di mantenere il fiscal compact e tutti gli impegni assunti da Monti. Cioè l’austerità, si proprio quell’austerità contro la quale siamo scesi in piazza il 14 novembre, non si tocca”. Non la manda a dire il portavoce del Comitato No Debito per anni dirigente sindacale della Fiom “Mi chiedo allora quale sia la ragione che vi fa trascurare un vincolo così rilevante per il paese e in particolare proprio per l’iniziativa sindacale. La più semplice delle risposte è che anche voi alla fine siate d’accordo di mantenere gli impegni di Monti e ciò che ne deriva sul piano del rigore e dell’austerità”.
Ma Cremaschi non è il solo a mettere sull’avviso chi si è accodato al rito di massa delle primarie. Per Mauro Casadio della Rete dei Comunisti le primarie del Pd rivelano come l’effetto Renzi riveli la mutazione genetica nel Pd: “Il risultato di Renzi certifica la svolta a destra della base sociale del Pd, emblematico il risultato nelle regioni “rosse”. E’ la penetrazione del modello berlusconiano nell’area elettorale del Pd. Il resto è teatrino della politica” sintetizza Casadio.
Marco Revelli scrive che “Non intenderei mai e poi mai legarmi le mani, con questo voto “minore” per la successiva scelta di voto alle elezioni vere. Certo, Nichi Vendola mi è più simpatico di Pierluigi Bersani, e naturalmente di Renzi. Ma non vorrei “impegnarmi” a votare poi per il Pd di Renzi o di Bersani – di Monti in filigrana – quando uno dei due avrà vinto la gara e presenterà il conto”. Anche Paolo Ferrero, segretario del Prc sottolinea come le primarie non possono diventare l’evento scatenante per appiattirsi sul centro-sinistra: “Nonostante il gran battage pubblicitario, le primarie hanno raccolto un milione di votanti in meno di quelle del 2005. Un crollo del 25% che ci parla del distacco tra il paese reale e l’alleanza dei democratici e progressisti che sostiene il governo Monti” afferma Ferrero in un nota che sta circolando su Fb. “In questo contesto Vendola non sfonda e il suo risultato conferma il carattere moderato di quell’aggregazione. Al contrario, per dare una risposta ai problemi del paese, è necessario oggi costruire una alternativa di sinistra. Invito quindi Vendola e tutti i compagni e le compagne di SEL a partecipare alla costruzione della lista unitaria di sinistra: cambiare si può, cambiare è necessario”.
Insomma la strada per la costruzione di un polo di classe e indipendente che si opponga decisamente ai diktat della troika indicando una alternativa al massacro sociale e al dogma della “governance”, difficilmente troverà compagni di strada nel ceto politico. E se provassimo a cercare alleanze nella società piuttosto che nella ridda di personaggi in cerca di autore?
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