Menu

L’Italia apre una base militare a Gibuti

L’hanno costruita in appena due mesi i genieri del 6° reggimento della Task force Trasimeno del Sesto Reggimento Genio pionieri di Roma e potrà ospitare fino a 300 militari italiani. La base militare italiana a Gibuti, il piccolo stato africano (ex Somalia francese) situato all’imbocco dello stretto di Bab el Mandeb tra il Mar Rosso e l’Oceano Indiano, si estende su è una superficie di 5 ettari in pieno deserto a 7 chilometri dal confine con la Somalia e a poca distanza dall’aeroporto internazionale utilizzato anche dai militari statunitensi della grande base di Camp Lemmonier e dai francesi che nel Paese africano schierano ancora una mezza brigata della Legione Straniera.

Negli ultimi dodici anni Gibuti ha visto aumentare il suo peso strategico prima per le operazioni statunitensi contro al-Qaeda in Yemen e Somalia poi per l’intensificarsi della minaccia portata al traffico mercantile dai pirati somali. Oggi a Gibuti sono presenti circa 10 mila militari stranieri per lo più francesi e americani ma anche spagnoli e giapponesi e di altre nazioni impegnate con le flotte internazionali anti-pirateria.

Sulla realizzazione della base la Difesa ha sempre mantenuto un basso profilo anche se gli accordi stipulati l’anno scorso tra i due governi erano stati resi noti da fonti diplomatiche africane. L’inaugurazione ufficiale, il 23 ottobre in occasione della visita del capo di Stato maggiore della Difesa, ammiraglio Luigi Binelli Mantelli, consente di fare il punto una struttura militare che sarà ultimata entro la fine dell’anno ma già ospita un centinaio di militari. L’infrastruttura è la «prima vera base logistica operativa» delle forze armate italiane fuori dai confini nazionali e ospiterà i nuclei di protezione dei fucilieri di Marina destinati all’imbarco sui mercantili in transito diretti nell’Oceano Indiano ma anche dei team di forze speciali pronti a vari tipi di interventi, dall’antiterrorismo alla liberazione di ostaggi. Un «avamposto permanente in un’area di enorme importanza strategica» come lo ha definito Binelli Mantelli.

Gibuti è nevralgica «sia per quanto riguarda l’antipirateria, sia per il contrasto al terrorismo» a ridosso della Somalia e dello Yemen «sia per la sorveglianza dei traffici mercantili. Non è un caso, del resto, se molti Paesi, dal Giappone alla Francia, agli Stati Uniti, hanno istallato qui delle loro basi militari. Ora ci siamo anche noi. E ci saremo per molti anni».

Sugli obiettivi della presenza italiana in corno d’Africa non mancano però le perplessità . L’Italia schiera alcune decine di istruttori e paracadutisti a Mogadiscio nell’ambito della missione addestrativa europea a favore dell’esercito somalo ma non è mai stato ufficializzato (neppure al Parlamento) un impegno militare in operazioni anti terrorismo come quelle condotte dagli statunitensi in Somalia contro gli islamisti Shabaab o esponenti di al-Qaeda.

Quanto ai costi della base Binelli Mantelli ha riferito di tre milioni annui aggiungendo che «se non possiamo permetterci nemmeno questi tanto vale che andiamo a fare i ferrovieri». In realtà lo stanziamento varato dal governo nel 2012 prevede 27,1 milioni di euro fino al 2020, fondi che esulano dai costi della missione antipirateria affidata alla Marina e sostenuta dagli stanziamenti per le missioni oltremare sui quali ricadranno anche i costi operativi e di indennità dei militari che saranno schierati a Gibuti.

La cooperazione tra l’Italia e il Paese africano si è intensificata negli ultimi anni anche con l’invio di una ventina di carabinieri che addestrano la polizia locale mentre parte dei compensi dovuti al governo gibutino vengono saldati con la consegna di materiale militare surplus dell’Esercito italiano. Nel 2012 il decreto sulle missioni all’estero riferiva della consegna di materiale militare per 430 mila euro tra cui 10 barchini, 40 autocarri pesanti ACM-80 dell’Esercito italiano e 4 gipponii VM90T, tutti mezzi in radiazione in Italia. Quest’anno con la stessa modalità Roma ha consegnato 1,1 milioni d euro in equipaggiamenti che includono 10 obici semoventi cingolati da 155 millimetri M109L e 4 blindati Puma.

 

A Gibuti la situazione «è tranquilla – ha detto all’Ansa il colonnello Cesare Canicchio, comandante della task force di genieri – per ora i problemi sono altri: il gran caldo, l’umidità e la polvere, la scarsa puntualità dei fornitori locali, le aspettative da parte della gente del posto: molti sono poverissimi, vengono da noi per chiedere un lavoro e sono possibili ‘vivaci’ rimostranze».

* Il Sole 24 Ore del 25 ottobre 2013

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *