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Bologna. Leghisti e fascisti a gogò. Adesso tocca a Tosi

Tosi viene a Bologna a cantare la sua liturgia “contro degrado, occupazioni, zingari e zecche”. Avremmo qualcosa da dirgli.
Nelle ultime settimane Bologna ha prodotto molteplici tentativi volti a sperimentare attivamente e adeguatamente i termini dell’antifascismo, in un contesto nel quale abbiamo assistito all’emersione di una dimensione nuova, partecipata ed eterogenea dei terreni di conflittualità sociale che diversi percorsi hanno saputo far convergere su questo piano. La presenza che la Lega pensa di rinnovare in città, a partire dall’intervento di Tosi previsto per giovedì sera in Palazzo d’Accursio, può essere occasione per portare sul terreno del confronto politico i contenuti emersi finora dalle singole giornate. Una simile occasione è forse una necessità ancor più che una possibilità. Soprattutto se, partendo dal presupposto che la difesa degli spazi di democrazia sia un valore e che i rischi reali di ipotesi reazionarie vadano presi in seria considerazione e conseguentemente contrastati, si condivide l’analisi oggettiva sul ruolo che il partito di Salvini si candida ad avere mentre si aggrava la crisi economica e sociale in questo paese. La concentrazione di forze politiche razziste e reazionarie attorno alla rappresentanza leghista si rinsalda passo passo, come riscontrabile a partire dalla rinnovata capacità di mobilitazione di piazza da parte di questi soggetti, dimostrata recentemente tanto nel panorama di disagio dei quartieri e delle periferie urbane quanto in convocazioni di carattere nazionale. Questi momenti di partecipazione sono da tempo un campanello d’allarme, che travalica il mero dato elettorale, se si ricorda come in molti avessero dichiarato ormai conclusa l’ascesa della Lega Nord in occasione dell’ultima chiamata alle urne. Questo partito invece è ormai deciso a darsi il ruolo di partito populista nazionalista, sull’esempio di esperienze simili nel continente.
La dinamica messa in piedi negli ultimi tempi dalla Lega, si alimenta inoltre di una ritrovata linfa grazie al discorso politico conservatore e antipopolare legittimato definitivamente dal governo Renzi e dall’attacco frontale che dal suo Pd viene condotto ormai spudoratamente contro i soggetti deboli di questa società e contro ogni forza organizzata che a suo modo tenti di frenarne l’onda d’urto. Enormi spazi si stanno aprendo a destra in conseguenza dell’operato della classe dirigente, e della sua rappresentazione politica, che attualmente controlla il paese. Da un lato, le forme e i modi agiti dal principale partito al governo, che si candida ad essere Partito della Nazione, custode del “patto tra produttori”, sdoganano un vocabolario denso di contenuti reazionari, come preoccupantemente riconfermato dall’orazione che il primo ministro e il presidente della Confindustria hanno tessuto di un’inquietante retorica in una recente occasione pubblica a Brescia. Dall’altro lato, questo stesso vocabolario viene allora fieramente rivendicato da soggetti dichiaratamente fascisti, i quali ne fanno strumento per raccogliere consenso proprio tra coloro che vengono esclusi dai nuovi processi di accumulazione di ricchezza dentro la crisi che si fa sistema nel contesto della competizione globale. A questo punto diventa facile per l’estrema destra rilanciare l’accusa di “tradimento della patria e del suo popolo” proprio contro quello stesso governo che ha rilanciato queste categorie per dichiararsene difensore. Questo accade mentre intanto i processi produttivi sono molto più concentrati, aggressivi e meno includenti di quanto le società europee non si siano abituate a vedere durante l’epoca d’oro del fordismo keynesiano e dei suoi lunghi strascichi. Pertanto, vecchi e nuovi fascisti, i quali oggi sono consapevoli delle difficoltà e delle lentezze che incontra il tentativo (assunto in Italia dal Pd) di rinsaldare gli interessi della grande imprenditoria di livello continentale, trovano terreno fertile per sferrare il loro attacco.
Salvini, di fronte a una destra istituzionale impantanata nel tentativo di reinventarsi un ruolo oltre le larghe intese, nelle quali il Pd copre uno spazio sempre maggiore anche da solo, da tempo ormai sta spogliando il suo partito della facciata di presentabilità che si era dovuto dare quando concorreva alle formazioni di governo. Sfodera così un nuovo slancio nella gestione del malumore diffuso in ampi e diversi strati di società, catalizzando sul piano politico le forze dichiaratamente fasciste, le proteste forcaiole e l’attenzione della destra populista attualmente indebolita, proponendo quindi un’alleanza sociale e politica che risulterebbe fatale qualora dovesse dispiegare le sue reali possibilità nell’attuale contesto della crisi.
Al momento Bologna è già stato laboratorio quantomeno elettorale di questo tentativo. Esso deve essere prontamente rigettato da quella stessa composizione ampia di forze antifasciste, di lotte dei lavoratori, dei precari e dei migranti che hanno dato vita in queste settimane a momenti importanti in città come altrove. Tale composizione è stata in grado sia di far emergere le contraddizioni politiche presenti nel discorso delle forze che attualmente rivendicano per sé l’appellativo di “democratiche” nel panorama istituzionale, sia di rifiutare il tentativo di cavalcarne l’onda da parte di qualcuna tra queste forze, che vorrebbe assumersi la rappresentanza di processi nei quali invece è del tutto assente.

Non aver paura di sporcarsi le mani affrontando i nodi politici della contemporaneità, riconoscere il ruolo dei governi della crisi controllati dalla Troika come soggetti politicamente caratterizzati per attaccare le fasce più deboli della società, costruire una lettura e un’ipotesi di alternativa credibili nel panorama internazionale e che sappiano tenere conto dei problemi attuali, ma che si pongano in antitesi rispetto alle risposte reazionarie. E’ questo l’unico modo per contrastare realmente l’irresistibile ascesa che la propaganda di vecchi e nuovi fascismi sta avendo anche tra segmenti sociali che si ponevano tradizionalmente come difensori di un altro portato culturale e politico, ma che oggi sono sempre più impauriti e lasciati a se stessi, per non dire addirittura direttamente colpiti dal potere costituito.

Assemblea giovedi 13 novembre a via Centotrecento 18 ore 20.30


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