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Il “vorrei ma non posso” di Landini ai movimenti per lo sciopero sociale

Indubbiamente c’era attesa e curiosità per l’incontro tra il segretario della Fiom Landini e la coalizione di movimenti sociali e sindacati di base che hanno convocato lo “sciopero sociale” del 14 novembre. E l’incontro c’è stato, ieri sera a Roma, nella mitica aula I della facoltà di Lettere alla Sapienza, aula piena anche se non come nelle grandi occasioni.

Preceduto dagli interventi di uno studente, di Bernocchi e di Christian del Laboratorio Acrobax, Landini – impegnato contemporaneamente nella trattativa sulle Ast di Terni al Ministero del Lavoro – ha risposto ad alcune delle sollecitazioni ma non a tutte. Ad esempio sul testo unico del 10 gennaio sulla democrazia nella rappresentanza sindacale, per ragioni di tempo o di opportunità, ha glissato (e occorre riconoscere ai tre studenti in presidenza di aver sollecitato il rispetto dei tempi degli interventi senza alcuna indulgenza).

L’analisi con cui Landini ha interloquito con l’assemblea è ampiamente condivisibile. Non siamo alla riedizione dello scontro del 2002 con Berlusconi sull’art.18, oggi in discussione c’è la possibilità collettiva delle persone che lavorano di poter contrattare la propria prestazione di lavoro. “Vogliono cancellare questa possibilità e ciò avviene dentro una crisi senza precedenti”. Vogliono scatenare la competizione tra i lavoratori ed a questo va contrapposta invece la coalizione. “Le politiche sociali e del lavoro sono ormai uguali dappertutto, incluso il diritto di sciopero che adesso viene messo in discussione anche in Germania e Gran Bretagna” ha sottolineato Landini.

Interessante anche un altro passaggio, quando il leader della Fium ha riconosciuto che “oggi il mondo della concertazione non c’è più. Il governo non vuole concertare con nessuno. Anche Renzi vuole rompere con il modello sociale europeo e puntare all’americanizzazione delle relazioni sindacali e ridurre il sindacato alla mera condizione aziendale”.

Ma è a questo punto che Landini chiarisce quella che, a nostro avviso, è la questione principale. Ammette infatti, e tutto sommato con onestà, che a fronte di questa nuova realtà la sua è “una risposta puramente sindacale” e cioè “unire quello che vogliono dividere”. “La Confindustria punta a eliminare il contratto collettivo nazionale per ridurlo solo alla dimensione aziendale”. Rispetto allo sciopero del 14 novembre Landini sottolinea che: “Oggi facciamo i conti con la frantumazione e servono risposte non tradizionali.. Lo sciopero generale dei metalmeccanici del 14 – che è uno sciopero tradizionale – può avere la possibilità di incrociarsi con altri percorsi ma soprattutto occorre capire come proseguire dopo il 14 novembre, per mettere insieme persone con condizioni contrattuali e lavorative diverse”. Fin qui sullo sciopero sociale.

Sulle proposte il segretario della Fiom ha affrontato due temi sollevati nell’assemblea e nella piattaforma dello sciopero sociale: il reddito e il salario minimo orario, “due cose diverse” secondo Landini. Sul primo, ha ribadito la visione già nota di un reddito legato al lavoro e, anzi, ha proposto l’estensione della cassa integrazione in deroga, “perchè la cassa integrazione tiene la gente dentro il posto di lavoro e non li abbandona al mercato”. Sul secondo tema – il salario minimo orario – Landini ha affermato che questo “deve stare dentro il contratto collettivo nazionale per riunificare tutte le forme del lavoro” che oggi – ha fatto l’esempio della ragnatela di appalti alla Fincantieri – vede lavoratori anche nello stesso impianto avere salari e retribuzioni completamente diverse tra loro.

Questi sono i ragionamenti e le proposte che Landini ha messo a disposizione della discussione nell’incontro di ieri e delle possibilità di “incrociare percorsi”. Appare evidente lo scarto tra la prima parte dell’intervento, con una analisi “generale” della fase sostanzialmente realistica e corretta, ed una seconda parte nella quale Landini ha ammesso che il suo non può che essere un punto di vista sindacale e dunque non generale ma parziale. Quindi un tradunionismo, anche di sinistra, al quale si viene costretti dalla crisi e dalla situazione reale. Sta qui il problema di chi continua a nutrire sul segretario della Fiom aspettative di carattere generale, politiche, complessive che Landini non può soddisfare perchè non vuole e non vuole perchè non può. Ma se il problema viene ricondotto alla linea con il quale “il sindacato” (e non questo o quel sindacato) starà dentro una fase storica di conflitto di classe frontale come questa, appare evidente che anche la Fiom non sia all’altezza della situazione, sia perchè oggi anche il sindacato è costretto a misurarsi pienamente con “la politica”, sia perchè lo spazio della trattativa – lo spazio naturale del sindacato – oggi appare precluso dall’arroganza del padronato e del governo e dalla liquidazione del modello sociale europeo da parte dei centri decisionali a Bruxelles e Francoforte. Se la risposta non può che essere politica e generale, anche i migliori sindacalisti e i migliori sindacati saranno costretti ad un cambio di passo e di visione. E’ al momento questa, come ha ammesso lo stesso Landini, non è nell’ordine delle cose. O almeno non lo è oggi.

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