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Bologna. Student Hotel, simbolo di una città e di un’università sbagliate

Come Noi Restiamo, che il 1 ottobre insieme ai compagni e alle compagne di Cua-Saperi Naviganti-Xm24, ha anche organizzato la contestazione a TSH, siamo riusciti ad intervistare un giovane di 27 anni, abitante della Bolognina, che ha lavorato per due settimane scarse presso lo Student Hotel tramite un’agenzia d’appalto. Dopo questo periodo ha lasciato il lavoro per le difficili condizioni, l’alto numero di ore lavorative e la scarsa retribuzione.

Abbiamo scritto un comunicato e il video è presente a questo link (https://www.facebook.com/). Il ragazzo è stato tenuto anonimo per evitare ripercussioni (ancora sta aspettando lo stipendio).

Questa situazione è emblematica della realtà dello Student Hotel, che di certo non è quella che lui racconta di sé, come negli scorsi giorni ha provato a fare attraverso i giornali. Mostra invece il suo vero volto, fatto da appalti per le pulizie di modo da tagliare i costi, mostra come sia percepito come estraneo, soprattutto da quei giovani che il quartiere lo abitano e che sanno perfettamente che loro e i loro amici non potrebbero mai permettersi i prezzi di quel posto.

Dicono di non essere di lusso, ma né noi né chi vive la condizione che oggi noi giovani siamo costretti a vivere ci crede. Lo Student Hotel è emblema proprio di quella direzione che la città ha già preso da diverso tempo, da molto prima della pandemia, in una direzione esclusiva, che espelle le fasce popolari dal centro e dai quartieri limitrofi, che non fa nessuna politica abitativa che possa realmente aiutare chi ne ha bisogno.

Anzi, con i pochi fondi stanziati dalla pandemia ad oggi per il problema abitativo, il Comune non ha fatto altro che versare direttamente nelle tasche dei proprietari privati i soldi pubblici, che hanno permesso di non avere nessun abbassamento dei prezzi. 

In tutto questo non è solo il Comune ad avere una responsabilità, ma forte è anche quella dell’Alma Mater, contro cui è importante puntare il dito. Un’università che è ormai diventata un polo d’eccellenza elitario, sia per i modelli che indica e a cui partecipa (la BBS ad esempio, a cui è stata garantita la didattica in presenza e che ora inizierà i lavori per aprire un nuovo campus), sia per i comportamenti che mantiene.

Le tasse sono state lasciate nonostante i servizi manchevoli, non sono stati fatti investimenti nelle strutture universitarie di nessun tipo, né per le aule né per gli studentati.

A Bologna, come in Italia, i posti pubblici in tutta la città sono poco più di quelli privati presenti solo in Bolognina e nelle zone immediatamente limitrofe (come abbiamo detto qui:  https://www.facebook.com/): già da prima della pandemia, infatti, gli studenti aventi diritto non trovavano posti, che succederà ora che quelli esistenti saranno diminuiti per garantire il distanziamento (misura necessaria)?

Servono investimenti strutturali nell’edilizia pubblica, sia da parte dell’università sia da parte del comune: noi chiediamo con forza la requisizione dello sfitto privato in favore delle necessità che i giovani studenti o precari e le fasce popolari mostrano ora, dopo che si sta cercando di scaricare su di loro i costi della crisi economica e sociale che stiamo vivendo. Allo stesso modo il pubblico deve investire e mettere a disposizione lo sfitto di proprietà pubblica. 

Chiediamo un’inversione di rotta rispetto a questo modello di città e a questo modello di Università! Ci vediamo il 15 ottobre per la fase 2, per l’appuntamento che abbiamo chiamato insieme alle realtà prima citate.

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