Personaggi a volte folkloristici e poco credibili nel ruolo di stragisti, intercettazioni costellate di discorsi assurdi e sbruffonerie, biografie a volte borderline. Eppure avevano già delle armi, se ne stavano per procurare altre insieme agli esplosivi e puntavano a mettere a segno una lunga serie di sanguinosi attentati. D’altronde la storia dell’eversione di estrema destra in Italia – e non solo – è costellata di personaggi che sarebbe stato difficile reputare credibili o pericolosi. Ma è proprio in certi ambienti tipici del neofascismo da operetta – quello immortalato nel film ‘Vogliamo i colonnelli’, per capirsi – che pezzi di apparati dello Stato, servizi segreti nostrani e stranieri e ambienti reazionari ben inseriti nel potere hanno attinto a piene mani per reclutare molte delle pedine utilizzate per piazzare bombe, uccidere dissidenti politici, creare il caos che permettesse strette autoritarie.
Era, in effetti, proprio questo il piano degli ‘ordinovisti 2.0’ la cui rete è stata smantellata ieri in tutta Italia: realizzare un gran numero di attentati contro sedi istituzionali, tribunali, procure e uffici di Equitalia, procurando il numero più alto possibile di morti e feriti; assassinare esponenti politici di vari schieramenti; spargere il terrore sui treni e nelle stazioni. Senza mai chiarire la matrice politica degli attentati, senza mai rivendicarli. Diffondere la paura e il caos tra quel “popolo bue” – parole loro – al quale poi proporsi come salvatori della patria in grado di ristabilire ordine e disciplina. In fondo la strategia classica inaugurata dall’estrema destra in combutta con Gladio e i servizi italiani e statunitensi anche prima che la cosiddetta “strategia della tensione” e le stragi di Stato portassero a compimento piani già sperimentati immediatamente dopo la sconfitta della Repubblica Sociale di Salò.
Vediamo intanto l’elenco completo degli estremisti di destra arrestati (11 in carcere, 3 ai domiciliari) o indagati dalla Procura de l’Aquila nell’ambito dell’operazione “Aquila nera”, durata più di un anno e basata non solo su intercettazioni telefoniche e ambientali ma anche sull’infiltrazione nel gruppo di due carabinieri sotto copertura.
Stefano Manni, nato ad Ascoli Piceno nel 1966, residente a Montesilvano (Pescara); Marina Pellati, nata a Varese nel 1965, residente a Montesilvano; Piero Mastrantonio, nato a L’Aquila nel 1973, residente al Progetto Case di Collebrincioni (L’Aquila); Monica Malandra, nata a L’Aquila nel 1972, residente al Progetto case di Collebrincioni (L’Aquila); Emanuele Lo Grande Pandolfina Del Vasto, nato a Palermo nel 1951, residente a Pescara; Franco Montanaro, nato a Roccamorice nel 1968 e lì residente; Franco La Valle, nato a Chieti nel 1963 e lì residente; Luca Infantino, nato a Legnano (Milano) nel 1981 e lì residente; Maria Grazia Callegari nata a Venezia nel 1957, residente a Pino Torinese; Franco Grespi, nato a Milano nel 1962 e residente a Gorizia; Ornella Carolina Regina, nata a Milano nel 1961 e residente a Gorizia; Marco Pavan, nato a Mirano nel 1984 e residente a Piombino Dese (Padova); Katia De Ritis, nata a Lanciano nel 1957 e lì residente; Luigi Di Menno Di Bucchianico, nato a Lanciano nel 1967 e residente a Villamagna; Rutilio Sermonti, nato a Roma nel 1921 e residente a Colli del Tronto; Mario Mercuri, nato a Petritoli (Ascoli Piceno) nel 1939 e residente a Colli del Tronto (Ascoli Piceno); Valerio Ronchi, nato a Mariano Comense (Como) nel 1966 e residente ad Arosio; Giuseppa Caltagirone, nata a Casteldaccia (Padova) nel 1961 e residente ad Arosio (Como); Cristian Masullo, nato a Palmanova (Udine) nel 1973 e residente a Udine; Fabrizio D’Aloisio, nato a Roma nel 1964 e residente a Fara in Sabina (Rieti); Anna Maria Scarpetti, nata a Roma nel 1953 e lì residente; Annamaria Santoro, nata a Torino nel 1967 e residente a Moncalieri; Serena Vecchiatini, nata a Codigoro (Venezia) nel 1979 e residente in Germania; Nicola Trisciuoglio, nato a Napoli nel 1961 e lì residente; Daniela Bugatti, nata a Milano nel 1960 e lì residente; Loredana Bianconi, nata a Roma nel 1964 e lì residente; Francesco Gallerani, nato a Castelmassa (Padova) nel 1954 e lì residente; Marcello De Dominicis, nato a Penne nel 1976 e residente a Pianella; Monica Copes, nata a Varese nel 1978 e lì residente; Luigi Nanni, nato a Caracas nel 1966 e residente a Canosa Sannita (Chieti); Giovanni Mario Pilo, nato a Olbia (Sassari) nel 1958 e residente a Oschiri; Antonio Esposito, nato a Castellamare di Stabia (Napoli) nel 1963 e lì residente; Marco Cirronis, nato a Cagliari nel 1978 e residente a Oristano; Alberto Bernasconi, nato a Como nel 1990 e residente a Solbiate (Como); Tiziana Agnese Mori, nata a Pavia nel 1968 e residente a Giussago (Pavia); Giovanni Trigona, nato a Palermo nel 1965 e residente a Lodi; Marianna Muzzarelli, nata a Modena nel 1971 e residente a Maranello;Maria Grazia Rapagnetta, nata a Civitavecchia nel 1965 e lì residente con il nome di Maria Grazia Santi Zuccari; Miroslawa Legerska, nata a Cadca (Slovacchia) nel 1986; Giovanni Amorelli, nato a Gorizia nel 1976 e residente a Venezia; Maurizio Gentile, nato a Roma nel 1961 e residente a Gorizia.
La maggior parte degli inquisiti vive tra Abruzzo e Marche, ma ci sono indagati e arrestati anche in altre regioni italiane.
Stefano Manni
Secondo gli inquirenti a capo della rete eversiva clandestina denominata “Avanguardia Ordinovista” e che mirava a ricostituire una delle organizzazioni più estremiste del neofascismo italiano del dopoguerra – Ordine Nuovo – c’era l’ascolano Stefano Manni. Secondo il quale ““E’ giunto il momento di colpire, ma non alla cieca. Non come alla stazione di Bologna, tra l’altro non attribuibile a noi, vanno colpite banche, prefetture, questure, uffici di Equitalia, con i dipendenti dentro (…) Per disintegrare il sistema” e dar vita a un “ordine nuovo” ispirato al fascismo. Manni, 48enne, addetto secondo l’accusa al reclutamente di nuovi adepti e del reperimento dei fondi per comprare armi ed esplosivi, è stato fino a 10 anni fa un sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri. Dopo il congedo dai Carabinieri Manni fu assunto per un certo tempo «alla “S.E.I. Servizi Elicotteristici Italiani” S.P.A., realtà industriale riconducibile alla famiglia Nardi» ricordano i carabinieri.
Il capo del gruppo neonazista vantava infatti un legame di parentela con Gianni Nardi, neofascista che negli anni ’60 e ’70 fu tra i maggiori esponenti di Ordine Nuovo e di altri gruppi del terrorismo nero insieme a Stefano Delle Chiaie, Giancarlo Esposti e Salvatore Vivirito. A proposito di Nardi, morto in un incidente stradale, l’ordinanza alla base della retata di ieri ricorda che «Molti anni dopo la morte, fu accertato che il suo nome era ricompreso nell’elenco degli appartenenti alla formazione paramilitare clandestina Gladio».
“E’ arrivato il momento di colpire – spiega in una intercettazione a uno dei suoi – Non a Pescara e poi fra otto mesi a Milano“. “Poi – conclude – credo che la via dell’Italicus sia l’unica percorribile”, alludendo all’attentato terroristico fascista compiuto nella notte del 4 agosto 1974 a San Benedetto Val di Sambro, in provincia di Bologna sul treno espresso Roma-Monaco di Baviera, in cui morirono 12 persone ed altre 48 rimasero ferite.
Rutilio Sermonti
Nonostante l’età avanzata, secondo l’inchiesta il ruolo di ideologo del gruppo e di collegamento con altri spezzoni dell’estremismo nero era rivestito dal 93enne Rutilio Sermonti. Ex repubblichino, ex Msi, ex Ordine Nuovo, negli ultimi anni vezzeggiato da Ordine Nuovo e spesso impegnato nel ruolo di formatore nelle sedi di Casa Pound. Era a lui che i neonazisti avevano delegato il compito di redigere una Costituzione fascista da imporre al paese dopo l’eventuale ascesa al potere. A lui anche il compito di rafforzare la credibilità degli ‘avanguardisti’ nei confronti di altre realtà della galassia nera e di rappresentare fisicamente la continuità con il regime fascista.
Franco Grespi
Al milanese Franco Grespi era stato affidato il compito, sempre secondo l’accusa, di approvvigionare il gruppo di armi ed esplosivi. Una vera priorità per Manni che spesso chiamava o incontrava Grespi per interessarsi dei progressi, interesse diventato pressante negli ultimi mesi visto che il gruppo avrebbe avuto in preparazione una grossa rapina. Residente a Gorizia, Grespi passava spesso il confine con la vicina Slovenia a caccia di “caramelle” – cioè fucili mitragliatori, come erano stati ribattezzati dai due nelle loro incaute conversazioni – in vendita nei Balcani al prezzo di 1000 euro l’uno. Ad interessare il gruppo erano, naturalmente, anche i “botti“: “Hanno solo quelli usa e getta, una botta sola, a 400 l’uno”, dice Grespi in una comunicazione intercettata, “Non vanno bene, servono quelli da appoggiare e poi andare”, risponde Manni.
Visto che i soldi non bastano, alcune armi erano state reperite in alcuni nascondigli della Seconda Guerra Mondiale oppure in alcuni di quelli ereditati dall’eversione nera degli anni ’70, e in programma c’erano alcune rapine a collezionisti, uno dei quali – un architetto pescarese – deteneva secondo i carabinieri un vero e proprio arsenale.
Luca Infantino
Interessante una delle intercettazioni ad un altro degli elementi ‘forti’ del gruppo, il lombardo Luca Infantino, secondo il quale l’azione “deve essere simultanea e potrebbe colpire le città di Roma, Milano e Firenze per creare una punta di terrore, in quanto solo due bombe ad Equitalia non verrebbero commentate sui media”. Il gruppo, a suo dire, avrebbe dovuto “colpire metropolitane tipo Bologna, Milano, Roma per incutere terrore nella popolazione”. In modo che “il popolo bue”, impaurito, “si rivolga a noi”.
Secondo Luca Infantino l’organizzazione doveva avere una «struttura organica schematica e militare, con idee precise e obiettivi programmati, facendo presente che l’atto eversivo deve essere fattibile ed è necessario trovare gente disponibile ad effettuarlo. La gente disponibile ad attuare il piano ci sarebbe ed anche le armi starebbero arrivando ma, fino a quando non si hanno persone di fiducia, le armi, non ha intenzione di farle arrivare»
Tra le attività alle quali i fascisti si stavano dedicando c’era la realizzazione di una sorta di ‘scuola quadri’, denominata Triskele, legata ad un Centro Studi – “Progetto Olimpo” – con il compito di diffondere il verbo in tutto il paese e reclutare nuovi adepti, sotto la guida proprio di Luca Infantino. Che troviamo nel maggio di quest0anno impegnato già nel tentativo di formare una lista civica da presentare alle comunali di San Vittore Olona, in provincia di Milano. E’ d’altronde proprio in Lombardia che, con qualche successo, un’organizzazione neonazista denominata “Movimento Nazionalsocialista dei Lavoratori“ diffonde senza problemi i suoi libelli razzisti, organizza manifestazioni e si presenta da qualche tempo alle elezioni locali.
Katia De Ritis
A proposito di fronte istituzionale del gruppo, tra gli arrestati ieri c’è anche Katia De Ritis, vicesegretario del movimento “Fascismo e Libertà-Socialismo Nazionale”, eletta lo scorso maggio nel consiglio comunale di Poggiofiorito (Chieti). Di lei i magistrati scrivono che “nell’ultimo periodo d’indagine si è spesa per individuare obiettivi fisici da colpire e canali per il reperimenti di armi da fuoco e per i contatti con altri gruppi operativi”.
Sangue e politica
Spargere terrore e sangue, era l’obiettivo del gruppo, per poi trarne politicamente vantaggio attraverso la fondazione di un partito politico al quale affidare il compito di attirare il consenso di una popolazione impaurita e preoccupata dal caos e dagli attentati. Un movimento politico da presentare alle elezioni e nel quale coinvolgere anche figure ‘storiche’ del terrorismo nero, come Mario Tuti. Prima di arrivare alle urne, spiegava Manni “si destabilizza la situazione, si fanno 6-7 mila attentati di quelli sanguinari”.
A leggere e ad ascoltare certi discorsi dei leader del gruppo la sensazione è quella di trovarsi di fronte a degli sbruffoni più che a degli aspiranti stragisti, ingenui e arruffoni, dediti a dichiarazioni altisonanti e iperboliche addirittura su facebook, più adatte a una delle osterie e dei pub amici dove si riunivano che a dei pericolosi eversori. Ma la follia evidente di alcuni personaggi arrestati e indagati – politicamente e psichiatricamente parlando – difficilmente può negare che il gruppo, lungi dal raggiungere anche solo in parte gli obiettivi desiderati, avrebbe potuto lasciare dietro di sé una lunga scia di sangue.
D’altronde, a parte discorsi e progetti farneticanti, il gruppo aveva la pretesa di agire con scientificità militare. L’organizzazione era strutturata su un doppio livello: i simpatizzanti, raccolti principalmente su Facebook, e un circolo ristretto di operativi. I candidati ad entrare nel livello occulto venivano “attentamente” – non così attentamente, visto che due erano carabinieri – studiati e indagati. «In almeno un caso, un soggetto sospettato di essere un agente sotto copertura è stato oggetto di attente indagini interne ed in seguito se ne è programmata l’eliminazione» hanno spiegato gli investigatori durante la conferenza stampa organizzata ieri a L’Aquila.
Le “amicizie” con la galassia nera
Un anno di intercettazioni, pedinamenti e infiltrazioni, secondo gli inquirenti, hanno permesso ai carabinieri di scoprire una fitta rete di relazioni tra il gruppo ‘avanguardista’ e altre sigle dell’estremismo nero.
Ad esempio “Avanguardia ordinovista” manteneva stretti contatti con:
– i “Nazionalisti Friulani”. Si loro dice Grespi: «e ho allargato un pò di contatti… sono i Nazionalisti Friulani, sono ben predisposti, belli decisi»
– il “Movimento Uomo Nuovo”, fondata da Nicola Trisciuoglio (indagato) grazie anche alla collaborazione di Mario Tuti, aderente ad Ordine Nuovo e fondatore del FNR, il Fronte Nazionale Rivoluzionario
– con “Confederatio”, o Confederazione delle Comunità di Popolo, movimento di estrema destra a tinte neonaziste nato nel 2011 e dedito – a guardare i profili facebook dei suoi aderenti – a infiltrare i gruppi e le discussione su temi internazionali tra attivisti e militanti delle organizzazioni di sinistra. A questa organizzazione apparterrebbe Franco Montanaro, uno degli indagati.
Secondo gli investigatori uno degli incontri degli ordinovisti era avvenuto nello studio dello ‘studioso del nazifascismo’ Giancarlo Cavalli, mentre i contatti con i romani di “Militia” – gruppo neonazista e razzista fondato da Maurizio Boccacci già finito sotto inchiesta per ricostituzione del partito fascista – erano tenuti secondo l’accusa da Katia De Ritis.
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walter
proprio in questi giorni sto rileggendo il pregevole “una stella incoronata di buio” della tobagi. non so più distinguere tra saggio e realtà della cronaca nera (sic!).
la macchina è di nuovo in movimento in tutti gli stati (i “territorî”) dominati dagli usa.
non cambiano neppure le sigle, forse il segno che si tratta proprio di reparti dormienti e pronti all’uso, gladio solo un nome comune a cappello per tutti i gruppuscoli (guarda caso, una struttura in stile al quaeda!)
mantenere nomi, sigle, simboli, significa risvegliare in chi ha memoria storica il timore dell’ “intentona”, per riassumerla come fa la tobagi. e richiamare giovani accoliti, dato che il periodo storico lo permette!
resistenza antifascista sempre! si spera nel popolo non bue