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I finti successi del Jobs Act e la maledizione del “merito”

Il governo festeggia gli ultimi dati ISTAT che certificano una certa ripresa dell’occupazione, anche se essa è la più bassa d’Europa e comunque non intacca il livello consolidato della disoccupazione di massa. Questo dato però va intrecciato con quello appena fornito da Eurostat, che ci dice che più della metà dei laureati italiani non trova lavoro. Aggiungiamo infine la crescita vertiginosa dell’emigrazione giovanile contabilizzata pochi giorni fa. 

Se questi dati li prendiamo assieme possiamo trarre un giudizio di sintesi. Dopo anni di caduta libera dell’occupazione le imprese sopravvissute alla crisi hanno deciso di sistemare gli organici, per camminare sul fondo della stagnazione economica. Lo hanno fatto contando su due agevolazioni di fondo: il gigantesco finanziamento a fondo perduto per assunzioni a tempo indeterminato e la libertà di licenziamento garantita dal Jobsact. 

È davvero un ridicolo segno di malafede che il governo presenti come assunzioni in posti fissi quelle realizzate con sgravi di 8000 euro all’anno a persona e con contratti che prevedono che si possa licenziare in qualsiasi momento, solo con il pagamento di una misera penale. La verità è che i contratti del Jobsact sono più precari di quelli a termine, perché possono terminare in qualsiasi istante. Come dimostrano i primi casi denunciati pubblicamente, si sta già costituendo il popolo dei fregati da questa nuova legge, che si aggiunge a quello degli esodati e ai tanti altri che hanno subito i colpi delle varie misure liberiste ai danni del lavoro.
Che questa ripresina occupazionale drogata dagli incentivi non modifichi il disastro sociale di fondo lo dimostrano gli altri dati.

La disoccupazione dei laureati conferma che in Italia il merito, quello vero non quello della propaganda di regime, sia una maledizione. Se sei laureato non trovi lavoro, a meno che tu non voglia rinunciare a far valere il tuo titolo di studio. Anzi, se vuoi essere assunto da qualche parte è bene che tu il titolo di studio proprio lo nasconda, altrimenti ti lasciano a casa. 

Ed è per questo che sempre più giovani ad elevato titolo di studio emigrano. Se proprio devo fare il cameriere, meglio farlo a Londra o a Berlino dove conosco un altro mondo e imparo una lingua, immagino sia il ragionamento di un biologo marino disoccupato. 

Così però si buttano via gli studi e le conoscenze delle nuove generazioni assieme alle risorse culturali del paese. Ma le ineffabili parole del ministro Poletti, che nella sostanza ha detto studiate di meno perché tanto non serve, dimostrano che il governo accetta e vuole proprio questo. 

Non è lavoro buono quello che oggi fa felice il governo, non c’è futuro positivo con assunzioni precarie che rifiutano la formazione e le conoscenze mentre si gonfiano di finanziamenti pubblici. 

La ripresa non esiste quella di Renzi è solo goffa propaganda e le Borse in caduta libera mostrano che il grande capitale sa che il peggio della crisi deve ancora venire.

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