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La strage dei diritti? Ora tocca all’aborto

Un povero giornalista deve sempre essere pronto a tutto, perché la realtà propone sempre novità inattese. Certo, dover prendere atto di una ferma volontà di ritornare ai secoli bui non sembra proprio una novità. Ma avviene anche questo.

Apriamo la posta come ogni giorno e troviamo una mail di mister Pietro Guerini, che si definisce “fondatore e presidente del Comitato NO194 (vedi www.no194.org), che conta 30.000 aderenti (ben più del 90% degli iscritti a gruppi pro life nazionali), finalizzato alla promozione ed organizzazione di un referendum abrogativo della l. 194“.

Lì per lì viene da pensare che ci sia un errore, qualcuno che ha stilato una mail list di testate prese un po’ a casaccio, senza neppure chiedersi se il destinatario possa essere interessato dall’argomento. O inferocito come noi…

Può darsi che sia così, può darsi che si sentano così trendy da potersi impunemente presentare ovunque a esporre il proprio programma trogloditico.

Del loro “comunicato stampa” le uniche cose che ci sembra importante  riportare sono:

– l’entità delle condanne previste per le donne – se fosse abolita la 194 – secondo il progetto di legge che mister Guerini si vanta di “redatto personalmente”: “pena edittale per l’aborto volontario la reclusione da 8 a 12 anni (ricordo che per l’infanticidio, eseguito in particolari condizioni di abbandono materiale e morale dalla madre nell’immediatezza della nascita, la sanzione base prevista dal nostro codice penale è la reclusione da 4 a 12 anni)”. L’aborto sarebbe perciò considerato ancora più grave dell’infanticidio vero e proprio, tanto prevedere una pena minima doppia.

– Il più importante tra i parlamentari iscritti alla demenziale associazione del mister Guerini risulta addirittura ministro: “Tra i nostri iscritti possiamo vantare il Ministro per la Famiglia e della Disabilità Lorenzo Fontana, al quale va il nostro pieno sostegno e del quale raccolsi personalmente l’adesione cartacea, tuttora in mie mani naturalmente, autografa e quindi personalmente sottoscritta, con tutti i dati identificativi e i recapiti, sabato 28-5-2011 a Desenzano, verso le 12 , in occasione di un evento pro life. Il modulo di adesione è sempre riportato sul sito.” Il tono è vagamente ricattatorio (“tengo da parte la sua tessera firmata, che non provi a far finta di niente”), ma comunque dobbiamo tener presente che “abbiamo” un ministro della famiglia formato a una scuola di pensiero alquanto arcaica.

– I partecipanti al prossimo corteo promosso da questa congrega innominabile (sabato 24, a Verona), tra cui – diciamo così – “spicca”, per volontà dello stesso mister Guerini, Roberto Fiore, padre-padrone di Forza Nuova, ex latitante a Londra per le inchieste sui terroristi neofascisti (Terza Posizione e Nar), ecc.

Il Medioevo, al confronto, era un tempo bellissimo, di grande civiltà e tolleranza…

Potremmo chiudere qui l’articolo, ma c’è un pensiero che continua a ronzare nella testa: com’è possibile, nel terzo millennio, dopo la secolarizzazione pressoché completa, le rivoluzioni femminili, il cambio di paradigma nelle relazioni tra i sessi, l’estensione quasi senza limiti dei diritti civili, che questa roba non solo esista ancora, ma che possa persino vantare ministri e parlamentari?

La domanda chiede una risposta, visto che esiste anche una “proposta di legge Pillon” (il refuso preme sulle dita…) contro cui, sempre sabato 24, ma a Roma, si mobilitano tutta Italia su invito del movimento NonUnaDiMeno.

Senza dilungarci in complesse analisi sull’evoluzione antropologica nella crisi del capitalismo globalizzato (che hanno la loro decisività, ma eccedono di gran lunga lo spazio qui disponibile) non si può non pensare all’idiozia totale, suicida e criminogena, di certa “sinistra” nazionale che ha pensato bene – tra gli anni ’80 e oggi – di accettare lo scambio infame proposto dal pensiero unico neoliberista: eliminiamo i diritti dei lavoratori (art. 18 e contratto a tempo indeterminato, libertà di sciopero, salario dignitoso, rappresentanza, fedeltà all’impresa, ecc) e largheggiamo invece in diritti civili.

Le due cose non si compensano, questo è certo. Nessun lavoratore, con nessun tipo di contratto e con un salario comunque basso, costretto a obbedir tacendo sulle linee o in ufficio o alla cassa del supermercato, può sentirsi “meglio” se a qualcun altro (magari persino a lui/lei) viene garantitio – giustamente, ci mancherebbe! – di poter sposare chi vuole, adottare bambini, far sesso con chi gli pare, ecc.

I diritti stanno insieme, costituiscono un blocco unitario che definisce l’ambito delle libertà. Un essere umano non può sentirsi o essere libero solo nella “sfera privata”, mentre in quella pubblica e lavorativa – dove si stabiliscono le condizioni materiali della sua sopravvivenza e dignità – deve funzionare come una macchina che non parla, non protesta, non sciopera, non si ammala, non ha tempo (e reddito) per fare figli, ecc.

E infatti, se robaccia trogloditica come i “no194” può aver trovato seguito nel terzo millennio, è perché una massa spaventosa di popolazione al lavoro (o disoccupata cronica) pian piano, confusamente e stupidamente, “è stata fatta persuasa” che i diritti civili son roba per chi se lo può permettere, per chi “ha grilli per la testa”; e “se non ho diritti io, allora non li deve avere nessuno”. Un po’ come quando hanno cercato di creare lo “scontro generazionale” tra vecchi lavoratori “garantiti” e giovani precari abbandonati a se stessi. Alla fine la soluzione è stata precarietà per tutti (via l’art. 18 e tutto il resto).

Se ci sono un Guerini, un Fontana o un Pillon che progettano di riportare le donne a fare le domestiche figlianti, senza più diritto al divorzio e all’aborto, è perché ci sono stati 30 anni di pensiero unico di merda. E la sedicente “sinistra” (in versione Pd, LeU e non solo) ne è stata protagonista o, nel migliore dei casi, complice.

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2 Commenti


  • Mario

    Le cronache sono troppo piene di “femminicidi” e di “guerra ai maschi” invece di considerare l’assurdo sabotaggio della legge sull’aborto ad opera di istituzioni religiose e mercanti obiettori. Le femministe si mobilitano sui soldi negli affidi ma non di certo contro il Vaticano.


  • Monia Guidi

    Mah, certamente il liberalismo, in quanto ideologia e pratica politica informante gli ultimi decenni, è la causa principale del fatto che un progetto reazionario come quello sottostante a iniziative del genere descritto nell’articolo abbia delle possibilità di compimento, tuttavia non so quanti siano numericamente coloro che compongono la base di questi movimenti o che li appoggino epidermicamente perchè “i diritti civili sono roba per chi se li può permettere ecc.”. Penso si tratti di un nucleo molto ridotto, uno zoccolo duro sempre esistito. Questo nucleo è in aumento o potrebbe aumentare? Non so, io ne dubito, almeno nel breve periodo. Il fiorire di simili iniziative, assieme ad altri fatti come gli imbarazzi nel rivendicare il pagamento di imposte dovute e mai versate, ribadiscono piuttosto un dato altrettanto consolidato, e cioè la saldatura fra gli interessi del gruppo dirigente nazionale e la Chiesa cattolica nel suo essere apparato, partito e soggetto proprietario che è protetta e aiutata nel mantenimento di questo suo ruolo (solo dal punto di vista della proprietà immobiliare la Chiesa vale non so bene se il 20% o il 25% del Paese, pare).
    Si tratta chiaramente di un alleanza per la gestione della fase di arretramento economico in cui versa l’Italia, contrassegnata dalla totale mancanza di una visione minimamente progressista in qualsiasi settore, che per progredire, specialmente nel caso dei diritti civili, fa leva più sulla passività o impotenza avversaria che sul consenso.
    La mia impressione è che se si parte dal problema di organizzare una resistenza efficace, l’articolo, che appare più uno sfogo che un analisi, non offra spunti molto utili. Esso infatti trascura completamente di menzionare il soggetto a mio avviso più interessante, cioè la Chiesa cattolica, la quale ha un suo progetto politico specifico per questa fase storica, che andrebbe indagato in modo da poterla poi attaccare su quel piano, cosa quanto mai necessaria anche perchè troppo spesso persino nei movimenti di sinistra spuntano segnali di egemonia culturale pontificia e fascinazioni filopapiste.
    All’intero di questo tipo di ricerca, naturalmente, non ci si potrebbe esimere dall’interrogarsi anche sull’interesse precipuo della Chiesa nella gestione dei fenomeni immigratori, che non appare esclusivamente di carattere economico, per via del suo coinvolgimento diretto nell’assistenza, ma anche ideologico, perchè essi le forniscono un’arma per propugnare una primazia delle prerogative dei diversi culti religiosi rispetto al laicismo, e con essi delle loro organizzazioni, per approfittare di una società in cui la conflittualità scaturente dalla compositezza possa risolversi in una fragilità in cui rafforzare bastioni vacillanti e riconquistarne di perduti.

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