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Arrestati in Toscana neofascisti con un arsenale di guerra. Non sono i primi

E’ stato trovato un vero e proprio arsenale da guerra a disposizione di un gruppo di neofascisti insediato tra Siena, Poggibonsi e Sovicille. Secondo gli inquirenti a coordinare questa cellula nera è Andrea Chesi, 60 anni (dunque uno della “vecchia guardia”), dipendente del Monte dei Paschi di Siena, la cui casa a Sovicille è stata perquisita rivelando un vero e proprio arsenale da guerra. Non la solita paccottiglia di spranghe, mazze da baseball e gagliardetti nazifascista.

Il salto di qualità c’è ed è rilevante, anche se al momento non sembra aver impressionato come dovuto i mass media, la politica, evidentemente “istruita” a sottovalutare sistematicamente la minaccia fascista. Anche quando si mette sul piano militare.

Insieme ad Andrea Chesi, è stato arrestato anche il figlio di 22 anni, Yuri, Secondo gli inquirenti Chesi si sarebbe dato da fare per reclutare anche altri colleghi di banca, e il numero delle persone coinvolte nelle indagini potrebbe essere ben superiore alle 12 messi fino ad oggi indagati.

Fra gli inquisiti ci sono Ercolano Cardinali, Marco Alessandro De Caprio, Alessandro Meniconi, Stefano Landozzi, Stefano Mori, Renato Vanzi, Claudio Stanghellini, Alessandro Antonelli e Giorgio Bartoli.

Un sito sempre ben informato sulla “fascisteria” (Fascinazione.info), sulla figura di Andrea Cheli sottolinea un dettaglio interessante. In una conversazione con un uomo — memorizzate nel cellulare col nome di «Camerata» — Cheli evoca un dato particolare. Poiché l’interlocutore gli chiede di farlo uscire da una lista (probabilmente WhatsApp) perché si occupa di intelligence, Chesi sembra riferirsi proprio a questo particolare quando spiega: «Quello che fai te io l’ho fatto a suo tempo, tempo del Sismi e del Sisde». Più volte farebbe riferimento al mondo dei servizi segreti, vantandosi di averne fatto parte più di 30 anni fa. Con alcuni di loro «avrebbe condotto azioni in passato». Millanterie o un cascame della zona grigia, tra infiltrazione e connivenze negli anni di piombo? Si domanda il sito della fascisteria?

Ma quali erano gli obiettivi di questa cellula nera? In una conversazione intercettata dagli inquirenti Andrea Chesi invocava la necessità di ricostituire una “guardia nazionale repubblicana”, in grado di garantire la sicurezza “armi alla mano” per fare “giustizia sommaria”, senza bisogno di chiamare le forze dell’ordine.

Per risolvere le questioni politiche italiane, in un’altra intercettazione effettuata ad ottobre affermava che “bisogna sparare”, “se c’è da andare a sparare noi s’ha tutti l’armi e tante”.

Delle due l’una. O sono ormai caduti tutti i freni inibitori, visto che il fascioleghismo salviniano ha scoperchiato il vaso di Pandora, legittimando qualsiasi follia; oppure nelle reti del neofascismo italiano sta maturando un salto di qualità assai preoccupante, ma di cui non abbiamo mai trovato traccia nel capitolo “Minacce eversive” delle relazioni annuali dei servizi segreti al Parlamento.

In quel rapporto, che descrive di cosa si sta preoccupando il tenebroso mondo dei “servizi”, ai fascisti viene sempre dedicata una generica paginetta – talvolta anche mezza – rispetto alle dieci/dodici dedicate ai gruppi della sinistra e, come una ossessione, agli “anarchici”.

Ma il fatto che la cellula nera fosse in Toscana qualche campanello d’allarme dovrebbe farlo fa suonare.

Nella mappa dei gruppi neofascisti in Toscana, fatta dal Corriere della Sera due anni fa, Siena e la sua provincia ad esempio non erano neanche contemplati. E neanche un’altra città toscana con un “cuore nero” mai rimosso: Arezzo. (https://corrierefiorentino)

«È vasta, la Galassia nera della Toscana. A volte, si ha l’impressione dal web che sia esplosiva, con commenti in cui si nota un passaggio all’indietro: da “fascisti del terzo millennio” a fascismo agée. (…) Ma dopo alcuni exploit elettorali, che gli hanno dato rappresentanza istituzionale, la “Galassia nera” non è solo una presenza», scriveva l’inchiesta del Corriere nel 2017.

Da Lucca, consolidato “cuore nero” della Toscana, viene ad esempio Andrea Palmieri, il “foreign fighters” neofascista andato a combattere nel 2015 nel Donbass. A luglio del 2018 la Procura di Genova ordina sei arresti per altrettanti neofascisti che risultavano arruolati per la guerra in Donbass. Tre vennero arrestati e tre si diedero latitanti, secondo alcune fonti, sarebbero all’estero.

Ed aveva una casa in Toscana, a Massa, anche il neofascista Fabio Del Bergiolo, anche lui coetaneo del “bancario armato”, arrestato per il possesso di un missile terra-aria Matra proveniente proprio dall’Ucraina. Nella sua abitazione insieme a una foto del Duce devotamente incorniciata, c’erano 34 dvd su “Hitler e il terzo Reich”, 13 videocassette sul “crollo del mito” dell’Urss e sul “Trionfo della Volontà” e un arsenale di armi leggere. La sua casa è una villetta immersa fra i boschi di Antona, una frazione di Massa. La polizia vi è arrivato nel corso di un’ondata di perquisizioni che ha interessato anche abitazioni e depositi di materiale militare a Peschiera Borromeo (Milano), Sesto Calende (Varese) e Castelletto Ticino (Novara).

Troppo spesso i neofascisti, solo dopo che hanno colpito, vengono poi liquidati come “matti”. E’ il caso di Andrea Insabato che mise la bomba a Il manifesto nel dicembre del 2000, o del neofascista fiorentino Gianluca Casseri nel dicembre 2011, o di Luca Traini a Macerata nel febbraio 2018. Il primo uccise due ragazzi senegalesi, il secondo ha ferito a pistolettate 6 immigrati. Questa cellula senese pare che volesse  assaltare una moschea. Tutti matti o tutti pronti?

Sono dettagli che troveranno la dovuta attenzione nella relazione annuale sulle “Minacce eversive” che i servizi segreti presentano al Parlamento? O verranno liquidate ancora con la solita striminzetta paginetta?

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