Il system change che vogliamo non è uno slogan, ma l’unica soluzione possibile al disastro ambientale e sociale in corso.
Il caso dell’Ilva è paradigmatico del sistema di produzione dominante: salari bassi e inquinamento infinito. Quello che avviene da decenni è un ricatto infimo in cui la scelta per i lavoratori è fra morire di fame e morire di cancro o di lavoro.
A Taranto le emissioni nocive sono raddoppiate dal 2018, i morti sono oltre 200 ogni anno per patologie collegate all’inquinamento e i lavoratori Ilva presentano il 500% di casi di tumore in più rispetto alla media cittadina. A tutto ciò si aggiunge il rischio, per migliaia di lavoratori, di ritrovarsi disoccupati per la spietata ricerca di profitto di Arcelormittal e la connivenza di tutto l’arco politico, incluso chi sul tema balbetta.
Viviamo in un sistema che produce disastri sociali e ambientali ma che cerca di dirci che è colpa nostra, che dovremmo andare a lavoro in bici o che non ricicliamo abbastanza, mentre sappiamo che 100 multinazionali producono oltre il 70% dell’inquinamento mondiale.
Non è una peculiarità italiana, è il capitalismo nel suo complesso ad essere incompatibile con il pianeta Terra, un paradigma produttivo che, per fare solo un esempio, è capace di radere al suolo milioni di ettari di foresta amazzonica per gli interessi dell’industria agroalimentare e mineraria.
Chi inquina i nostri territori e avvelena le nostre vite, così come chi distrugge il lavoro, ha un volto e dei nomi precisi.
È nostro dovere combattere contro chi ci uccide giorno dopo giorno. Non possiamo accettare un presente di miseria e la falsa promessa di un futuro migliore. Il capitalismo e il futuro viaggiano su rette parallele e non sarà una veste “green” a cambiare le cose. Finché il fine ultimo resterà il profitto e i rapporti di produzione invariati, il capitalismo e la vita continueranno ad essere inconciliabili.
Il primato dei mercati e la spietata volontà di mettere a valore economico ogni ambito della società è un processo che conosciamo bene anche dentro le nostre Università, dai processi di mercificazione del sapere alla recente decisione, presente nella nuova legge di stabilità, di porre fine alla libertà dell’alta ricerca accademica con l’indirizzamento diretto dei finanziamenti da parte del governo.
Per questo pretendiamo un cambio radicale di sistema qui e ora, per il futuro del pianeta e della nostra vita, e sappiamo che questo cambiamento potrà arrivare soltanto dal basso, dall’organizzazione di chi è vittima di questo sistema!
In occasione del 4° sciopero globale per il clima e la convocazione dello sciopero generale, il 29 novembre saremo tutti in piazza a Taranto, a fianco di cittadini e lavoratori, perché il lavoro, la salute e l’ambiente valgono più del loro profitto!
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