Lunedì 3 ottobre 2022, si è svolta a Modena l’udienza preliminare per il processo sulla durissima vertenza sindacale alla Italpizza. Sono stati rinviati a giudizio 66 persone tra lavoratrici e sindacalisti, una sorta di maxiprocesso per una vertenza sindacale durata mesi, dal dicembre 2018 a giugno 2019.
L’azienda negli anni che hanno preceduto il processo ha adottato azioni legali non solo contro lavoratrici e sindacalisti, ma anche verso organi di informazione che avevano commentato la vertenza con punti di vista non graditi all’azienda.
In questa sede il Tribunale di Modena ha preso due decisioni che segnano un precedente epocale nella repressione al sindacalismo di base: il giudice ha infatti accolto la richiesta dell’azienda di indicare il sindacato S.I Cobas come responsabile civile per i presunti danni produttivi all’azienda, con l’esorbitante richiesta (presentata senza alcun dettaglio o giustificativo) di “almeno 500.000 euro”.
Va segnalato che, anche se non ancora certificato da un tribunale, la stessa cosa sta facendo la Ryanair contro le lavoratrici e i lavoratori della compagnia aerea che hanno recentemente scioperato contro i bassi salari e i turni di lavoro stressanti.
Ma il Tribunale di Modena ha anche accolto il diritto di Italpizza di costituirsi come parte civile per tutti i reati presuntamente commessi nei lunghi mesi di sciopero e mobilitazione delle lavoratrici e dei sindacalisti davanti ai cancelli della fabbrica. Quindi l’azienda sarebbe contemporaneamente parte lesa (negli interessi privati) e parte civile (per l’interesse pubblico).
Il Tribunale di Modena quindi concede così ad un soggetto privato (la proprietà di Italpizza) non solo la possibilità di vedersi risarcire i danni derivati dai ritardi nelle consegne dovuti ai blocchi – considerando quindi lo sciopero un atto criminale, in barba a quarant’anni di giurisprudenza – ma anche per tutti i “reati di piazza”: resistenza, oltraggio a pubblico ufficiale, manifestazione non autorizzata, presunte lesioni a poliziotti.
In pratica con questa decisione il Tribunale riconosce che gli interessi privati di una azienda e quelli dello Stato sono la stessa cosa.
Una decisione di questo tipo, unica nella storia giuridica repubblicana, costituisce un deciso passo in avanti nella costruzione del regime autoritario nel nostro Paese.
“Due decisioni che segnano un precedente epocale nella repressione al sindacalismo di base”, ha commentato il legale della difesa Tatiana Boni. È evidente come questi due assunti minaccino direttamente la vita stessa dei sindacati, di base e non solo.
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