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“Il 4 novembre in piazza. Chi vuole pace e libertà per i popoli non è solo!”

Il 4 novembre sarà una data importante, in un contesto politico in cui chi finora ha votato l’invio di armi si definisce pacifista, e la segretaria del principale partito di opposizione dichiara di sostenere i popoli oppressi senza avere poi il coraggio neppure di scendere in piazza in loro difesa quando è in corso un massacro sotto gli occhi del mondo intero.

Nell’attuale clima di escalation bellica, che da quasi due anni sembra non volersi arrestare, questo sabato tutte e tutti coloro che hanno deciso di mettersi di traverso nella svolta militarista della nostra società potranno unirsi per le strade di Roma e dare forma allo spazio politico di opposizione alla guerra, urlandolo in una manifestazione nazionale dalle parole d’ordine chiare e senza ambiguità.

Da un lato, c’è la volontà espressa dal governo Meloni di trasformare quella che già è la festa delle Forze armate in un giorno di festività nazionale, da contrapporre ideologicamente al 25 aprile, festa della resistenza partigiana da cui è nata la Repubblica antifascista.

Dall’altro lato, c’è la convocazione di una manifestazione che porta in piazza un No coerente e non ambiguo alla guerra.

Da un lato, c’è la chiamata “a difesa dei valori dell’Occidente” lanciata da Salvini per manifestare a Milano proprio in linea con la stessa volontà politica espressa nei mesi scorsi attorno a questa data da altri rappresentanti del governo, che per ora non è passato dalle parole ai fatti (e a cui, con questa convocazione, il leghista cerca di rubare la scena).

Dall’altro, c’è l’indicazione di molti esponenti della comunità palestinese in Italia a convergere nella piazza romana dopo il fiume umano che sabato scorso ha invaso le strade della capitale in solidarietà con il loro popolo e la loro resistenza, per porre fine all’oppressione a opera dello Stato di Israele, nella consapevolezza che solo il giorno in cui avrà fine l’occupazione coinciderà con il primo giorno di pace.

Proprio alla luce della grande spinta di attivazione dal basso cui stiamo assistendo in queste settimane di fronte al genocidio praticato dal governo israeliano nei confronti della popolazione di Gaza, il 4 novembre si deve scendere in piazza a Roma per dare un ulteriore segnale dopo quelli inequivocabili che ci arrivano dalle manifestazioni di questi giorni in tante città d’Italia e quella, appunto, di sabato 28 ottobre, in cui decine di migliaia di persone hanno imbracciato la bandiera della Palestina.

Non solo per fermare il genocidio e denunciare i crimini di Israele, ma per rivendicare e sostenere il diritto del popolo palestinese a resistere e a riprendersi le terre occupate e la dignità negata da 75 anni di apartheid.

La manifestazione del 4 novembre è anche un momento importante per fare sentire la voce di chi vuole costruire veramente l’opposizione al governo Meloni fuori dai giochi di palazzo.

Un’opposizione che unisce il No alle guerre con il No con l’economia di guerra, come abbiamo fatto insieme il 24 di giugno a Roma, o a febbraio rispondendo alla chiamata dei portuali di Genova, sulla spinta di alcune rivendicazioni chiare e semplici che possono unire tante istanze presenti oggi in maniera eterogenea nel paese: contro il governo di Meloni e dei fascisti, abbandoniamo l’agenda Draghi e rimettiamo al centro il ruolo del pubblico e dei bisogni collettivi, l’inflazione dovuta alla crescita dei profitti e della speculazione si abbatte rimettendo al centro il lavoro e dirottando le spese militari sulla spesa sociale.

Da qui a fine anno, siamo d’altronde alla vigilia di due snodi politici importanti: il voto in Parlamento di una finanziaria lacrime e sangue (dovevano abolire la Fornero e l’hanno addirittura peggiorata, dopo aver già distrutto uno strumento fondamentale come il Reddito di cittadinanza), e il voto su un nuovo invio di armi per la guerra in Ucraina.

Noi dovremo ancora una volta ribadire che bisogna abbassare le armi e alzare e salari, smettere di aumentare le spese militari e investire in sanità, istruzione, welfare, manutenzione del territorio, sicurezza sul lavoro.

A un governo che pensa di fare cassa aumentando l’Iva sui prodotti per l’infanzia e sugli assorbenti, dobbiamo dire che l’aumento del prelievo fiscale non va esercitato direttamente o indirettamente sui lavoratori, ma va applicato alle fasce di reddito più alte e ai datori di lavoro, affiancando questa disposizione con l’introduzione di un salario minimo legale: esattamente l’opposto di quello che dalla Legge delega al Decreto Lavoro di maggio fino questa bozza di Legge di Bilancio stiamo vedendo partorire da Palazzo Chigi.

Le scelte di politica economica di questo governo sono fortemente connesse alla sua fedeltà euroatlantica, con cui si lega con lacci sempre più stretti al decadente modello di sviluppo di Washington e Bruxelles.

Un ultimo terribile ed inequivocabile segnale è arrivato pochi giorni fa: mentre la maggioranza dei Paesi del mondo votava a favore della risoluzione ONU che stabiliva il cessate il fuoco nell’attuale strage di civili in Palestina, il governo italiano si asteneva dando sponda al voto contrario di USA, UK, Israele e altri fedeli cani da guardia dell’imperialismo.

Per questo ancora una volta dovremo portare in piazza la richiesta di uscita dell’Italia dalla NATO, per denunciare le cause del conflitto in Ucraina e di tante altre guerre in giro per il mondo di cui questa alleanza militare si è resa artefice. Per ribadire che per ottenere un mondo di pace questa istituzione va sciolta, e che non possiamo più accettare di avere quasi 120 basi NATO nel nostro territorio.

Insomma, bisogna invertire le priorità: non è un caso che a maggio, mentre l’Emilia Romagna veniva sommersa dal fango, i soldati italiani erano impegnati ad esercitarsi in Sardegna o che gli aerei e decine di navi della NATO siano impegnati in questi giorni nel Mediterraneo sotto la copertura di esercitazioni per prepararsi a un eventuale scontro nucleare.

Saremo in piazza il 4 novembre perché i lavoratori e le lavoratrici, i giovani, i migranti, gli sfruttati di tutto il mondo non hanno bisogno di guerre, ma di diritti e solidarietà internazionale: le guerre si fermano, non si festeggiano!

 * Portavoce nazionale di Potere al Popolo

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