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Bologna: Il Don Bosco resiste a cemento, sgombero e violenza poliziesca

Lunedì 8 aprile un presidio promosso dal Comitato Besta si terrà in Piazza Maggiore, di fronte al Comune, dove una delegazione incontrerà il sindaco.

Il presidio è previsto dalle 5 e mezza del pomeriggio.

Sarà l’ennesima tappa di una lotta che ha avuto due momenti campali: la vittoriosa resistenza contro lo sgombero mercoledì 3 aprile  e il presidio di fronte al Tribunale in via D’Azeglio, trasformatosi in corteo e poi in una affollata assemblea pubblica di 500 persone – venerdì 6 aprile – dopo il pestaggio e l’arresto avvenuto la notte precedente di un attivista in prossimità del parco.

Innanzitutto, la legittima resistenza di mercoledì ha impedito che il presidio venisse sgomberato e che il parco venisse reso un cantiere, mentre la reazione alla violenza dei carabinieri perpetrata nella notte tra giovedì e venerdì ha costretto il sindaco, almeno a parole, ad aprire un confronto e a riconoscere il Comitato Besta, e chi lo sostiene, come legittima controparte popolare.

Scrive infatti il Comitato nella nota con cui convoca il presidio: “Solo dopo tutti questi fatti, il sindaco Lepore ha deciso che era il momento di provare la carta del dialogo”.

A dare man forte ci saranno anche gli studenti delle scuole medie superiori, che hanno avuto un ruolo rilevante in tutto il percorso degli ultimi momenti che hanno caratterizzato la lotta, insieme all’organizzazione giovanile Cambiare Rotta.

I collettivi del Copernico, del Minghetti, del Da Vinci, gli studenti e studentesse dell’Isart, insieme ad OSA e al CAS si sono dati appuntamento in piazza Nettuno alle 5 del pomeriggio: “per portare avanti la lotta del Parco Don Bosco, nonostante la vergognosa repressione vista negli ultimi giorni a suon di manganelli e aggressioni violentissime verso un compagno, legittimata dal Partito Democratico che nella sua ‘rossa’ Bologna trova nella violenza l’unico modo per reprimere il dissenso”.

Il sindaco, dopo la giornata campale di mercoledì, ha provato in un primo momento a chiedere al Comitato di “dissociarsi dai violenti”.

Aveva anche dichiarato – secondo quanto riportato da Repubblica  in un articolo di Eleonora Capelli, pubblicato giovedì – “faccio un appello ai manifestanti del comitato Besta che sono in buona fede e hanno esigenze ambientaliste: staccatevi dai violenti, non sono figli dei fiori. Ci sono stati danni, violenza privata verso le persone, questa è un’operazione politica diversa e chiedo a tutti di prendere le distanze”.

Di ciò che era avvenuto nel parco si è interessato lo stesso Piantedosi che ha telefonato al questore Antonio Sbordone “per esprimere solidarietà ai 16 agenti rimasti feriti”, riporta Il Resto del Carlino.

I giudizi del questore, intervistato dalla testata locale, lanciano un preciso messaggio politico: “non deve passare il messaggio che le manifestazioni violente impediscono la realizzazione di decisioni legittimamente prese dall’amministrazione. La decisione del comune va rispettata. É compito delle forze dell’ordine farla rispettare”.

Il Corriere della Sera ha parlato di “asse Lepore-Piantedosi” sulle vicende delle Besta, considerato il medesimo giudizio di condanna espresso da entrambi nei confronti dei manifestanti.

Vorremmo ricordare che quest’asse tra il sindaco della “città più progressista d’Italia” e il ministro del governo Meloni, che è stato prefetto in città nel 2017-2018, va avanti da almeno un anno e mezzo, suggellato dalla firma nel gennaio 2023 del “Patto per la sicurezza urbana e la vivibilità di Bologna”.

Il Patto Lepore-Piantedosi parte dal fatto che entrambi condividono il medesimo paradigma di governo del territorio: “guerra ai poveri” e militarizzazione della risposta al dissenso.

Il sindaco parla di “violenze inaccettabili” senza mai fare cenno al comportamento delle forze dell’ordine – che ha causato tra l’altro la frattura di un braccio di un residente settantenne e numerosi feriti lievi – mentre il ministro ha parlato di “intollerabile violenza”.

Ma questa “criminalizzazione” della lotta ed il tentativo di dividere “i buoni dai cattivi” per avviare un dialogo è naufragato di fronte a ciò che è successo nella notte tra giovedì e venerdì, e la reazione determinata nel denunciare l’accaduto il giorno successivo.

Domenica poi l’incontro che ha messo insieme tutte le realtà ecologiste del capoluogo emiliano al parco a cui sono stati invitati i giornalisti, ha ribadito la bontà della battaglia intrapresa, la legittimità della resistenza, e la necessità di aprire un confronto reale che tuteli il parco.

Un ennesimo schiaffo al sindaco da parte dello “zoccolo duro” di opinione pubblica davvero democratica e di esperienze ecologiste diverse per background e per età anagrafica, ma accomunate da un unico obiettivo: la difesa di un parco che è ridiventato uno spazio pubblico di vita sociale e confronto, nella prima periferia di una città che si vorrebbe trasformare nell’ennesima servitù alla rendita immobiliare.

Le scuole attuali,  infatti – costruite insieme alle Dozza tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, con un approccio assolutamente condiviso e “avanzato” che il Comune vorrebbe ora cancellare – hanno standard architettonici e di organizzazione degli spazi, requisiti energetici e sismici migliori di altri istituti su cui l’amministrazione non ha espresso la necessità di intervenire.

In questo caso non vuole procedere ad una ristrutturazione ma alla costruzione ex novo di un edificio con meno aule (18 invece che 24) peggio organizzate, con una palestra CONI mentre ne sono presenti già altre due in quartiere, abbattendo alberi ad alto fusto e distruggendo il parco.

Questo in una zona che viene progressivamente fagocitata dai cantieri per infrastrutture impattanti che negano le esigenze dei cittadini anziché andare loro incontro.

Un preciso monito era stato lanciato a fine maggio dell’anno scorso da un articolo scritto a 10 mani: “Quali piani e quali progetti per il futuro della scuola a Bologna?”, in cui si segnalava il radicale cambio d’approccio tra l’amministrazione del capoluogo emiliano del tempo e quella attuale.

Citiamo il testo. “Il Comune di Bologna prevede di spendere 30 milioni di euro per la sostituzione di 2 scuole medie, Besta e Dozza,  costruite tra il 1978 e il 1983; scuole pubblicate nei manuali di edilizia scolastica e nelle maggiori riviste di architettura, visitate da numerose delegazioni da tutta Italia e dall’estero, sia per la qualità architettonica e l’organizzazione dello spazio, che per le sperimentazioni didattiche di avanguardia che hanno potuto svolgervi, in particolare nei primi 20 anni di attività. Scuole progettate per potere accogliere nel tempo le possibili organizzazioni di una scuola futura, in rinnovamento.”

Istituti non più funzionali alla scuola-gabbia che è il profilo che sta assumendo da tempo l’educazione pubblica.

In conclusione…

Il “cortocircuito democratico” resosi evidente attraverso queste vicende ha differenti sfaccettature.

In primis, l’amministrazione non ha voluto ascoltare direttamente i cittadini, nonostante le loro ragioni molto ben argomentate; né l’architetta che aveva progettato la scuola, gli insegnanti che sono stati docenti nell’istituto, lo stesso ex-preside e gli abitanti del quartiere, oltre ad una serie di associazioni ambientaliste.

Poi ha pensato di passare alle vie di fatto facendo intervenire le forze dell’ordine, che però non hanno risolto la situazione ma l’hanno “incancrenita” in una spirale di violenza – da parte loro! – replicatasi nella notte tra giovedì e venerdì con una caccia all’uomo e un arresto violentissimo.

L’amministrazione che fa questo si permette oltretutto di dettare linee di condotta al Comitato, ponendo la “dissociazione” come conditio sine qua non per poter intavolare un dialogo che ha sempre rifiutato; ma poi è costretto a “fare marcia indietro” quando è chiaro da che parte sta la violenza e che si trova in un cul de sac.

Un caso da manuale di eterogenesi dei fini e di incompetenza reazionaria…

Come ha ben spiegato in un comunicato di Potere al Popolo, che è organico alla mobilitazione per la difesa del parco: “Il clima di violenza è responsabilità della Giunta Lepore-Piantedosi. Se il sindaco vuole fare un passo vero deve bloccare lo sgombero forzato, mettere in pausa il cantiere e avviare il nuovo percorso di confronto democratico”.

Nel suo intervento nell’assemblea di venerdì un esponente di Potere al Popolo ha ribadito – tra gli applausi di tutti – che “chi governa questa città non ha niente a che fare con la lotta che si sta portando avanti qui”. Si riferiva agli esponenti di Coalizione Civica – che esprime la vice-sindaca e sostengono la giunta – e che hanno avuto l’ardire di presentarsi e presenziare i vari momenti della giornata, senza avere fatto alcun gesto concreto (a parte le dichiarazioni stampa) per differenziarsi dall’operato di Lepore.

Ed è chiaro che la narrazione con cui la CC ha “giustificato” il suo passaggio dall’opposizione alla precedente giunta Merola  all’appoggio di quella attuale, pensando di influenzare l’amministrazione sulle scelte di fondo, è completamente fallita.

Nello stesso intervento, come era già stato ipotizzato, lo stesso esponente di Potere al Popolo riprende la proposta di continuare la mobilitazione cittadina il giorno in cui l’amministrazione tiene il Consiglio Comunale.

Noi dobbiamo rilanciare coinvolgendo, come abbiamo fatto circa due mesi fa, tutte le realtà, tutti i cittadini, tutti i solidali con questa lotta” per costruire una mobilitazione “cittadina per questo lunedì, che vada anche a chiedere conto a Lepore – che si dice aperto al dialogo, bene se davvero è aperto al dialogo – perché fermi immediatamente questo cantiere, fermi i lavori, riapra, apra davvero, questa volta, un processo democratico d’ascolto e di dialogo con i cittadini che da mesi sono qua”.

La necessità del presidio sotto il Comune parte dal continuare ad esercitare quella continua pressione che ha fatto cambiare i rapporti di forza tra un’amministrazione che pensava di imporre manu militari i propri progetti pro speculazione edilizia e un aggregato sempre più largo che riscuote sempre più consenso.

É un ambito che ha fatto della difesa del parco un esempio di resistenza in cui vengono messe in discussione sia le scelte scellerate che la mancanza di un confronto democratico su questioni qualificanti come la difesa dell’ambiente e la tutela della salute, in un contesto di cambiamenti climatici e di infarto ecologico del pianeta e del territorio padano.

Come ha messo in evidenza Ecoresistenze nel suo comunicato alla fine della giornata di venerdì, la lotta delle Besta: “sta vincendo una battaglia dopo l’altra. Una lotta che non è solo per questo parco, ma che mette in discussione l’intero paradigma ecocida che in tutta la regione – dal Passante, al nodo di Rastignano, a Bologna-fiere, al rigassificatore di Ravenna, alla Linea Adriatica – colonizza i territori e le aree verdi in nome del profitto”.

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