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Sbatti il “mostro” sul ring di Parigi

Il sogno della partecipazione alle Olimpiadi rimane tale per milioni di atleti e atlete.
Quel ristretto gruppo che trasforma il sogno in realtà lo fa grazie al talento, individuato e coltivato dagli allenatori e dai tecnici, al sacrifico dell’atleta come della sua famiglia, che spende tempo e risorse soprattutto nei primi anni di avviamento allo sport, e a una buona dose di fortuna che non guasta mai. E questo spesso neanche basta.

Per questo ho profonda simpatia e rispetto per Imane Khelif e ho profonda simpatia e rispetto per Angela Carini.

Due ragazze e atlete d’eccellenza che stanno vedendo, loro malgrado, il sogno olimpico rovinato sia dalla ipocrisia di un sistema sportivo che ha abbandonato da anni i valori di rispetto e lealtà, sia da un teatrino politico che, soprattutto a destra, ma anche a sinistra, sta dando l’ennesima prova di pochezza.

Il tema dello scontro non nasce oggi. Da diversi anni ormai il mondo sportivo si interroga sulla liceità della partecipazione di atleti “intersex”, categoria probabilmente tutt’altro che scientifica ma che ci è utile per centrare la questione, a competizioni che da sempre sono organizzate per genere binario.

Questo tipo di atleti presenta caratteristiche biologiche sia maschili che femminili che inevitabilmente, quando non influiscono sul risultato, sono foriere di sospetti e danno ossigeno a polemiche e speculazioni di ogni tipo.
Il vantaggio, potenziale ma non dimostrabile, di questi atleti deriverebbe da una diversa quantità di ormoni e testosterone.
Dal punto di vista scientifico, il testosterone è un parametro poco indicativo per valutare le atlete e non permette di valutare una precisa correlazione tra i suoi livelli e le prestazioni raggiunte.

C’è anche da dire che spesso livelli ormonali anomali sono spesso stati utilizzati per coprire pratiche illecite legate al doping. Non sappiamo se questo sia il caso dell’atleta algerina.
Secondo l’Iba (Internatinal boxing amateur), l’ente che governa il pugilato dilettantistico internazionale, la pugile algerina non ha potuto disputare i mondiali per i suoi livelli di testosterone.
L’Iba è un organismo corrotto e negli anni passati è stato colpito da scandali arbitrali e finanziari.
La stessa atleta algerina secondo il Cio (Comitato olimpico internazionale) ha potuto invece, con gli stessi livelli di testosterone, partecipare ai giochi olimpici.

Anche il Cio è un organismo corrotto, colpito negli anni da scandali di ogni tipo.
Insomma, sembra che a dieci anni dallo “scandalo” di Caster Semenya, l’atleta sudafricana che nell’atletica fece incetta di medaglie e che venne accusata, come la pugile algerina, di essere un uomo, nulla sia cambiato.
Quella volta si perse un’occasione per provare ad affrontare la questione, probabilmente sperando che in futuro non nascessero altre Semenya.

E invece eccoci qua ad affrontare di nuovo un dibattito fatto sul sentito dire con gli schieramenti attestati sui fronti opposti della Linea Maginot (per restare sul tema).
Sarà la scienza a pronunciarsi definitivamente su questi casi e spetterà alla politica sportiva declinare la scienza e farne norma. Penso questo, non essendo né un biologo, né un genetista e neanche un dirigente del Cio.

In queste ore stiamo assistendo però alla creazione del “mostro”.
Se la narrazione tossica della destra è particolarmente aberrante, raccontando di una giovane ragazza italiana che si sarebbe dovuta scontrare contro “un” pugile algerino, anche quella più left friendly, con l’atleta algerina che diventa simbolo di lotta alle discriminazioni contro l’atleta delle fiamme oro, che in quanto “guardia” deve soccombere, palesa tutta la propria pochezza.

In Italia, e non solo nel pugilato, se hai talento finisci inevitabilmente in un gruppo sportivo (Fiamme oro, Fiamme gialle, Gruppo sportivo dell’Esercito) e non mi pare che qualcuno si sia mai posto il problema. Che c’è ed è anche evidente.
Probabilmente, Angela Carini, il cui futuro è nelle sue mani, si è fatta sopraffare prima che dai colpi dell’avversaria, dal fuoco amico. E, sempre probabilmente, male ha fatto, se non era convinta, a salire sul quadrato. Caratterizzare politicamente le esternazioni di questa ragazza significa fare il gioco di chi la sta usando per i suoi sporchi giochi. E soprattutto guardare il dito anziché la Luna.

Gettare discredito sull’avversario quando non si hanno argomenti per sostenere la propria posizione è usanza purtroppo non solo italiana.
Voler cercare un “mostro” in questa vicenda rischia di essere un vuoto esercizio.
Ma una cosa deve essere chiara, ieri sera sul ring di Parigi di “mostro” non ce n’era nessuno.

*tecnico Federazione pugilistica italiana

 

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