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In dirittura d’arrivo il decreto materie prime, ma c’è tensione nel governo

Il decreto materie prime è passato alla Camera e ora è in Senato, per l’approvazione definitiva che dovrebbe avvenire in settimana. Il provvedimento dovrebbe servire a garantire “un approvvigionamento sicuro e sostenibile delle materie prime critiche considerate strategiche e assicurare lo sviluppo di progetti che siano di rilevante interesse pubblico“.

Con questa norma viene adeguata la legge italiana al Critical Raw Material Act della UE. E infatti viene pure riconosciuta l’importanza di questi beni “nella realizzazione delle transizioni verde e digitale e nella salvaguardia della resilienza economica e dell’autonomia strategica“.

Una legge tutto interna alla logica imperialistica europea. Sul sito del ministero delle Imprese si legge “che al 2030 l’Europa avrà bisogno di 18 volte più litio e 5 volte più cobalto […]. Nel 2050 questo fabbisogno crescerà a 60 volte più litio e 15 volte più cobalto rispetto ai livelli attuali. Per il neodimio già nel 2025 potrebbe servire 120 volte l’attuale domanda dell’Unione Europea“.

Sarà proprio questo dicastero ad avere il compito di monitorare le catene del valore strategiche e di misurare il fabbisogno nazionale di queste materie, conducendo anche degli stress test. Con questa prospettiva è stato creato il Registro nazionale delle aziende e delle catene del valore strategiche.

Il provvedimento individua 34 materie critiche e 17 strategiche, fondamentali anche per l’industria della difesa e dell’aerospazio. Stabilisce, inoltre, le percentuali da rispettare rispetto alla loro provenienza e lavorazione: il 10% dovrà provenire da estrazioni locali, il 40% sarà trasformato nella UE e il 25% sarà recuperato tramite riciclaggio.

Per quanto riguarda le concessioni minerarie relative a progetti strategici è ora previsto il versamento di un’aliquota del prodotto tra il 5% e il 7%. Gli introiti ottenuti saranno poi destinati a finanziare altri progetti per lo sviluppo del settore, in mare e sulla terraferma.

È stato attribuito all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra – Servizio geologico d’Italia) l’elaborazione del Programma nazionale di esplorazione per queste materie. Esso si basa su di una convenzione stipulata con il ministero delle Imprese e quello dell’Ambiente e della sicurezza energetica.

Il viceministro di quest’ultimo, Vannia Gava, ha detto che Palazzo Chigi vuole “rilanciare il settore minerario italiano attraverso iter autorizzativi semplificati per i progetti strategici, con procedure non più lunghe di 18 mesi per le estrazioni e 10 mesi per il riciclo“. Ispra ha da poco presentato la banca dati sulle risorse minerarie nazionali.

Si tratta di 76 miniere ancora attive in Italia, 22 delle quali estraggono materiali che rientrano nell’elenco della UE. A giudicare dalle parole della Gava, possiamo immaginare la devastazione senza regole del territorio che ci aspetta, per le mire di potenza della UE, e la repressione di chi vi si opporrà attraverso il nuovo ddl Sicurezza.

Ma non c’è accordo totale all’interno del governo, anche se considerata la necessità di convertire in legge il decreto prima del 25 agosto è difficile che ciò porti a qualche modifica nel Senato. La Difesa, dietro la critica retorica e propagandistica verso possibili acquirenti esteri, voleva infatti un provvedimento più sbilanciato verso il complesso militare-industriale.

Dopo il voto alla Camera, Gianclaudio Torlizzi, consigliere del ministro della Difesa per le materie prime, ha scritto su X che “la Difesa ha fatto tutto quello che ha potuto per scongiurare un rischio che purtroppo diventa ora una certezza: ossia quella di favorire il depauperamento minerario del paese. Il paese da questo provvedimento ne esce sconfitto“.

La Difesa aveva presentato un emendamento che prevedesse, nell’ambito delle attività di riconoscimento dei progetti strategici di estrazione, trasformazione o riciclo di materie prime, di cui all’articolo 2 del provvedimento in esame, uno specifico meccanismo di prelazione esercitabile da Difesa Servizi SpA per l’acquisto delle materie prime nei casi in cui la loro carenza sia in grado di compromettere gli interessi essenziali della Difesa e della sicurezza nazionale“.

Crosetto e compagnia volevano una misura che desse priorità alla filiera della guerra, per accelerare ulteriormente sulla transizione verso un’economia di guerra (altro che verde). Ma era probabilmente più un favore a qualche consorteria perché, come abbiamo visto, la norma è pensata precisamente dentro il rafforzamento dell’autonomia, e dunque della Difesa europea.

Continua la svolta bellicista UE, che più che una deriva è lo svelamento del suo vero volto.

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