Lo Stato italiano sfrutta quasi mezzo milione di insegnanti precari per mezzo di un utilizzo estensivo e abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie.
Questo è quanto ha affermato, qui tradotto con parole meno politically correct, la Commissione europea, che ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue sul tema del lavoro precario nella scuola.
Le motivazioni del deferimento
“L’Italia”, si legge nel deferimento, “non ha adottato le norme necessarie per vietare la discriminazione in merito alle condizioni di lavoro e l’uso abusivo di successivi contratti a tempo determinato”.
Nelle scuole pubbliche del Paese infatti la normativa “non prevede una progressioni salariali basata sui precedenti periodi di servizio”, rivelando una forte “discriminazione rispetto agli insegnanti assunti a tempo indeterminato”.
Come se non bastasse, secondo la Commissione difronte a questa palese ingiustizia l’Italia non ha adottato misure volte al contrasto dell’uso ripetuto di contratti a tempo determinato anche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario del comparto, violando la già blanda direttiva Ue in materia.
Lo “zelo” italiano nella precarizzazione del lavoro
In questa condizione, sembra il colmo come un campione del liberismo e dell’austerità come la Commissione riesca a impartire, almeno formalmente, lezioni di giustizia sociale allo Stato italiano.
A dispetto delle parole infatti non bisogna dimenticare che è stata proprio la Commissione, ossia l’organo esecutivo dell’Ue, la maggiore responsabile dell’introduzione di ampie forme di precariato e flessibilità nell’ordinamento italiano sul tema del lavoro.
Il fatto è che tali indirizzi sono stati ben eseguiti dai vari esecutivi succedutosi negli ultimi 30 anni al governo dello stivale. In quest’ottica, la Commissione sembra riprendere l’Italia per un “eccesso di zelo” nella precarizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici del settore.
La svalutazione generale del sistema educativo
In Italia sono 400 mila gli insegnanti precari colpiti da questo abuso. Ciò si inserisce pienamente nel contesto della “svalutazione generale” in cui è caduto il sistema educativo italiano, tra alternanza scuola-lavoro, sfruttamento del personale, strutture fatiscenti, aumento dell’abbandono scolastico e dell’analfabetismo funzionale.
Se cambio di rotta dovrà essere, allora questo non potrà che passare dall’unione degli interessi degli studenti con quelli degli insegnanti. Sempre che questi ultimi siano in grado di emanciparsi dal ruolo di formatori di cittadini incoscienti necessari al capitalismo e assumersi la responsabilità di riconoscersi come lavoratori sfruttati in grado di inceppare il meccanismo di sfruttamento direttamente dall’interno.
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