Menu

Cnel. I soldi per la sanità arricchiscono quella privata

Nella sanità la spesa pubblica in Italia, benché leggermente in crescita a partire dal 2020, è ancora tra le più basse d’Europa (75,6 per cento del totale), mentre la spesa privata per la salute dei cittadini continua a crescere (+5 per cento solo nell’ultimo anno), a fronte di liste di attesa per l’accesso ai servizi spesso insostenibili e contrarie al principio dell’appropriatezza. È quanto si legge dalla Relazione Cnel sui servizi pubblici 2024 presentata al governo e al Parlamento.

In pratica molti dei fondi stanziati per la sanità vanno ad ingrassare la sanità privata piuttosto che rafforzare quella pubblica.

La Relazione, che il CNEL, ai sensi della legge 936/1986, è chiamato a inviare annualmente al Parlamento e al Governo quest’anno ha posto l’accento sull’impatto reale dei servizi pubblici, e se questi contribuiscano o meno a migliorare la qualità della vita e a sostenere la crescita economica del Paese.

La conseguenza dei rilievi indicati nella relazione del CNEL è la crescita del fenomeno della rinuncia alle cure necessarie per problemi economici ed organizzativi (che ha raggiunto nel 2023 il valore del 7,6 per cento della popolazione), mentre cresce la realtà dell’impoverimento determinato da cause legate alla salute (che tocca l’1,6 per cento delle famiglie).

Nella sanità si registra inoltre una vera e propria “crisi di anzianità”, alla quale si affiancano la questione della carenza di personale in molti comparti del settore, ed in particolar in ambito di emergenza-urgenza, nella Medicina di base e a livello infermieristico, e quella della fuga dai servizi pubblici e dal paese di molti operatori.

Secondo quanto emerge dalla Relazione, anche la spesa per la scuola in percentuale sul PIL mostra un livello ancora inferiore a quella dei maggiori paesi avanzati, attestandosi sul 3,2% (anno 2020) a fronte di una media rispettivamente del 3,6%. Anche a livello universitario l’Italia investe per l’istruzione terziaria, in proporzione alla popolazione con istruzione terziaria completa, meno della media OCSE (1% vs 1,5%) e di quella UE25 (1,3%). E pure la fre­quenza dei servizi educativi per la prima infanzia risulta inferiore alla media europea: nel 2021 33,4% dei residenti di 0-2 anni contro il 37,9% della media Ue, il 74,2% dei Paesi Bassi ed il 50% della Francia.

- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO

Ultima modifica: stampa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *